mercoledì 31 dicembre 2008

E' invalido non merita di essere rianimato/He was not worth saving

Da LaRepubblica.it del 31.12.2008

Sconcerto in Gran Bretagna per la vicenda che vede coinvolti due paramedici di Brighton
Giunti in casa della vittima, non gli hanno prestato soccorso e sono stati arrestati

"Lui non è degno di essere salvato"
Lasciano morire invalido in agonia


Brighton
LONDRA - Due paramedici in servizio su una autoambulanza sono stati arrestati a Brighton, nel sud dell'Inghilterra, perchè non hanno giudicato "degno di essere salvato" un invalido colpito da un attacco di cuore, lasciandolo morire.

La vittima, Barry Baker, 59 anni, viveva solo e si muoveva a fatica con le stampelle. E' riuscito a dare l'allarme telefonando al 999 quando ha incominciato ad avere dei forti dolori al petto, ed è stato trovato agonizzante dai due paramedici. I quali sono rimasti disgustati dal disordine della sua abitazione, e hanno deciso che l'uomo non meritava di essere rianimato. Così si sono messi daccordo per dichiarare falsamente che l'invalido era già morto al loro arrivo. Sono stati però smascherati, perchè il telefono dell'uomo era rimasto aperto e le loro conversazioni sono state ascoltate per filo e per segno dal personale della centrale del pronto soccorso, e registrate.

La vicenda - di cui si è avuta notizia soltanto ieri - risale al 29 novembre. I due paramedici - uno di 35 e l'altro di 44 anni - sono stati arrestati il 5 dicembre per "deliberata negligenza nell'esecuzione di un dovere pubblico" e messi in libertà condizionata dopo lunghi interrogatori in attesa che la polizia prepari entro gennaio un rapporto per la Procura della Corona.


From The Times

December 31, 2008

Ambulancemen ‘decided dying man not worth saving’

Adam Fresco, Crime Correspondent

Two ambulancemen have been arrested by police after they were heard allegedly discussing whether they should bother to resuscitate a disabled man who had collapsed at home and subsequently died.
Barry Baker, 59, who lived alone, had dialled 999 saying that he thought he was having a heart attack. An ambulance was sent to his house while a controller kept him talking on the line.
By the time the ambulancemen arrived at the house in Patcham, Brighton, Mr Baker had collapsed, but the telephone line was still open and was being recorded.
It is alleged that staff in the control centre heard the two medics making disparaging comments about the state of the house.
A police source, who asked not to be named, said that the ambulancemen were then heard discussing Mr Baker and saying “words to the effect that he was not worth saving”.
The source said that the two men were allegedly first heard commenting on the untidy state of the house and then saying that it was not worth bothering to resuscitate Mr Baker.
They are said to have discussed what to tell ambulance control and decided to say that Mr Baker was already dead when they got there.
The controllers were said to be so shocked by what had allegedly been said that they contacted senior managers, who called the police.
“Obviously the crew did not realise that the phone was still connected and, of course, the 999 call was recorded on tape,” the source said.
“The tape recording of what the paramedics allegedly said has been handed over to the Sussex Police Major Crime Team as evidence.”
Sussex Police confirmed that two men had been arrested and that a full-scale investigation into the incident was being carried out by the major crime team.
A police spokeswoman said: “The men, aged 35 years and 44 years and from the Brighton area, have been arrested and questioned following the death of a man in Brighton.
“They were detained on suspicion of wilfully neglecting to perform a duty in public office, contrary to Common Law. They have been released on police bail pending further inquiries.”
The two men, who are both based at Brighton ambulance station, have been bailed until a date in January and have been suspended from duty.
Mr Baker, who used sticks to help to him walk after undergoing hip replacement surgery, made the emergency call to the South East Coast Ambulance Service headquarters in Lewes in the early hours of November 29.
He told the controller that he was suffering from severe chest pains. The ambulance crew from Brighton was immediately sent to his home with blue lights on.
A spokeswoman for the NHS Trust said: “South East Coast Ambulance Service has suspended two male members of staff from duty as police conduct an investigation into the circumstances surrounding the sudden death of a man at his home in Brighton on Saturday November 29.
“The men were arrested by Sussex Police on December 5 on suspicion of wilfully neglecting to perform a duty in public office.
“We are giving the police our full cooperation in this matter and are not in a position to comment further at this time due to the police investigation taking place.”
Mr Baker’s funeral has had to be delayed because of the investigation, but a memorial service is due to take place at All Saints Church in Patcham on January 16. Paul Newman, landlord of the Ladies Mile, where a wake is due to be held, said yesterday that Mr Baker was a popular figure.
“He used to come to the pub every Sunday morning at opening time. He arrived by bus and met friends here and together they played a few hands of cards. He did it every Sunday without fail and was a really nice chap.”
It is understood that a report on the incident has been sent to the Crown Prosecution Service for a decision on whether the two men should be charged.

L'anno si conclude con la sconfitta della vita per i più deboli

In chiusura dell'anno 2008 la cronaca riporta due episodi, uno avvenuto a Roma, l'altro a Brigton (Londra) che hanno in comune il fatto che le vittime sono persone bisognose di cure, una neonata e un invalido. La neonata nata in situazioni disastrose e l'invalido rinvenuto in condizioni disastrose non c'e hanno fatta per cause e responsabilità differenti, ma la fine prematura li ha accomunati.

Dall'Ansa.it del 31.12.2008 ore 18.32


NEONATA TROVATA MORTA A ROMA: MADRE,L'HO TENUTA NEL CAPPOTTO
ROMA - Una neonata, probabilmente di poco meno di 24 ore, è stata trovata morta sotto un cavalcavia a San Vittorino Romano, un paese non lontano da Roma. Accanto alla bambina c'era una ragazza albanese di 22 anni che, secondo i primi accertamenti, dovrebbe essere la madre. La straniera non ha saputo dire né da quanto né perché la bimba fosse morta. I medici del 118 hanno potuto stabilire soltanto che il decesso risalirebbe a circa 24 ore fa ma non hanno capito se la bimba sia nata morta o se sia morta dopo il parto. Il magistrato ha disposto l'autopsia sul corpo della bimba mentre la polizia del commissariato Casilino sta ascoltando la donna albanese.

Ai sanitari del 118 che l'hanno soccorsa, la ragazza albanese di 22 anni trovata in stato confusionale e accanto alla corpo privo di vita della sua bambina nella zona di via Lunghezzina, ha raccontato di aver partorito qualche giorno fa e di aver tenuto la bambina avvolta nel suo cappotto. Secondo quanto affermano fondi sanitarie, il parto potrebbe essere avvenuto nella giornata di ieri. La ragazza è stata trasportata in ambulanza nell'ospedale Pertini. Da una una prima analisi le sue condizioni non appaiono preoccupanti. Secondo una prima ricostruzione i medici del 118 sono arrivati in via di Lunghezzina, nell'estrema periferia a est di Roma, in seguito alle segnalazioni fatte da alcuni automobilisti che avevano avvertito la polizia che c'era una donna in difficoltà sotto un cavalcavia.

martedì 30 dicembre 2008

Dalla Florida: un rapimento inventato


Dalla Florida una storia di follia oppure di fantasia malata per legare a sè un fidanzato recalcitrante. Da questa storia emerge il dramma di una donna sola che mette in atto un tentativo grandioso, quanto fallimentare nel breve periodo, per risolvere la sua carenza affettiva. Da notare l'uso spregiudicato dei media per ottenere risonanza e l'abilità dimostrata nel mentire anche alla Polizia almeno in un primo tempo.


Da IlGiornale.it Sezione Esteri 30.12.08

Florida, finta mamma pazza
articolo di Matthias Pfaender


Per tre giorni, dal 23 al 25 dicembre, il viso stravolto dal pianto di Megan McCormic ha troneggiato sulle televisioni di Miami, capitale della Florida. Dai giornali locali ai grandi network, per 72 ore tutti hanno seguito e rilanciato via etere il dramma di questa giovane mamma americana, disperata per la sparizione improvvisa del figlio di sei mesi, il piccolo Riley. Per tre giorni i poliziotti di Miami hanno disertato i pranzi di Natale, pronti a dare una mano nelle ricerche del bebè. Fino a quando si è scoperto che Megan si era inventata tutto. Anche lo stesso Riley. La non-mamma Megan aveva infatti inventato un figlio per riconquistare l’ex fidanzato, che si era trasferito a 2mila chilometri da Miami. Dopo mesi di balle via telefono, in cui gli ha raccontato passo passo l’avanzare della gravidanza, il parto e i primi mesi di vita del bimbo, la donna era riuscita a convincere l’uomo a tornare a Miami per le feste natalizie. In quest’occasione John Buchness avrebbe visto per la prima volta suo figlio. Ma il piccolo Riley non poteva, per il fatto di non esistere, regalare un sorriso sdentato al papà. E così la donna ha inventato la finta sparizione, e anche un introvabile (perché anche lui inesistente) colpevole: la tata francese Camile. E per rendere il tutto un po’ più credibile, nei giorni precedenti all’arrivo di John ha arredato una stanza di casa come una perfetta cameretta da bimbi. Un po’ troppo perfetta, visto che l’armadio conteneva solo vestitini nuovi di zecca e i giocattoli erano tutti intonsi, come appena tirati fuori dagli imballaggi. Come se nessun bambino ci avesse mai giocato. Ma per tre giorni la farsa ha comunque retto. “Non so nemmeno se è vivo o morto” ha continuato a ripetere davanti ai microfoni dei telegiornali, sostenuta in un abbraccio solidale dall’ex fidanzato, anche lui in lacrime. Il giorno di Natale il delirio della donna ha avuto fine. Messa alle strette dagli investigatori del dipartimento di Miami, che le contestavano le innumerevoli discrepanze nella sua storia, Megan è crollata. Ora rischia una pena severa per procurato allarme, e i vertici della polizia hanno già annunciato di voler chiedere alla donna i danni materiali per il tempo e i soldi e i cenoni in famiglia persi. Il comandante della polizia di Miami, Delrish Moss, ha dichiarato che tutte le fotografie del piccolo Riley – anche quelle che le tv hanno mandato continuamente in onda – erano state prese tutte da internet, e di non avere idea chi siano davvero quei bambini. “Il caso è stato estremamente duro per i poliziotti – ha poi commentato Moss – anche dal punto di vista emotivo. La maggior parte dei miei ragazzi ha figli piccoli, è naturale che scattino sentimenti forti: choc, immedesimazione, pena. Ma il più distrutto da questa storia è stato Buchness, che per mesi ha creduto di essere padre”.

Dalla Florida la storia di un rapimento che non esiste: notizia dal Daily News di New York

Missing Florida baby didn't exist, police say

CNN NEWS WIRE SERVICES

Friday, December 26th 2008, 5:25 PM

MIAMI, Florida - Megan McCormick faced television cameras on Christmas Day to plead for the return of her missing 5-month-old son.
"I don't even know if he's dead or alive," she said.
In fact, she knew full well that the child had never existed, police say.
McCormick was trying to lure an ex-boyfriend back when she invented a missing-child story that triggered a statewide search this week, police said Friday.
Investigators have charged the 22-year-old with filing a false police report. If convicted, they say, she may have to pay authorities for the cost of their search.
She was scheduled to appear in court Friday afternoon.
McCormick had described her infant son as having a mohawk and a fake tattoo. She told reporters his name was Riley Buchness and that she had left him with a nanny who had a French accent and a gap between her teeth.
She invented the story to lure back an ex-boyfriend by pretending he had fathered a child he did not know about, said Delrish Moss, a spokesman for the Miami Police Department. When the boyfriend showed up and asked to see the child, Moss said, McCormick told him the boy was missing.
"He finally decided to show up and she created a story and he had no idea," Moss said.
On Christmas Day, the estranged boyfriend attended a news conference with McCormick under the impression that he had a son who was missing.
"I don't understand," John Buchness, 26, said then, choking back tears.
"It's Christmas.'"
McCormick told police she had left her son with a nanny named Camille.
"I don't know if they're in Florida," she said. "I don't know where they are."
Police around Florida started looking for the boy and the nanny, using the descriptions McCormick supplied, police said. She even gave police a picture of the boy, but Friday they said they believe she had downloaded the photo from the Internet.
Authorities have called off their search.

From NewYork Daily News UsWordl news

lunedì 29 dicembre 2008

Uno studio pubblicato sul Washingtonpost:in aumento gli omicidi fra i giovani di colore negli Stati Uniti

L'articolo del Washingtonpost.com è interessante ed allarmante nello stesso tempo. Poichè il nostro Paese subisce gli influssi d'oltreoceano, anche se le differenze culturali e sociali sono enormi, non possiamo rimanere indifferenti all'incredibile aumento di omicidi e vittime fra i giovani di colore americani. Questo tipo di criminalità in misura diversa può assimilarsi agli omicidi compiuti all'interno di minoranze etniche presenti nel nostro Paese. I dati resi noti da uno studio della Northeastern University di Boston e dal coautore il criminologo James Alan Fox mettono in luce come esiste la correlazione fra riduzione di risorse, in termini di investimenti e di uomini, e incremento esponenziale, + 40% per gli omicidi maturati fra giovani di colore. Deve far riflettere come, anche da noi, una riduzione di investimenti nella prevenzione e contrasto della criminalità potrebbe portare a risultati paragonabili nella nostra realtà locale.
Un dato significativo fornito dall'Fbi è l'enorme differenza numerica fra gli assassinati di razza bianca e di colore: 964 nel 2007 contro i 384 dei bianchi. La metà delle persone arrestate per omicidio era di colore. Non esiste, invece, differenza significativa fra le ragazze: bianche o di colore sono coinvolte in un minor numero di delitti.

Washingtonpost reveals: on rise murders among black youths

From WashingtonPost.com


Study: Murders Among Black Youths on Rise

By LARA JAKES The Associated Press
Monday, December 29, 2008; 12:04 AM
WASHINGTON -- The number of young black men and teenagers who either killed or were killed in shootings has risen at an alarming rate since 2000, a new study shows.
The study, to be released Monday by criminologists at Northeastern University in Boston, comes as FBI data is showing that murders have leveled off nationwide.
Not so for black teens, the youngest of whom saw dramatic increases in shooting deaths, the Northeastern report concluded.

Last year, for example, 426 black males between the ages of 14 and 17 were killed in gun crimes, the study shows. That marked a 40 percent increase from 2000.
Similarly, an estimated 964 in the same age group committed fatal shootings in 2007 _ a 38 percent increase from seven years earlier. The number of offenders is estimated because not all crimes are reported, said Northeastern criminologist James Alan Fox, who co-authored the study.
"Although the overall rate of homicide in the United States remains relatively low, the landscape is quite different for countless Americans living, and some dying, in violence-infested neighborhoods," Fox said.
Seizing on President-elect Barack Obama's incoming administration as an opportunity for more funding, Fox added: "There is an urgency for reinvestment in children and families. In essence, we need a bailout for kids at risk."
Obama will be the nation's first black president.
The study partly blamed Bush administration grant cuts to local police and juvenile crime prevention programs for the surge in crimes by young black men and teens. Incoming Vice President Joe Biden has promised funding to put 50,000 new police officers on the street to help bring violent crime rates back to a decade-long annual decline that began in the mid-1990s, after then-President Bill Clinton provided local officials with money to hire 100,000 new cops.
Nationwide, the number of murders and violent crimes overall dropped last year after increasing in 2005 and 2006, according to annual data compiled by the FBI. Overall, however, murders have risen by about 8 percent between 2000 and 2007.
The FBI reported 10,067 arrests in murder and non-negligent manslaughter cases in 2007. Half of the people arrested _ 5,078 _ were black. Almost 10 percent of black people arrested for murder were under age 18, the FBI data show.
The number of young white men who committed gun-related homicides also rose over the same period, the Northeastern study showed, but not as dramatically. In 2007, an estimated 384 white males age 14 to 17 shot someone to death, up from 368 in 2000.
The numbers of homicides committed by women and teenage girls _ whether black or white _ were relatively few, the Northeastern study found.

http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2008/12/29/AR2008122900004.html?hpid%3Dmoreheadlines&sub=new

domenica 28 dicembre 2008

Technorati Profile

Ucciso davanti alla discoteca a Milano

Milano, un altro omicidio nell'ambiente dello spaccio di droga, ma questa volta il colpevole ha già confessato


Da Ansa.it 28.12.2008 ore 20.54

DELITTO MILANO: OMICIDA CONFESSA
L'omicidio all'alba davanti a una discoteca
(ANSA) - MILANO, 28 DIC - E' un trentenne italiano, con svariati precedenti penali, l'autore dell'omicidio di ieri mattina davanti al locale milanese De Sade. L'uomo, interrogato dal pm Giulio Benedetti e dagli agenti dalla Squadra Mobile di Milano, ha confessato di aver ucciso a colpi di pistola Massimo Blancato, 34 anni. E' stato quindi sottoposto a fermo per omicidio volontario e porto abusivo di arma. Dovra' rispondere anche del ferimento di una ragazza che era con la vittima, colpita di striscio.


Da AdnKronos 28.12.2008 ore 15.43
Milano, sparatoria fuori da una discoteca: un morto
Un 34enne è stato ucciso all'alba in via Valtellina. Colpita in modo non grave anche una giovane. Caccia all'uomo che ha fatto fuoco

Milano, 28 dic. (Adnkronos) - Un pregiudicato di 34 anni è stato ucciso in una sparatoria avvenuta all'alba fuori da una discoteca di via Valtellina, a Milano. Colpita in modo non grave anche una ragazza di circa 20 anni che era insieme alla vittima. La giovane è ora ricoverata al Niguarda.

La Squadra Mobile che indaga sull'omicidio è sulle tracce dell'uomo che ha sparato, scappato dopo il delitto. Secondo una prima ricostruzione degli investigatori, l'omicidio sarebbe maturato dopo una lite.


Da IlGiornale.it del 28.12.2008

Ucciso a colpi di pistola davanti alla discoteca
Milano - Una lite all'interno di un locale notturno, il De Sade, nella zona nord di Milano, all'angolo tra via Valtellina e via Piazzi, per motivi probabilmente legati allo spaccio di droga. La discussione degenera, volano schiaffi, e i due conoscenti finiscono fuori dal locale a continuare il diverbio. Uno di loro estrae una pistola calibro 9 e spara diversi colpi. Massimo Blancato, 34 anni, pregiudicato per spaccio di droga e reati contro il patrimonio, residente a Bresso insieme al padre, viene colpito da sette proiettili alle gambe e al torace e muore quasi all'istante.
Una ragazza italiana di 20 anni, che aveva trascorso la serata con lui e che aveva seguito i due fuori dal locale, viene ferita di striscio a una gamba. Trasportata all'ospedale Niguarda e medicata, viene rilasciata poco dopo. L'omicida fugge a bordo di una utilitaria.
La squadra mobile è sulle sue tracce e sta interrogando i testimoni dell'episodio. " I due si sconoscevano" ha confermato il capo della Squadra mobile della Questura di Milano, Francesco Messina. " Probabilmente si tratta di questioni legate al piccolo spaccio di droga".


Da IlMessaggero.it 28.12.2008

Ucciso a colpi di pistola a Milano
Lite per droga. L'omicida confessa

MILANO (28 dicembre) - E' finita con un morto ucciso con otto colpi di una pistola calibro 9 la lite scoppiata davanti a un locale notturno di Milano. Erano le 5 del mattino quando davanti al "De Sade", all'angolo di via Valtellina, è scoppiato il litigio probabilmente per motivi di droga. Massimo Brancato, di 34 anni pregiudicato per spaccio di droga e reati contro il patrimonio, è stato colpito alle gambe e al torace ed è deceduto all'istante.

L'assassino è un trentenne italiano, con svariati precedenti penali. Interrogato dal pm Giulio Benedetti e dagli agenti dalla Squadra Mobile di Milano ha confessato nel pomeriggio ed è stato fermato con l'accusa di omicidio volontario e altri reati tra cui il porto abusivo dell'arma. Vittima e omicida si conoscevano.

Nella sparatoria è rimasta coinvolta e ferita a una gamba anche una ragazza di 20 anni, italiana, che aveva trascorso la serata con la vittima. Le sue condizioni non sarebbero gravi. È stata trasportata all'ospedale Niguarda.

Accoltellata dal marito in provincia di Reggio Emilia

Ancora una violenza fra le mura domestiche, oltre alla cronaca ricordiamo gli ultimi dati forniti dall'Istat sulla violenza sulle donne

La famiglia uccide più della mafia: un omicidio su tre avviene in casa
Sono 6.271.000 le italiane che hanno subito dal partner violenze fisiche, sessuali o psicologiche in casa. Si tratta, spesso, di violenze ripetute (fra 2 e 10 episodi per il 46,1%): le violenze più gravi riguardano 1.572.000 donne, nel 95,9% dei casi è violenza fisica, ma è frequente che sia accompagnata anche da quella sessuale. E 2.077.000 donne per l'Istat sono state oggetto di stalking da parte di ex fidanzati o ex mariti, succubi di comportamenti persecutori (dalle telefonate agli appostamenti, dalle minacce alle e-mail) che impediscono loro di mettere definitivamente il punto ad una storia d'amore ormai finita.

Dati allarmanti sul fenomeno giungono dall'Istat in un' elaborazione sugli ultimi dati disponibili. Fra questi: un milione e 400 mila donne, ossia il 6,6% delle italiane con età fra 16-70 anni, hanno subito violenza fisica e sessuale prima dei 16 anni. I responsabili sono i parenti (padri, nonni, zii). «Ma il fatto più grave - commenta Linda Laura Sabbadini, direttore centrale dell'Istat - è che a fronte di una maggioranza di violenze gravi da parte dei partner, solo il 7,3% delle violenze subito dal partner sono denunciate. Di queste, solo l'8% dei partner denunciati sono condannati. I partner violenti condannati sono meno dell'1%, il che significa che la violenza del partner rimane sostanzialmente impunita». La violenza domestica ha ricadute nella vita quotidiana: il 6,1% delle donne si è dovuta astenere dalle normali attività quotidiane e il 5% si è dovuta assentare dal lavoro. L'assenza dal lavoro varia da un minimo di un giorno (2,6%) ad un massimo di 90 (2,4%); la quota maggiore (34,7%) è di una settimana. Il 10% ha fatto ricorso a farmaci o all'alcol, il 7% solo a farmaci. L'11,3% ha chiesto consulenze psicologiche. Chi decide di separarsi è comunque una minoranza: quando la violenza è considerata molto grave dalla donna, la spinta ad andare via di casa è maggiore (28,1%), così se si associano violenze fisiche e sessuali (24,4%) o nei casi di stupri o tentati stupri (27,6%).
Per il 51,4% delle donne che denunciano il partner di violenza c'è l'amara insoddisfazione del lavoro delle forze dell'ordine: lamentano poca serietà ed accoglienza nel prendere la denuncia (32,5%) ed una scarsa protezione (25,6%).


La cronaca oggi segnala un'altra violenza: le informazioni sono estratte da Ansa.it e LaRepubblica. Parma.it

Ansa 28.12.2008 ore 18:08

ACCOLTELLATA DA MARITO NEL REGGIANO
Lei grave lui arrestato, allarme dato dalla figlia sedicenne

(ANSA) - REGGIO EMILIA, 28 DIC - Una donna e' stata accoltellata piu' volte dal marito nella loro abitazione di Montecchio Emilia nel Reggiano. La donna e' in gravi condizioni ma non e' in pericolo di vita. A dare l'allarme e' stata la figlia sedicenne. L'uomo e' stato arrestato. Alcuni giorni fa era stato denunciato dai carabinieri per maltrattamenti contro la moglie che dopo quell'episodio si era trasferita dalla madre. La donna e' stata colpita quando e' entrata in casa insieme alla figlia.



da La Repubblica Parma.it

Accoltella la moglie di fronte alla figlia

Ha tentato di uccidere la moglie dopo che la donna era tornata a casa, a Montecchio Emilia, per riprendersi le sue cose. Da qualche giorno, infatti, si era trasferita a Parma per sfuggire alla violenza dell'uomo
Una donna di 41 anni, è stata aggredita e accoltellata più volte dal marito, Massimo Carpi, nel primo pomeriggio nella loro abitazione di Montecchio Emilia nel Reggiano. Era tornata a casa solo per riprendersi alcune cose, visto che da qualche giorno si era trasferita a Parma, a casa della madre, proprio per sfuggire alla violenza dell'uomo.

La donna ora si trova ricoverata in gravi condizioni all'ospedale di Reggio Emilia ma non è in pericolo di vita. Il marito è stato bloccato dai vicini di casa accorsi dopo l'allarme dato dalla figlia sedicenne. L'uomo è poi stato preso in consegna dai carabinieri di Montecchio che l'hanno arrestato per il reato di tentato omicidio.

La donna è stata colpita con diverse coltellate quando è entrata in casa insieme alla figlia, certa dell'assenza del marito per prendere i propri effetti personali. L'uomo l'ha prima colpita alla schiena con alcuni colpi, poi una volta a terra ha sbattuto più volte la testa della donna contro il pavimento prima di essere bloccato dai vicini di casa.

Il marito, che era seguito dai servizi sociali del Comune e che all'arrivo dei carabinieri sembrava non rendersi ben conto di quello che aveva fatto, era stato denunciato dai carabinieri alcuni giorni fa per maltrattamenti in famiglia nei confronti della donna che dopo quell'episodio era andata via di casa con la figlia trasferendosi nell'abitazione della madre a Parma.

Oggi, secondo una prima ricostruzione dei carabinieri, l'uomo aveva telefonato alla moglie per invitarla a recarsi a casa per ritirare le proprie cose e quelle della figlia perchè lui era assente per qualche ora. In realtà si trattava di un pretesto per tendere un'imboscata alla donna che è stata aggredita ed accoltellata appena entrata nell'abitazione.
(28 dicembre 2008)

sabato 27 dicembre 2008

Un autorevole commento alle motivazioni della sentenza per l'omicidio Reggiani

Le motivazioni della sentenza per l'omicidio di Giovanna Reggiani non finiscono di creare sconcerto, rabbia, polemiche, risultando un insulto alla vittima. Su IlGiornale .it di oggi è meritevole di attenzione l'articolo di Maria Giovanna Maglie, autorevole giornalista. Da sottolineare la numericamente significativa partecipazione dei lettori con ben 201 commenti all'articolo presenti alle ore 21.27 ora di pubblicazione di questo post.


Reggiani, sentenza-scandalo: stuprata, uccisa e condannata

di Maria Giovanna Maglie


Buon Natale, signori giudici della Terza sezione della Corte d’Assise. Che la digestione dei pranzi e del panettone, mischiata alla vostra limpida coscienza, vi sia stata lieve. Di uno di voi, il presidente Angelo Gargani, conosciamo anche il nome, e non lo dimenticheremo. È veramente raro infatti, sia pur nel desolante panorama offerto dalla magistratura italiana, incontrare una sentenza, quale quella che voi avete emesso nel caso dell’omicidio di Giovanna Reggiani, tanto ipocrita, vile, maschilista, inetta, diseducativa. Ho letto e riletto le frasi della motivazione, sforzandomi di capirne il valore sociale e di cogliere il vibrato del dettato costituzionale. Niente da fare.
«La Corte pur valutando la scelleratezza e l’odiosità del fatto commesso in danno di una donna inerme e da un certo momento in poi esanime, con violenza inaudita, non può non rilevare che sia l’omicidio che la violenza sessuale, limitata alla parziale spoliazione della vittima e ai connessi toccamenti, sono scaturiti del tutto occasionalmente dalla combinazione di due fattori contingenti: lo stato di completa ubriachezza e di ira per un violento litigio sostenuto dall’imputato e la fiera resistenza della vittima. In assenza degli stessi, l’episodio criminoso, con tutta probabilità, avrebbe avuto conseguenze assai meno gravi».
Vado avanti, finché mi regge lo stomaco. L’assassino, a causa della reazione della vittima, «non riesce ad averne ragione a mani nude»; la sua responsabilità, unico aggressore, «è pienamente provata. La selvaggia violenza dei colpi sarebbe stata inutile se l’azione fosse stata condotta da più persone»; ciononostante «all’epoca era ventiquattrenne, incensurato, e l’ambiente in cui viveva era degradato. Queste circostanze, assieme al dettato costituzionale secondo cui la pena deve tendere alla rieducazione, inducono la Corte a risparmiargli l’ergastolo, concedendogli le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate, pur irrogando la pena massima per l’omicidio».
Non sfiora l’anima bella dei giudici l’idea che proprio in un caso come questo sarebbe stata necessaria la pena esemplare dell’ergastolo: si è trattato di un episodio mostruoso, l’assassino è stato trovato ricoperto di sangue, fino all’ultimo, fino alla sentenza, ha scelto di negare la colpevolezza, ha seviziato e ucciso per ottenere gli spiccioli di una borsetta. Queste sono aggravanti, non attenuanti. L’omicidio Reggiani ha turbato il Paese e fatto riflettere gli abitanti della capitale sulla necessità vitale di non rimanere indifferenti al degrado, li ha fatti riflettere sull’insipienza di un’Amministrazione, quella del sindaco Walter Veltroni, che ostentava un controllo sociale che invece non sapeva né voleva svolgere. Contro qualunque pericolo di riflusso razzista, contro la manipolazione della legittima protesta dei cittadini, proprio una sentenza esemplare sarebbe stata opportuna. Avrebbe indicato ai delinquenti del mondo che penetrano l’Italia come un territorio di facile e impune saccheggio che qui c’è una legge che sa essere severa. Nessun dettato costituzionale, infatti, sia pur di una Costituzione che viene tirata da troppe parti come un elastico logoro, richiede che un italiano debba abdicare alla propria sovranità e sicurezza in patria.
Nelle parole che in italiano arduo quanto impreciso illustrano le ragioni dei giudici c’è un sentimento ancora più deteriore: c’è addirittura il disprezzo per la vittima e segnatamente il disprezzo per una donna. Vengono ancora, con disinvoltura colpevole, utilizzate le vecchie motivazioni dei processi per stupro, ovvero il comportamento dell’aggredita. Solo che nel caso della povera Reggiani si rovescia il ragionamento. È colpevole perché ha resistito, perché le cosce le ha tenute serrate e il seno ha cercato di proteggerlo dall’insulto. È colpevole perché se così non avesse fatto nessuna l’avrebbe ammazzata, solo seviziata, violentata, rapinata, riempita di botte. Se avesse capito, la sventata, che il suo povero assalitore altro non era che un ragazzino sbandato, ubriaco e anche un po’ incazzato perché gli era toccato di sostenere un litigio, che la voleva solo spogliare parzialmente e toccarla un po’, che le voleva portare via la borsetta e poi lasciarla in pace, ecco se fosse stata abbastanza furba da comprendere le circostanze e la psicologia dell’assassino, oggi sarebbe viva. È lei la colpevole.
Signori giudici, per difendersi da voi c’è poco da fare, tra di voi vi assolvete sempre. Mi basterebbe sapere che in calce a queste quattro frasi di una a cui avete fatto andare il Natale di traverso, ci siano nei prossimi giorni un po’ di firme di gente che da voi prende le distanze, e non vi riconosce come degni.

Omicidio dell'autosalone a Roma: sviluppi nelle indagini

La cronaca di oggi ci consegna un aggiornamento su un delitto avvenuto pochi giorni fa a Roma.
Credo che occorra conoscere il seguito dei casi presi in esame di volta in volta, anche se non sono più sotto i riflettori, la narrazione non si dovrebbe interrompere senza che si abbia una conclusione, almeno di significato, dell'evento. In caso contrario, sospinti dalla mole di informazioni a getto continuo rischieremmo di avere soltanto notizie frammentate che nulla o poco possono portare alla comprensione, interpretazione e attribuzione di significato all'evento, operazioni che ci consentono di sentirci "presenti", partecipi dal punto di vista cognitivo ed emozionale,e presenti insieme ad Altri che condividono con noi le interpretazioni e le opinioni. Questo concetto di presenza come individui che perseguono l'obiettivo di una più agevole conoscenza dei fatti di vita quotidiana per trovare sempre più strumenti per adattarsi e sopravvivere,unito alla presenza insieme ad Altri che hanno i nostri stessi obiettivi(presenza sociale) sono fra i caposaldi delle opportunità o "affordance" che i giornali online e i commenti dei lettori offrono, aumentando la democrazia dell'informazione.

Ora leggiamo l'articolo Da IlMessaggero.it del 27.12.08 cronaca Roma


Omicidio dell'autosalone, l'assassino
ha simulato una rapina


di Paola Vuolo
ROMA (27 dicembre) - L’assassino dell’autosalone ha simulato una rapina. Dopo il massacro l’uomo che ha ucciso a martellate Massimiliano Patis, 38 anni, e ridotto in coma suo zio Alessandro De Antonis, 42, ha fatto sparire il Rolex di De Antonis e i portafogli delle vittime. Se li è portati via insieme all’arma del delitto per nascondere il vero movente: almeno questa è l’ipotesi che gli inquirenti ritengono più probabile.

Si cerca l’uomo che lunedì era a pranzo con zio e nipote, il sospettato numero uno dell’agguato di via Tito Livio, una persona dall’aspetto distinto tra i 40 e i 50 anni, alto un metro e settanta circa, robusto e con i capelli brizzolati.

Lunedì scorso, verso le 13, un’ora prima del massacro, lo sconosciuto era a pranzo con Massimiliano ed Alessandro al forno di piazzale Medaglie d’oro, hanno mangiato delle lasagne, la supertestimone, la donna che li ha serviti ricorda che i tre parlavano tranquillamente. Dopo pranzo hanno preso anche un caffè nel bar lì vicino, e poi? Se i tre si sono salutati dopo il caffè, perché lo sconosciuto non si è ancora presentato alla polizia?

Questo fa ritenere agli inquirenti che l’uomo del pranzo non sia estraneo al massacro. Gli agenti della Mobile guidati dal capo, Vittorio Rizzi, hanno l’identikit dello sconosciuto, il fotokit e forse anche il nome: la sua immagine è stata inviata anche alle questure di altre città. Gli investigatori stanno esaminando i filmati delle telecamere dell’autosalone della Balduina e i tabulati dei cellulari delle vittime.
L’omicidio di Massimiliano Patis non era premeditato: è stato un delitto d’impeto, dicono gli investigatori.

L’assassino ha cominciato a colpire zio e nipote con un martello (è scritto nel referto che l’arma potrebbe essere questa), ma perché? Questione di soldi? Alessandro De Antonis, socio di una immobiliare con Tommaso Rocchi, l’attaccante della Lazio, aveva aperto l’autosalone in via Tito Livio con il nipote tre anni fa. E sembra che gli affari nella concessionaria di lusso non andassero molto bene.

Le macchine Audi, Mercedes e Porsche venivano anche noleggiate. c’è una relazione tra l’attività di zio e nipote e l’agguato mortale? Le vittime sono incensurate, non hanno mai avuto noie con la legge, neppure una banale denuncia e per gli inquirenti è difficile pensare quindi ad un regolamento di conti. Forse a colpirli è stato un cliente che ha creduto di essere stato raggirato? O qualcuno che doveva avere dei soldi dai due? Alessandro De Antonis è ricoverato al Gemelli in terapia intensiva, l’uomo è in coma farmacologico e lotta tra la vita e la morte.

venerdì 26 dicembre 2008

Treno travolge e uccide una donna vicino a Catanzaro

Da LaRepubblica .it 24ore - CRONACA
Catanzaro, 20:53

DONNA TRAVOLTA ED UCCISA DA UN TRENO NEL CATANZARESE
Una donna e' rimasta uccisa questa sera, poco dopo le 19, nel catanzarese dopo essere stata investita dal treno espresso Catanzaro Lido-Roma Termini, partito dal capoluogo calabrese alle 18,15. L'incidente ferroviario e' accaduto nella zona di Simeri mare, dove il treno, secondo una prima ricostruzione, avrebbe "agganciato" la donna nei pressi di un ex passaggio a livello. La conferma e' arrivata solo qualche chilometro dopo, nella stazione di Cropani Marina, quando i ferrovieri hanno effettuato una verifica per il colpo che avevano sentito con il treno in corso. Il corpo era rimasto agganciato al treno e per la donna non c'e' stato nulla da fare. La tratta ferroviaria e' ora bloccata, mentre sul posto si sono recati i carabinieri della Compagnia di Sellia Marina, gli agenti della polizia ferroviaria di Catanzaro Lido e il personale del 118 che ha constatato il decesso. Sono in corso gli accertamenti per identificare la donna e per ricostruire la dinamica dei fatti.

UNA ROMENA LA DONNA TRAVOLTA DA UN TRENO NEL CATANZARESE
E' una cittadina romena la donna travolta e uccisa da un treno nel catanzarese. La donna, Ileana Sandor, 51 anni, e' stata identificata grazie ai documenti che portava con se'. L'incidente ferroviario e' accaduto nella zona di Simeri mare, dove l'espresso Catanzaro-Roma, secondo una prima ricostruzione, avrebbe "agganciato" la donna nei pressi di un ex passaggio a livello. Dell'incidente ci si e' accorti solo qualche chilometro dopo, nella stazione di Cropani Marina, quando i ferrovieri in servizio sul treno hanno effettuato una verifica per il colpo che avevano sentito durante la corsa. Il corpo era rimasto agganciato al treno e per la donna non c'e' stato nulla da fare. (AGI)

(26 dicembre 2008 ore 22.07)
Da LaRepubblica.it ultim’ora


In questi due articoli si rende esplicito in tempo reale lo svolgimento delle indagini per raccogliere informazionio sulla vittima e sulla dinamica di quello che appare un incidente, ma necessita di ulteriori approfondimenti di indagini.

Scena del crimine: un treno

Oggi, 26 dicembre, Santo Stefano, la cronaca nera riporta diversi casi criminali, ne seleziamo due perchè hanno in comune la simile tipologia di scena del crimine: un treno, naturalmente diversi, perchè il primo è avvenuto a Napoli all'interno di un vagone,mentre il secondo è avvenuto sulla linea ferroviaria nei pressi di un passaggio a livello vicino Catanzaro.

Da LaStampa.it 26.12.2008 ore 21.44

Napoli, uomo trovato morto sul treno

La vittima, 41 anni, aveva addosso soltanto gli slip. Sul volto
segni di strangolamento. Si pensa a un delitto passionale
NAPOLI
Un uomo di 41 anni, Giovanni Airaudo, di Angri (Salerno) è stato ucciso su un vagone ferroviario nella Stazione centrale di Napoli. L’ omicidio, probabilmente a sfondo sessuale, è avvenuto la notte del 23 dicembre, ma le forze dell’ ordine lo hanno reso noto solo oggi.

Airaudo - secondo quanto ricostruito - è salito nella tarda serata di martedì sulla carrozza di un treno fermo in Stazione e destinato a ripartire solo il giorno dopo. Probabilmente era in compagnia di alcuni sconosciuti. L’ uomo, probabilmente omosessuale, è stato trovato con indosso solo gli slip e con segni di strangolamento, provocato, forse con la cintura dei pantaloni che è stata ritrovata. Sul volto c’ erano segni di percosse e sfregi.

Da Corrieredellasera.it

SUL VOLTO C' ERANO SEGNI DI PERCOSSE E SFREGI
Ucciso nel treno fermo in stazione
Napoli: l'omicidio probabilmente a sfondo sessuale. La vittima, 41 anni, indossava solo un paio di slip
NAPOLI - Un uomo di 41 anni, G. A., di Angri (Salerno) è stato ucciso su un vagone ferroviario nella Stazione centrale di Napoli. L'omicidio, probabilmente a sfondo sessuale, è avvenuto la notte del 23 dicembre, ma le forze dell' ordine lo hanno reso noto solo venerdì.

UCCISO - Airaudo - secondo quanto ricostruito - è salito nella tarda serata di martedì sulla carrozza di un treno fermo in Stazione e destinato a ripartire solo il giorno dopo. Probabilmente era in compagnia di alcuni sconosciuti. L' uomo è stato trovato con indosso solo lo slip e con segni di strangolamento, provocato, forse con la cintura dei pantaloni che è stata ritrovata. Sul volto c' erano segni di percosse e sfregi.


Come potete notare gli articoli sono quasi identici tranne per piccoli particolari, segno di una fonte comune di informazione, agenzia di stampa che non sono riuscita a rintracciare. Si nota subito la deduzione che non è possibile vericare, per ora, quanto sia fondata, sulla tipologia di omicidio, "presumibilmente a sfondo sessuale".
Il dato certo è la condizione della vittima, rinvenuto seminudo. Vorrei attirare la vostra attenzione su come sia facile preconfezionare una descrizione dettagliata senza avere elementi se non certi almeno verificati, e indirizzare il lettore verso un'interpretazione del fatto , quella proposta nell'articolo, senza suggerire altre possibili opzioni. Forse nel caso in questione i dettagli rientrano in una casistica che permette una facile catalogazione, ma occorre avere sempre cautela prima di giungere a qualsiasi conclusione, almeno fino a che le indagini non siano state completate. Ma i tempi dell'informazione e della cronaca non sono i tempi delle indagini tradizionali e scientifiche....

giovedì 25 dicembre 2008

A Natale non vorremmo parlare di omicidi

Oggi è Natale e anche i quotidiani online sono chiusi ma io sono ancora qui con voi e non vorrei parlarvi di omicidi, di violenza, di ingiustizia.
Vorrei vedere il lato positivo, se esiste. Se il Male ci circonda, pervade quasi tutti gli aspetti delle relazioni sociali, mostra la sua forza attraverso le azioni degli appartenenti al genere umano che sono ispirati dal suo potere, è allo stesso modo e nella stessa misura vero che esiste il Bene, luce del sentire morale accolto e perseguito da tutte quelle persone che non si rassegnano al potere del Male, che si armano di conoscenza, scienza, diritto, principi morali e buona volontà per combatterlo e sconfiggerlo.
A tutte queste persone io vorrei augurare Buon Natale e ringraziarle per la loro assunzione di responsabilità in prima persona senza delegare, senza nascondersi, consapevoli di rendere un servizio alla collettività, non sempre riconosciuto e considerato come sarebbe auspicabile.
Buon Natale a tutti i componenti delle Forze Armate, delle Forze dell'Ordine, Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale, Capitanerie di Porto, e Buon Natale a chi si prende cura dei più deboli fra noi, medici, infermieri, psicologi, a chi prende le difese, agli avvocati, a chi amministra la giustizia, ai magistrati, sperando che siano illuminati, auguri a chi diffonde le notizie con responsabilità ed etica, ai giornalisti.
Auguri a tutte le persone di buona volontà, indipendentemente dal ruolo assunto nel contesto sociale di appartenenza, che trovino sempre la forza di lottare per far trionfare il valore condiviso che chiamiamo Bene.

mercoledì 24 dicembre 2008

Non è vero che a Natale si diventa più buoni: il parere di Massimo De Manzoni

La cronaca di oggi, vigilia di Natale, riporta notizie di aggiornamento su diversi casi criminali: ne selezionaniamo le più significative. Iniziamo con le motivazioni della sentenza per l'omicidio di Giovanna Reggiani, proseguiamo con la pubblicazione della telefonata che Alberto Stasi fece al 118 immediatamente dopo essersi recato alla caserma dei Carabinieri di Garlasco, concludiamo con il parere di un giornalista del IlGiornale.it sui due condannati all'ergastolo per la strage di Erba.


Da IlGiornale.it del 24.12.2008
Articolo di Massimo De Manzoni

Finiamola con la telenovela dell’amore tra Olindo e Rosa


Non è vero che a Natale si diventa tutti un po’ più buoni. A me, per esempio, non succede. Quello che era già un sospetto piuttosto fondato, è diventato una certezza ieri mattina durante la consueta lettura dei giornali. «Olindo e Rosa lontani ma con un solo sogno: passare Natale insieme», strillava un titolo d’apertura. E sotto una cinquantina di righe struggenti, nelle quali si riferiva che la loro speranza («quella che li sostiene in questi giorni, dopo che l’uomo ha preso la strada del carcere di Piacenza e la donna è entrata in una cella a Vercelli») si potrebbe persino realizzare.
Ecco, lo confesso: non sono riuscito a commuovermi al pensiero della coppietta riunita per le festività più sacre della Cristianità. Così come non avevo trepidato durante la telenovela mediatica della ricerca di una prigione che potesse ospitare tutti e due come ritenuto assolutamente necessario dagli psicologi pena il loro suicidio (si trova sempre uno psicologo pronto a sostenere qualsiasi tesi: ma con questo ricatto, nessuno sconterebbe più nessuna pena); non mi ero intenerito di fronte ai loro appelli amorosi: «La condanna non ci importa, purché ci diate una cella matrimoniale» (e come no); non avevo battuto ciglio quando era stato deciso di non ascoltare né gli psicologi né il provveditore per le carceri lombarde e di spedire marito e moglie nelle patrie galere di due città diverse; non mi ero turbato apprendendo che Rosa, alla notizia, «era sbiancata in volto e poi svenuta» e la notte successiva «non era riuscita a dormire», mentre Olindo si era detto «disperato».
Per dire quanto ho il cuore di pietra, avevo provato anche sincero fastidio durante il processo, osservando le tenerezze dei due piccioncini in gabbia. E mi sono trovato persino in disaccordo con il loro avvocato difensore, quando ha sobriamente commentato la notizia che i suoi assistiti non avrebbero avuto il privilegio di svernare nella stessa casa circondariale: «Provvedimento assurdo e disumano». Perché, vedete come sono refrattario ai buoni sentimenti, a me di tutta la storia di Erba l’unica cosa disumana continua a sembrare il massacro di tre povere donne e di un bambino di due anni del quale la coppia, fino a prova contraria, si è macchiata due anni fa e per la quale è stata condannata all’ergastolo dopo un regolare processo.
Si dirà: ma loro, adesso si proclamano innocenti. Vero: dopo aver confessato l’efferato crimine in modo dettagliatissimo, movente compreso, ed essere stati riconosciuti dall’unico sopravvissuto alla strage, hanno ritrattato facendosi scudo della mozione degli affetti: «Abbiamo ammesso responsabilità non nostre perché ci hanno assicurato che così avremmo potuto rivederci: non riusciamo a stare l’uno lontana dall’altro». Credibile? Per quanto si è letto della vicenda, non molto. Ma non si può certo escludere che in Italia si possano fare errori giudiziari anche clamorosi. Figuriamoci.
Tuttavia non è questo il punto. Se fossero innocenti, ci si dovrebbe battere per farli uscire dal carcere, non per trasformare una cella nella loro alcova. Se invece sono colpevoli, come ha stabilito per il momento la giustizia, non si vede perché debbano godere di un trattamento particolare. Si vedranno, come tutti i carcerati, nei modi e nei tempi previsti dal regolamento. Troppo poco per la loro passione? Beh, se vi spunta una lacrima, pensate al piccolo Youssef, che di passioni non potrà mai averne: forse scoprirete che anche a Natale ci si può sentire un po’ meno buoni. E magari è giusto così.

Resa pubblica la telefonata di Stasi al 118 dopo la morte di Chiara Poggi

Da Ansa.it del 23.12.08 ore 21.00

GIALLO GARLASCO: LA VOCE DI STASI AL 118, SANGUE DAPPERTUTTO
GARLASCO (PAVIA) - Una voce piuttosto distaccata. Che in un minuto scarso chiede aiuto per ciò che i suoi occhi hanno appena visto: il corpo della propria fidanzata a terra, in una pozza di sangue. La voce è quella di Alberto Stasi, l'unico indagato per l'omicidio di Chiara Poggi, assassinata a 26 anni nella sua villetta di Garlasco (Pavia) il 13 agosto 2007. Oggi il Corriere.it ha pubblicato l'audio della telefonata che il ragazzo fece al 118 alle 13:49 di quel giorno, appena dopo il ritrovamento del cadavere di Chiara lungo le scale della taverna. Quando l'operatrice del 118 di Pavia risponde alla chiamata d'emergenza Alberto si limita a chiedere "un'ambulanza in via Giovanni Pascoli a Garlasco". Per 20 secondi il giovane cerca di fornire indicazioni sull'esatta ubicazione di villa Poggi ("E' una via a fondo chiuso, la trova subito") e quando l'operatrice sanitaria chiede "Ma cos'é successo?", Alberto dice: "Credo che abbiano ucciso una persona".

Per poi precisare: "Ma forse è viva.... non lo so". Soltanto verso la fine della telefonata, quando sulla sua Golf nera il ragazzo ha già raggiunto la caserma dei carabinieri di Garlasco (che dista circa 300 metri dalla villetta dei Poggi), Stasi dice che la persona che ha visto a terra, dove "c'é sangue dappertutto", é la sua fidanzata. Il tenore della telefonata al 118 è stato fin da subito uno degli elementi ai quali la Procura della Repubblica di Vigevano ha guardato con maggior sospetto, tanto che il pm Rosa Muscio l'aveva inserita nell'elenco degli indizi a carico del fidanzato della vittima nell'ordinanza di fermo che il 24 settembre 2007 lo portò in carcere (e da cui poi lui uscì tre giorni dopo per ordine del gip). E ora è allegata agli atti, in base ai quali é stato chiesto il rinvio a giudizio di Alberto Stasi per omicidio volontario aggravato.

Da Ansa.it del 23.12.08 ore 21.00


Articolo di Erika Camasso
ESCLUSIVA PER CORRIERE.iT
Ecco la telefonata di Stasi al 118

La chiamata che Alberto fece subito dopo il ritrovamento del corpo della fidanzata, Chiara Poggi

GARLASCO (Pavia) – Un minuto scarso. Cinquasette secondi durante i quali Alberto Stasi chiede l'intervento del 118 subito dopo il ritrovamento del corpo della fidanzata, Chiara Poggi, lungo le scale della taverna della sua villetta di Garlasco (Pavia). A quasi un anno e mezzo dal delitto, Corriere.it è in grado di far ascoltare per la prima volta ai propri lettori il file audio della telefonata che Alberto fece al 118 di Pavia. Sono le 13,49 del 13 agosto 2007: l’operatrice sanitaria risponde e Alberto esordisce chiedendo un’ambulanza «in via Giovanni Pascoli a Garlasco». Soltanto dopo 20 secondi il giovane, incalzato dall'operatrice, spiega il motivo della chiamata: «Credo che abbiano ucciso una persona...». Ma poi si corregge: «Forse è viva… non ne sono sicuro…».

LA TELEFONATA - Quando l’operatrice chiede ad Alberto se la vittima sia «una sua parente», il ragazzo risponde finalmente: «No, è la mia fidanzata». Trentaquattro secondi dall’inizio della registrazione. Che si conclude quando Alberto ha già raggiunto sulla sua Golf nera la caserma dei carabinieri di Garlasco, che dista una manciata di metri dalla villa del massacro. Proprio la telefonata al 118 rappresenterebbe, secondo la Procura di Vigevano, da sempre convinta della colpevolezza di Stasi, l’ennesima «stranezza» contenuta nel racconto che l’indagato fece ai carabinieri nell’immediatezza dei fatti. A detta della pm titolare dell’inchiesta, la dottoressa Rosa Muscio, infatti, il «tenore della chiamata» sarebbe infatti quantomai «insolito». Insomma, nella voce di Alberto non si avvertirebbe panico. Nessuna emozione per un ragazzo a cui hanno appena massacrato la donna che amava.

Motivazioni della sentenza per l'omicidio Reggiani

Iniziamo la rassegna stampa di oggi con un articolo di Laura Martellini
Ernesto Menicucci
Dal Corrieredellasera.it del 24.12.2008


MOTIVAZIONE CHOC. GASPARRI: SENTENZA CHE FA RIBREZZO
«La Reggiani resisteva.
Sconto di pena a Mailat»


I giudici: niente ergastolo anche perché il romeno era ubriaco

ROMA — Romulus Mailat, il romeno che la sera del 30 ottobre 2007 stuprò ed uccise la signora Giovanna Reggiani vicino alla stazione di Tor di Quinto, agì da solo. Ed ha avuto la condanna a 29 anni in primo grado e non l'ergastolo perché «la Corte, pur valutando la scelleratezza e l'odiosità del fatto, commesso in danno di una donna inerme e, da un certo momento in poi esanime, con violenza inaudita, non può non rilevare che omicidio e violenza sessuale sono scaturiti del tutto occasionalmente dalla combinazione di due fattori: la completa ubriachezza e l'ira dell'aggressore, e la fiera resistenza della vittima». Lo sostiene la motivazione della sentenza della Corte d'Assise presieduta da Angelo Gargani. E Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato del Pdl, esplode: «Provo ribrezzo per questa decisione». Paradossalmente, secondo la Corte, è anche l'incredibile forza d'animo della Reggiani ad aver attenuato le responsabilità dell'assassino: «In assenza degli stessi fattori — si legge — l'episodio criminoso, con tutta probabilità, avrebbe avuto conseguenze assai meno gravi ». Mailat, invece, a causa della reazione della vittima «non riesce ad averne ragione a mani nude» e deve usare il bastone. Però il romeno «all'epoca era ventiquattrenne, incensurato, e l'ambiente in cui viveva era degradato. Queste circostanze, assieme al dettato costituzionale secondo cui la pena deve tendere alla rieducazione, inducono la Corte a risparmiargli l'ergastolo, concedendogli le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate, pur irrogando la pena massima per l'omicidio».
Lette le motivazioni, Gasparri, che aveva già criticato l'entità della pena, attacca: «Questi giudici — dice — si devono vergognare. Se non si dà l'ergastolo per una persona del genere, a chi lo si da?». Ma non è solo questo, ad indignare Gasparri: «Di fronte a queste motivazioni, più che di separazione di carriere, bisognerebbe parlare di "abolizione di carriere". Certi magistrati andrebbero cacciati... Spero che il Natale porti un po' di saggezza». Il parlamentare non si ferma qui: «Come legislatore farò tutto il possibile per evitare che si ripetano certe cose, ma come italiano mi vergogno ». I giudici hanno anche ricordato la necessità di non trascurare la Carta nella parte in cui richiama all'esigenza di un recupero del detenuto. Gasparri però non ci sta: «Io credevo nella magistratura. Ma ogni giorno ci sono prove che inducono chi può a rivederne sia il ruolo sia le responsabilità ». Secondo i giudici l'esclusiva responsabilità di Mailat «è pienamente provata. La selvaggia violenza dei colpi sarebbe stata inutile se l'azione fosse stata condotta da più persone». Presenterà appello l'avvocato del romeno, Piero Piccinini: «È una motivazione di una semplicità sconcertante, che lascia interdetti. Sono state fatte forzature logiche che dimostrano che le prove erano insufficienti ». Pronta all'appello anche la procura, contraria alla concessione delle attenuanti generiche. E secondo l'avvocato di parte civile Tommaso Pietrocarlo «è proprio la fiera resistenza della povera signora Reggiani che rende più grave l'episodio ».

Delitto autosalone a Roma: primi esiti dell'autopsia

DA IlCorrieredellasera.it del 24 dicembre ore 13.21 sezione cronaca


Roma: delitto autosalone, 10 colpi di martello
ROMA - L'autopsia sulla salma di Massimiliano Patis, una delle due persone aggredite lunedi' in un autosalone di Roma, chiarisce che ad uccidere il ragazzo e' stata una decina di colpi sferrati con inaudita ferocia con un oggetto contundente, forse un martello. Le ferite sono concentrate sulla volta cranica. (Agr)

martedì 23 dicembre 2008

Roma: parlano i cittadini che vivono nella strada dell'omicidio

Da IlMessaggero.it del 23.12.08 sezione approfondimenti cronaca di Roma


«In questa strada così silenziosa
non s’è sentito neanche un urlo»


ROMA (22 dicembre) - «Non mi sono accorto di nulla - racconta un ragazzo che abita in una delle palazzine di via Tito Livio, proprio davanti il concessionario dove è accaduta la tragedia - dopo tre ore si è scatenato l’inferno. Ambulanze, sirene della polizia, mi sono affacciato al balcone e non ho più capito nulla, quando però ho visto uscire in barella quelle due persone con tutto il viso insanguinato ho capito che era accaduto qualcosa di veramente grave». La strada, ai confini tra la Balduina e Monte Mario, è un lungo e tortuoso senso unico che arriva fino a viale Medaglie d’oro, case con giardini, alti palazzi tranquilli. Un quartiere residenziale. Pochissimi negozi: un centro shiatsu, e un parrucchiere proprio accanto all’autosalone dove è stato ucciso Massimiliano Patis e ridotto in fin di vita suo zio.
«Li vedevamo sempre - si sfoga Francesca, che vive a pochi metri dal concessionario - Persone tranquille, venivano la mattina intorno alle 10, uscivano all’ora di pranzo, e in genere chiudevano verso le otto di sera. E’ una cosa che mi sconvolge quello che è accaduto, perché questo vuol dire che ora non si può più stare tranquilli nemmeno in questa zona. Nessuno ha sentito nulla, eppure in questo punto della via i palazzi sono uno accanto all’altro, se ci fosse stata una lite furibonda si sarebbe sentito tutto, e invece solo il silenzio». Ieri, come accadeva spesso i due uomini all’ora di pranzo erano andati a fare uno spuntino poco distante dal loro negozio: «Sono venuti verso le 13.15 - racconta il titolare di una pizzeria su piazzale delle Medaglie d’Oro - a mangiare qualcosa, come accadeva spesso, sembravano tranquilli come al solito, mai a pensare che da lì a poco sarebbe successa una tragedia simile. Sono rimasto senza parole quando ho saputo quello che era successo».
Nel primissimo pomeriggio, in molti sono passati davanti al concessionario, senza accorgersi di nulla. «Ripensandoci, ho anche visto il cartello “torno subito”, ma non avevo notato nulla di anomalo, nemmeno le macchie di sangue di cui sento parlare - racconta Raffaele Spinnato, residente anche lui a pochi passi da dove è accaduta la tragedia - Pensare che è avvenuto un omicidio a due passi da te, con il coinvolgimento di persone che comunque conosci, produce sensazioni di timore». Gli abitanti ora hanno paura, e tanti sono gli interrogativi che si pongono. «Mi chiedo solo perché si arriva ad ammazzare in questo modo feroce - si chiede un’anziana signora - si è trattato di una rapina? Un regolamento di conti? Una lite per caso? Io abito da sola in questa strada, al primo piano, e quando sento fatti di questo genere non so a cosa pensare, sono tragedie troppo grosse che spaventano chiunque».

Roma: aggiornamenti sull'omicidio nell'autosalone

La cronaca oggi segnala aggiornamenti sull'aggressione avvenuta nell'autosalone a Roma in cui ha perso la vita il nipote del proprietario. Seguiamo gli sviluppi e cerchiamo di comprendere in maniera meno superficialeil significato di queste notizie.

Da IlMessaggero.it cronaca di Roma del 23.12.08
Agguato autosalone, minacce alle vittime
L'arma potrebbe essere un martello


Articolo di Paola Vuolo

ROMA (23 dicembre) - Massacrati a colpi in testa: Alessandro De Antonis, 42 anni, e il nipote Massimiliano Patis, 38, titolari di un autosalone nel quartiere residenziale della Balduina, non hanno avuto nemmeno il tempo di chiedere aiuto. Massimiliano è stato ferito a morte, suo zio è gravissimo, gli inquirenti cercano il movente di questo agguato che non ha ancora un vero perché. Zio e nipote non hanno precedenti, i loro nomi risultano «sconosciuti» agli archivi della polizia, l’autosalone ”Automobili A M” in via Tito Livio, una strada tranquilla con pochi negozi, è stato aperto tre anni fa, dopo che Alessandro e Massimiliano avevano chiuso la concessionaria di via Mattia Battistini, in una zona meno elegante della capitale. Gli affari però non andavano molto bene neanche adesso, e sembra che i due ultimamente siano stati anche minacciati.

Chi ha progettato l’agguato e perché? Gli investigatori della Mobile guidati da Vittorio Rizzi per ora non escludono nessuna ipotesi. La pista meno probabile però sembra quella della rapina, chi ha colpito zio e nipote voleva dargli probabilmente una lezione, e forse non è stata nemmeno una sola persona.

Massimiliano e Alessandro sono stati colpiti tra le 13.30 e le 14. All’ora di pranzo, zio e nipote sono andati a mangiare una pizzetta in un forno di piazzale delle Medaglie D’oro, «sono arrivati verso l’una e un quarto - dice Nicola, il titolare del forno, erano tranquilli come sempre, hanno mangiato in fretta e mi hanno salutato. Li conosco perché vengono spesso da me, una volta hanno portato pure tutta la famiglia».

Zio e nipote mangiano la pizza, ed escono dal locale per tornare al salone, come tutti i giorni fanno da tre anni, non sanno che stanno scivolando dalla quotidianità all’orrore. Alle 14 sono di nuovo in via Tito Livio, alle 14.30 un cliente passa dall’autosalone, vede il cartello sulla vetrina con su scritto ”torno subito”, ma la porta a vetri è socchiusa e a terra, vicino all’ingresso, ci sono macchie di sangue, l’uomo preoccupato entra e gli si ferma il cuore in gola. Massimiliano e Alessandro sono a terra ricoperti di sangue, hanno la testa fracassata, l’uomo chiama il 113. Zio e nipote vengono trasportati al Policlinico Gemelli e al Santo Spirito, Massimiliano non ce la fa: i colpi gli hanno fracassato la testa, Alessandro viene operato d’urgenza, al Policlinico arriva in arresto cardiaco, ora lotta tra la vita e la morte.

La polizia non ha trovato l’arma usata per colpire i due, ma probabilmente il massacro è stato fatto con un martello o con un cric. Secondo il referto dei medici del Santo Spirito, il colpo alla tempia di Massimiliano non è dovuta ad un proiettile, perché dalla Tac non risultano il foro di entrata e quello di uscita.

Gli investigatori indagano nella vita privata delle vittime, Massimiliano è il nipote dell’ex moglie di Alessandro, e lavoravano insieme da anni. Ieri i poliziotti hanno anche perquisito le loro abitazioni in cerca di un indizio che potrebbe portarli sulle tracce dell’assassino o degli assassini di Massimiliano Patis e di chi ha ridotto in fin di vita suo zio. Per gli investigatori della Mobile l’omicidio probabilmente non era premeditato. I due dovevano solo avere una lezione, forse una vendetta per motivi personali, oppure dietro c’è una questione legata all’attività dei due.

Fino a ieri sera tardi, nell'autosalone sono rimasti gli agenti della polizia scientifica di Alberto Intini per eseguire i rilievi alla ricerca di eventuali tracce. La polizia ha anche ascoltato i vicini e gli altri commercianti, ma nessuno si è accorto del massacro che avveniva dietro le vetrate chiuse dell’autosalone.
E’ probabile che l’assassino sia entrato nella concessionaria insieme ai proprietari, perché il cartello ”torno subito” non è stato più tolto. Li ha aspettati dal pranzo, ed è arrivato già armato. dopo il massacro è scappato portandosi via anche l’arma del delitto.

lunedì 22 dicembre 2008

Roma: omicidio in autosalone/3

Da Il Giornale.it del 22.12.2008

Sparatoria a Monte Mario: un morto nell'autosalone
dalla Redazione

Roma - Fuori dalla concessionaria un biglietto: "Torno subito". Macchie di sangue per terra. Così un cliente, che aveva appuntamento con il titolare della concessionaria di viale Titolo Livio 60, a Monte Mario, ha scoperto due uomini in condizioni gravissime. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118 che hanno soccorso le vittime: una è stata portata al Santo Spirito dove l’hanno sottoposta ad intervento chirurgico mentre l’altra è stato trasportato al Gemelli. Sul posto sono presenti gli agenti della polizia della squadra mobile e del commissariato Monte Mario. Secondo quanto si apprende, le due persone trovate ferite alla testa nella concessionaria di auto sono zio e nipote ed entrambi italiani. Il più giovane dei due è morto in ospedale.



Da IlMessaggero.it del 22.12.2008

Uomo ucciso in autosalone a Roma,
in gravissime condizioni un parente


I due sono stati trovati da un cliente in una pozza di sangue
Entrambi avevano profonde ferite sul cranio

ROMA (22 dicembre) - E' morto uno dei due uomini feriti oggi pomeriggio a Roma all'interno di un autosalone in via Tito Livio, nella zona Balduina, a Roma. La vittima si chiamava Massimiliano Patis e aveva 38 anni. Con lui c'era Alessandro De Antonis, 42 anni, suo parente, ricoverato in gravissime condizioni al policlinico Gemelli, dove è arrivato in arresto cardiaco e con profonde ferite alla testa: l'uomo è stato sottoposto a un delicato intervento neurochirurgico.

Vani, invece, i tentativi di salvare Patis da parte dei medici dell'ospedale Santo Spirto, dove la vittima era arrivata con profonde ferite al cranio: l'uomo è morto durante l'intervento chirurgico.

Inizialmente si era parlato di un'aggressione a base di colpi di arma da fuoco. In realtà i due sono stati colpiti ripetutamente con un corpo contundente: gli inquirenti pensano che possa trattarsi di un martello. La certezza di quale oggetto abbia usato l'assassino potrebbe arrivare solo dopo un
primo esame del medico legale. I medici che hanno operato Patis hanno escluso che a fracassargli la
tempia di Patis possa essere stato un proiettile. Gli investigatori della squadra mobile, che hanno
avviato una serie di accertamenti, sembrano essere orientati verso un omicidio "d'impeto" e non ad
azione premeditata.

Le due vittime dell'aggressione, titolari dell'autosalone "Auto A. M.", sono state trovate riverse in una pozza di sangue da un cliente che aveva un appuntamento alle 16.30. Sulla porta l'uomo ha trovato il cartello "torno subito", ma la porta era aperta e c'erano alcune macchie di sangue proprio all'ingresso. Insospettito, è entrato e ha trovato i due uomini.

Gli investigatori della polizia non escludono alcuna ipotesi: una rapina finita in tragedia (che comunque sembra improbabile, visto che nei concessionari auto non ci sono casse con denaro contante), un regolamento di conti, un giro di racket o di droga. Gli investigatori scavano nel passato dei due.

Roma: omicidio in autosalone /2

Da IlCorrieredell sera.it del 22.12.08

CLIENTE TROVA PORTA DEL LOCALE APERTA MA CON SCRITTA «TORNO SUBITO». POI DÀ L'ALLARME
Giallo in un autosalone di Roma
Aggrediti i due titolari: uno è morto


I due trovati in una pozza di sangue nel locale in zona Monte Mario. Deceduto il più giovane
ROMA - Un morto e un ferito: questo l'esito di una misteriosa aggressione avvenuta lunedì pomeriggio in un autosalone di via Tito Livio, a Roma, zona Monte Mario. I due titolari della concessionaria, legati tra loro da legami di parentela, sono stati trovati in gravissime condizioni all'interno dell'autosalone: presentavano ferite profonde alla testa, provocate da un corpo contundente (forse un martello o un cric). Inizialmente si era parlato di ferite di arma da fuoco. Entrambi in codice rosso sono stati trasferiti in due ospedali, al Santo Spirito e al Policlinico Gemelli. Uno dei due, il più giovane, è deceduto al Santo Spirito: l'uomo, il 38enne Massimiliano Patis, presentava profonde ferite al cranio. Vano il tentativo di salvarlo con un intervento chirurgico.
LA DINAMICA- A scoprire i due uomini feriti è stato un cliente dell'autosalone che aveva appuntamento con il proprietario. Giunto sul posto, l'uomo ha trovato il cartello «Torno subito» sulla porta dell'autosalone, ma la porta era aperta e, soprattutto c'erano alcune macchie di sangue proprio all'ingresso. Insospettito, è entrato ed ha trovato i due corpi, quello di Patis e quello di Alessandro de Antonis, 42 anni, riversi in una pozza di sangue. L'uomo ha chiamato immediatamente la polizia e sul posto sono intervenuti la Squadra Mobile e il 118.
LE IPOTESI - Gli investigatori della mobile romana, che hanno avviato una serie di accertamenti anche sulla vita privata dei due uomini, sembrano essere orientati verso un omicidio «d'impeto» e non verso una azione premeditata. La polizia ha già ascoltato alcune persone, ad esempio altri commercianti della via, molto tranquilla e residenziale, per capire se qualcuno ha notato movimenti sospetti o persone che fuggivano. Tutte aperte, al momento, le ipotesi investigative. Dalla lite finita in tragedia, alla rapina o anche ad regolamento di conti.


Da LaRepubblica.it del 22.12.2008

Le vittime erano i titolari, zio e nipote. Massimiliano Papis, 38 anni, non ha superato l'operazione a cui lo hanno sottoposto. Alessandro De Antonis, 42 anni, è in sala operatoria
Roma, aggressione in un autosalone
Un uomo morto e un altro ferito grave


ROMA - Sangue alla Balduina, quartiere residenziale di Roma. Un morto e un ferito grave in un'aggressione avvenuta in una concessionaria di auto di via Tito Livio. Le vittime, zio e nipote, erano i titolari dell'autosalone. Massimiliano Papis, 38 anni, è morto dopo essere stato portato in ospedale: aveva una ferita profonda alla testa, inutile la delicata operazione a cui lo hanno sottoposto i medici. Mentre Alessandro De Antonis, 42 anni, lotta per la vita in sala operatoria, al Policlinico Gemelli.

In un primo momento si era creduto avessero riportato ferite da arma da fuoco. Invece, sembra che entrambi siano stati colpiti al capo con un martello o un corpo contundente.

A vedere i due uomini, riversi in una pozza di sangue, un cliente che aveva un appuntamento nel pomeriggio e ha trovato il negozio chiuso con il biglietto "Torno subito". Ma, insospettito dalla porta aperta e da alcune macchie di sangue all'ingresso, è entrato e ha visto i due titolari a terra. Ha chiamato il 118, che li ha trasportati in due ospedali diversi, il Santo Spirito e il Policlinico Gemelli.

Gli inquirenti stanno indagando. Dalle prime rivelazioni, sembra che l'ipotesi rapina sia da scartare. Più probabili motivi personali o questioni di soldi.

Le vittime non sono molto conosciute nel quartiere. Da tre anni gestiscono la concessionaria di auto di lusso in una via poco frequentata. Il proprietario della pizzeria di fronte all'autosalone ha raccontato che oggi, verso le 13.30, i due uomini hanno pranzato nel suo locale.

Roma: omicidio in autosalone

Dalla cronaca di oggi selezioniamo ancora un'aggressione, questa volta a Roma in un autosalone con un morto e un ferito. Entrambi gli episodi , sia quello di Torino relativo all'aggressione delle due bidelle, che quello di Roma sono avvenuti sul luogo di lavoro delle vittime. Oltre agli infortuni mortali, anche violenze inspiegabili possono rendere pericoloso , se non mortale il luogo di lavoro.

Dall'agenzia Adnkronos del 22.12.08 ore 22.00

In via Tito Livio, nel quartiere Prati
Roma, aggressione in un autosalone: un morto


Due uomini trovati agonizzanti e uno non ce l'ha fatta. Entrambi sono stati rinvenuti all'interno del negozio, riversi in terra in una pozza di sangue e con numerose ferite alla testa

ultimo aggiornamento: 22 dicembre, ore 22:00
Roma, 22 dic. (Adnkronos/Ign) - Due uomini sono stati trovati in una pozza di sangue con delle ferite alla testa in un autosalone in via Tito Livio 60, a Roma. Soccorsi, entrambi sono stati trasportati in ospedale in codice rosso. Uno dei due è morto all'ospedale Santo Spirito, l'altro è ricoverato al Gemelli. A lanciare l'allarme alla Polizia un uomo che, secondo quanto ha raccontato agli agenti, aveva un appuntamento col titolare dell'autosalone.

L'uomo, sempre secondo quanto ha riferito, è arrivato all'autosalone ma ha trovato un cartello con scritto 'torno subito'. Tuttavia, insospettito da alcune tracce di sangue a terra, è entrato trovando a terra i due uomini, feriti alla testa. Secondo quanto fa sapere la polizia, i locali, privi di telecamere, non erano a soqquadro. Sul posto gli agenti della squadra mobile di Roma e del commissariato Monte Mario.


Dall'agenzia Ansa.it del 22.12.08 ore 21.52
AGGRESSIONE IN AUTOSALONE A ROMA: UN MORTO E UN FERITO

ROMA - I loro corpi riversi in una pozza di sangue: così sono stati trovati oggi pomeriggio due uomini, titolari di un autosalone in via Tito Livio, al quartiere Prati a Roma. Il più giovane dei due, Massimiliano Patis di 38 anni, é morto poche ore dopo in ospedale mentre i medici tentavano di salvargli la vita. Ma la ferita alla testa era molto profonda.

Lotta invece tra la vita e morte un parente di Patis, Alessandro de Antonis, 42 anni, anche lui ferito alla testa ed operato in serata al policlinico Gemelli, dove era arrivato in arresto cardiaco.

Ancora avvolta 'nel buio', come ha detto un investigatore della squadra mobile di Roma, tutta la ricostruzione di quanto avvenuto nell'autosalone. E dopo una prima ipotesi che a ferire i due parenti fossero stati alcuni colpi d'arma da fuoco, la polizia si è convinta invece che l'assassino abbia usato un oggetto contundente, come un martello o un cric. A confortare la tesi della polizia c'é la valutazione dei medici dell'ospedale Santo Spirito, che hanno operato Patis, i quali hanno escluso che a fracassare la tempia dell'uomo possa essere stato un proiettile.

A sciogliere i dubbi sarà comunque il medico legale che in nottata potrebbe fare un primo esame del cadavere. Gli investigatori della mobile romana, che hanno avviato una serie di accertamenti anche sulla vita privata dei due uomini, sembrano essere orientati verso un omicidio 'd'impetò e non verso una azione premeditata. A trovare i due feriti è stato un cliente dell'autosalone che aveva un appuntamento alla 16.30.

Sulla porta l'uomo ha trovato il cartello 'torno subito' ma la porta era aperta e, soprattutto c'erano alcune macchie di sangue proprio all'ingresso. Insospettito è entrato ed ha trovato i due corpi riversi in una pozza di sangue. Il cliente ha quindi chiamato la polizia. Nell'autosalone sono arrivati gli investigatori della squadra mobile e i colleghi della polizia scientifica che stanno ancora effettuando i rilievi alla ricerca di eventuali tracce lasciate dall'assassino.

La polizia sta anche ascoltando alcune persone, ad esempio altri commercianti della via, molto tranquilla e residenziale, per capire se qualcuno ha notato movimenti sospetti o persone che fuggivano. Tutte aperte, al momento, le ipotesi investigative. Dalla lite finita in tragedia, alla rapina o anche ad regolamento di conti. Le prossime ore saranno preziose per raccogliere particolari utili sulla vita dei due titolati dell'autosalone.

Torino: bidelle aggredite da un collega/3

Da IlGiornale.it del 22.12.08

Torino, rissa tra bidelli: due donne in fin di vita
dalla Redazione

Torino - Aggredite e ridotte in fin di vita a scuola da un collega. Si è nella scuola la brutale aggressione in cui sono rimaste ferite questa mattina a Torino due bidelle. L’episodio si è verificato all’interno dell’edificio, in via Sant’Ottavio 7, che ospita l’istituto comprensivo statale Tommaseo. Le due donne hanno riportato gravi ferite. Una sarebbe in pericolo di vita. La polizia ha già fermato un uomo, il loro presunto aggressore: si tratterebbe, secondo le prime informazioni, di un altro bidello della scuola. Sul posto sono intervenute le volanti della questura e la squadra mobile.
In palestra L’aggressione, secondo una prima ricostruzione dei fatti, è avvenuta all’interno della palestra della scuola, dove i bidelli stavano facendo le pulizie. A scatenare la rabbia dell’uomo, Biagio La Porta, 50 anni, che era già stato segnalato per comportamenti irascibili, sarebbero stati futili motivi legati alla loro attività. Dalle parole ai fatti il passo è stato breve: l’uomo ha impugnato una spranga che si trovava nell’edificio, oggi chiuso agli alunni per le vacanze di Natale, e ha iniziato a infierire sulle due colleghe, Rosa Bianco, 40 anni, e Maria Catoggio, 41 anni. Poi ha chiamato il 113 e si è costituito alla polizia che lo ha arrestato per tentato omicidio. Il bidello è stato portato in questura dove è ora sotto interrogatorio. Soccorse dal 118, le due ferite sono state invece trasportate in ambulanza all’ospedale Mauriziano e al Cto. Dai primi accertamenti effettuati avrebbero riportato un trauma cranico commotivo. Sono coscienti, ma non ricordano nulla di quanto è accaduto al momento dell’aggressione.


Da LaStampa.it sezione cronaca Torino 22.12.2008 ore 12.19

Picchiate con una spranga a scuola

E' stato fermato il presunto responsabile dell'aggressione

Due bidelle aggredite da un collega all'Istituto Tommaseo
TORINO
Una lite per futili motivi legati al loro lavoro di bidelli come, a quanto sembra, ce ne erano state tante altre in passato, ma che questa volta è sfociata nella tragedia. Questa la ricostruzione di quanto accaduto stamattina nella palestra della scuola Tommaseo di Torino dove due bidelle -Rosa Bianco di 40 anni e Maria Catoggio 41enne- sono state aggredite da un loro collega che si è poi consegnato alla polizia.

A quanto sembra la lite è scoppiata mentre le due donne stavano facendo le pulizie in palestra, per motivi legati al loro modo di lavorare. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori l’uomo avrebbe improvvisamente afferrato una spranga colpendo alla testa le due donne che sono ora ricoverate in gravi condizioni, con un trauma cranico commotivo e numerose ecchimosi, agli ospedali Cto e Mauriziano.

Subito dopo l’aggressione l’uomo, Biagio La Porta, di 50 anni ha chiamato il 113 e all’arrivo dei poliziotti ha detto di dover confessare due omicidi. L’aggressore è stato preso in consegna e arrestato per duplice tentato omicidio. Secondo le prime testimonianze raccolte dalla squadra mobile e dalle volanti a quanto sembra il bidello era già noto all’interno della scuola per il suo carattere irascibile e in passato ci sarebbero già state segnalazioni nei suoi confronti al Provveditorato.

Torino: bidelle aggredite da un collega/2

Da IlCorrieredellaSera. it del 22.12.08 ore 13.58

BRUTALE AGGRESSIONE NELLA PALESTRA DELL'ISTITUTO STATALE TOMMASEO A TORINO

Due bidelle prese a sprangate
da un collega: una è grave
L'uomo, già noto per comportamenti irascibili, è stato arrestato dai carabinieri
TORINO - Due bidelle sono rimaste ferite, una in modo molto grave, dopo una brutale aggressione in una scuola a Torino. L'episodio si è verificato all'interno dell'edificio, in via Sant'Ottavio 7, che ospita l'istituto comprensivo statale Tommaseo. La polizia ha già fermato un uomo, il loro presunto aggressore: si tratterebbe, secondo le prime informazioni, di un altro bidello della scuola. Sul posto sono intervenute le volanti della questura e la squadra mobile. Non si conoscono ancora i motivi che hanno scatenato la violenza dell'uomo.
L'AGGRESSIONE IN PALESTRA - L'aggressione, secondo una prima ricostruzione dei fatti, è avvenuta all'interno della palestra della scuola, dove i bidelli stavano facendo le pulizie. A scatenare la rabbia dell'uomo, Biagio La Porta, 50 anni, che era già stato segnalato per comportamenti irascibili, sarebbero stati futili motivi legati alla loro attività. Dalle parole ai fatti il passo è stato breve: l'uomo ha impugnato una spranga che si trovava nell'edificio, chiuso agli alunni per le vacanze di Natale, e ha iniziato ad infierire sulle due colleghe, Rosa Bianco, 40 anni, e Maria Catoggio, 41 anni. Poi ha chiamato il 113 e si è costituito alla polizia che lo ha arrestato per tentato omicidio. Il bidello è stato portato in questura dove è stato interrogato. Soccorse dal 118, le due ferite sono state invece trasportate in ambulanza all'ospedale Mauriziano e al Cto. Dai primi accertamenti effettuati avrebbero riportato un trauma cranico commotivo. Sono coscienti, ma non ricordano nulla di quanto è accaduto al momento dell'aggressione.

Da LaRepubblica.it 22.12.08

Colpite da un collega dopo un litigio per motivi di lavoro
Una delle due vittime è in coma, l'uomo è stato arrestato


Torino, aggressione a scuola
due bidelle ferite a sprangate
articolo di LORENZA PLEUTERI e DAVIDE BANFO

TORINO - Due donne sono state aggredite e ferite a colpi di sbarra all'interno della scuola Italo Calvino in via Sant'Ottavio a Torino. Le due donne, Rosa Bianco di 40 anni e Maria Catoggio di 41, sono state trasportate in ambulanza in due ospedali cittadini con traumi alla testa e sul corpo. Nell'istituto, una scuola media con una sezione speriementale musicale, non erano presenti alunni. L'episodio è avvenuto poco dopo le 12.

La dinamica, così come viene ricostruita in queste ore dagli inquirenti, è da far risalire a un lite per motivi di lavoro avvenuta in palestra. Biagio La Porta, collaboratore scolastico di 52 anni, avrebbe aggredito verbalmente le colleghe e alla loro reazione avrebbe afferrato un attrezzo ginnico e le avrebbe ripetutamente colpite al capo e sul corpo. E' stato lo stesso aggressore a chiamare il 113. Le due donne ferite sono state trasportate al Cto e all'ospedale Mauriziano con trauma cranico commotivo. Gravi le condizioni di Maria Catoggio che è stata posta in coma farmacologico, dopo un primo esame i medici del Cto hanno deciso di intervenire chirurgicamente.

La Porta era da tempo sotto osservazione della preside dell'istituto comprensivo Tommaseo Lorenza Patriarca da cui dipende la media Calvino. Nelle settimane scorse era già stato richiamato per aver dato fastidio alle colleghe. Stamattina la preside l'aveva convocato per firmare una relazione sul suo comportamento da inviare alla Direzione scolastica regionale. L'uomo è andato in escandescenze e, uscito dall'ufficio della preside, ha avuto il diverbio con le due collaboratrici scolastiche. La preside ha chiesto la sospensione immediata di La Porta.

L'aggressore è già stato arrestato e trasferito nella sede della Squadra Mobile in via Veglia. Davanti alla scuola, che si trova nell'isola pedonale universitaria di via Sant'Ottavio, si è radunata una grande folla. Al momento ci sono cinque auto della Polizia e due gazzelle dei carabinieri. Molti anche gli studenti del vicino Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche.

All'interno della scuola c'è il capo della Mobile di Torino Sergio Molino e altri funzionari della Questura. A coordinare le indagini il giudice Anna Maria Baldelli

Torino: due bidelle aggredite da un collega a scuola

La cronaca di oggi riporta un episodio avvenuto a Torino, in una scuola nel centro storico dove due bidelle durante le pulizie in una palestra sono aggredite con una spranga da un collega. leggiamo come è stata illustrata la notizia dall'agenzia di stampa ansa e dale altre testate on line (La Stampa, Il Corriere della Sera, la Repubblica, Il Giornale). Quindi proponiamo un'analisi dei testi con maggiore riflessione.

Da Ansa.it del 22.12.08 ore 20.36

RISSA TRA BIDELLI A TORINO, GRAVI DUE DONNE
TORINO - Le ha picchiate fino a crederle morte. Tragedia della follia, a Torino, all'interno dell'istituto comprensivo 'Tommaseo'. Un bidello, Biagio La Porta, 50 anni, ha massacrato di botte due colleghe, Rosa Bianco di 40 anni e Maria Catoggio, di 41, che ora lotta tra la vita e la morte in un letto d'ospedale. Vittima di un raptus dell'uomo, non nuovo a simili comportamenti, che si è poi consegnato alla polizia. L'allarme è scattato quando erano passate da poco le 12.

"Venite a prendermi, ho ucciso due colleghe", ha detto La Porta al centralino del 113, che ha subito mobilitato le volanti della questura. Al loro arrivo, gli agenti hanno trovato nella palestra della scuola due donne a terra, prive di coscienza e con il volto coperto di sangue, ma ancora vive. La più grave, Maria Catoggio, è stata subito trasportata al Cto, dove ha subito un lungo intervento al cervello. I neurochirurghi del Dea le hanno rimosso un vasto ematoma ed ora la tengono in coma farmacologico. La prognosi è riservata. Non preoccupano, invece, le condizioni dell'altra vittima, Rosa Bianco: trasportata al pronto soccorso del Mauriziano, ha un trauma cranico. Dell'aggressione non ricorda nulla ed è ora sotto osservazione. Interrogato dagli investigatori della squadra mobile coordinati dal primo dirigente Sergio Molino, il bidello violento - arrestato per tentato omicidio - ha confessato. "Ero arrabbiato perché la preside mi aveva appena redarguito", ha detto. E non era la prima volta.

"Lavora con noi da settembre - racconta una collega - e da subito sono iniziati i problemi. Quell'uomo era pericoloso - aggiunge - non gli andava mai bene niente e spesso ci aveva minacciato. Tutti avevamo paura che, prima o poi, facesse qualcosa di brutto". Non a caso, il comportamento irascibile dell'uomo - un incensurato - era stato più volte segnalato alle autorità scolastiche competenti. E nei suoi confronti era in arrivo un provvedimento disciplinare. "Era partito dopo le ennesime intemperanze - riferisce la bidella - e proprio questa mattina la preside lo aveva messo in guardia delle conseguenze del suo atteggiamento". Il bidello ha sfogato la rabbia per quell'affronto nei confronti delle due colleghe. Era il primo giorno delle vacanze di Natale e la scuola era chiusa agli alunni.

domenica 21 dicembre 2008

Palermo, scoperti :cadavere in spiaggia e abusi su minori

PALERMO: SCOPERTO CADAVERE DI DONNA IN SPIAGGIA A MONDELLO


da Adnkronos 20 dicembre 2008
ultimo aggiornamento: 20 dicembre, ore 18:24
Palermo, 20 dic. (Adnkronos) - Il cadavere di una donna di origini orientali e dell'apparente eta' di 30 anni e' stato rinvenuto oggi lungo il litorale di Mondello, borgata marinara di Palermo. Ad avvisare gli agenti della presenza in spiaggia del corpo senza vita, ma completamente vestito e' stato un cittadino. Il magistrato ha gia' disposto l'autopsia.


da Adnkronos 20 dicembre 2008 ore 17.35

PALERMO: ABUSI SU BIMBI, ARRESTATI NONNO, ZIA E CONVIVENTE MADRE

ultimo aggiornamento: 20 dicembre, ore 17:35
Palermo, 20 dic. - (Adnkronos) - Avrebbero ripetutamente violentato due bambini di eta' inferiore ai dieci anni. Con questa terribile accusa sono finiti in manette due uomini di 68 e 22 anni e una donna di 23. Gli arresti sono scattati il 16 dicembre scorso, ma la notizia e' stata resa nota solo oggi. I provvedimenti di custodia cautelare in carcere sono stati emessi dal gip di Palermo, Fabio Licata, e sono stati eseguiti dagli agenti della Squadra mobile.


Da IlMessaggero.it del 20 dicembre 2008

Palermo, bimbi violentati da nonno,
zia e convivente della madre

PALERMO (20 dicembre) - Due uomini di 22 e 68 anni e una donna di 23 sono stati arrestati perché accusati di violenza sessuale nei confronti di due bambini di età inferiore a 10 anni. I bimbi, che non frequentavano la scuola, vivevano a Palermo con la madre, il convivente e, per un breve periodo, con la sorella di quest'ultimo e il nonno materno. Ricoverati in comunità, con l'ausilio del consulente tecnico nominato dal pm Claudia Caramanna è emerso il racconto di ripetute violenze sessuali subite dal nonno, dal convivente della madre e della sorella di quest'ultimo, che aveva addestrato i bimbi a rubare nelle bancarelle dei mercati rionali.

Il nonno era già stato condannato con sentenza definitiva per avere abusato sessualmente di una minore di 6 anni e per atti osceni. La sorella del convivente della madre era stata denunciata per reati contro il patrimonio e coinvolta in vicende penali di sfruttamento della prostituzione.

Gli arresti sono stati eseguiti il 16 dicembre dai poliziotti della sezione Reati in danno di minori e sessuali della Mobile di Palermo, i quali hanno eseguito l'ordinanza emessa dal gip Fabio Licata. La donna è stata arrestata alla stazione di Sant'Agata di Militello (ME), nascosta nel bagno di un treno, mentre tentava la fuga dopo l'arresto dei primi due.

Nuova perizia su pc di Stasi

da Ansa.it 20.12.08 ore 9.19


GIALLO GARLASCO: PERIZIA SU PC STASI
Chiesta dal legale della famiglia Poggi


(ANSA) - GARLASCO (PAVIA), 20 DIC - Nuova perizia sul computer di Alberto Stasi, il giovane di Garlasco accusato dell'omicidio della fidanzata Chiara Poggi. E' stato l'avvocato della famiglia Poggi, Gianluigi Tizzoni, a chiedere la perizia affidata ad un ingegnere informatico. In particolare si vuole sapere se la sera prima del delitto il computer sia stato spento all'improvviso. Un particolare che potrebbe avere un peso nell'indagine. Il prossimo 24 febbraio e' in programma l'udienza preliminare.


Da IlMessaggero.it del 20.12.2008

Garlasco, la famiglia Poggi chiede
una nuova perizia sul pc di Stasi

GARLASCO (20 dicembre) - La famiglia di Chiara Poggi, la ragazza di 25 anni uccisa ad agosto del 2007 nella sua villetta a Gralsco, ha chiesto una nuova perizia sul pc di Alberto Stasi, l'ex fidanzato accusato dell'omicidio. I legali di parte civile infatti hanno giustificato la richiesta per capire se, la sera prima del delitto, il computer sia stato spento all'improvviso. Alberto aveva portato con sé il portatile a casa della fidanzata, per lavorare alla sua tesi in economia.

Il prossimo 24 febbraio è in programma l'udienza preliminare, durante la quale verrà valutata la richiesta di rinvio a giudizio di Alberto Stasi.

sabato 20 dicembre 2008

Omicidio di Gassino, forse l'ombra della 'ndrangheta

Da LaStampa.it del 20.12 .2008 sezione cronaca Torino
Ucciso in casa a Gassino, torna l'ombra della 'ndrangheta

Giuseppe Femia, incensurato, si era
trasferito dalla Calabria. Era parente
della omonima famiglia mafiosa

articolo di ANGELO CONTI

GASSINO (TORINO)
Gli hanno fracassato la testa, mercoledì all’imbrunire. Non erano ladri colti sul fatto (tutto è risultato in ordine) e nemmeno rapinatori spietati (la vittima aveva ancora il portafogli in tasca). Chi ha ucciso voleva uccidere, soltanto uccidere. Per i carabinieri, guidati dal colonnello Nicola Fozzi, una brutta gatta da pelare, anche se non mancano affatto gli elementi su cui lavorare. Anzi, in queste prime ore gli elementi sono persino troppi.

Lui, Giuseppe Femia, nato nell’ottobre del ‘61 a Gioiosa Jonica, lì ancora residente, ha la fedina penale immacolata. Risulta essere arrivato a Gassino lo scorso maggio dalla Calabria, dove ha lasciato la moglie ed una figlia adolescente. A Gioiosa viveva in via Ligonia Drusì 9, zona interna, lontana dal mare, nota per un torrente che riesce a trovare acqua anche in estate e soprattutto per i campi di liquirizia. Artigiano, poi contadino, poi operaio, avrebbe deciso improvvisamente di trasferirsi in Piemonte, scegliendo Gassino, dov’è forte la presenza di immigrati calabresi ma dove è considerata forte la cosca Mazzaferro-Femia, una delle più temibili dell’intera area jonica calabrese. Una volta in Piemonte ha subito trovato lavoro nell’impresa edile Cirillo di Chivasso. E lì stava lavorando, anche se da qualche giorno era in mutua, per un malanno di stagione.

Il delitto va collocato fra le 17,05 e le 21 di mercoledì 17. In questo aiuterebbe il cellulare della vittima: alle 17,05 Giuseppe Femia ha risposto ad una chiamata, dalle 21 il suo telefonino ha invece sempre suonato a vuoto. Chi ha ucciso l’avrebbe colpito con un oggetto contundente, spaccandogli la testa. Poi quel corpo, supino, è stato coperto da due giubbotti. Nessuno si sarebbe accorto di nulla, sino a giovedì sera alle 22, quando i coinquilini, insospettiti dalle luci spente nelle casa di Femia e dalla sua auto, una Punto blu, sempre parcheggiata in cortile, hanno dato l’allarme ai carabinieri. Sulla dinamica dell’omicidio ha lavorato la Sezioni Rilievi del Reparto Operativo. Oggi toccherà al medico legale Roberto Testi certificare le cause di morte. E’ stato davvero colpito con un bastone, con un ascia o con una mazza? Sembra quasi scontato, anche se la casistica della medicina legale ricorda che spesso i colpi a bruciapelo di pistole di grosso calibro (come la 357 Magnum) possono essere scambiati come lesioni da corpo contundente.

Le piste sono al momento due. C’è quella del delitto di mafia, ricordando anche che due anni fa qui, proprio a Gassino, fu ucciso Rocco Femia, anche lui rifugiatosi in Piemonte dopo aver lasciato Gioiosa Jonica. C’è qualche collegamento fra questi due fatti? Sono entrambi inseriti in una faida fra clan? Domande legittime che però si scontrano con la ricostruzione dell’ultimo omicidio, almeno secondo gli elementi sinora evidenziati. Difficile che la ‘ndrangheta uccida a colpi di mazza, difficile che lo faccia in un alloggio di una cascina abitata anche da altri, difficile ancora che i killer abbiano al delicatezza di coprire la vittima con dei giubbotti. Così i carabinieri dicono di seguire anche una pista passionale, al momento imbastita sulle poche frequentazioni femminili del carpentiere. A meno che le indagini non sollevino il sipario su altre attività di questo calabrese incensurato che potrebbe avere pestato i piedi a chi non doveva. Ma questa, al momento, è solo un’ipotesi, senza concreti appigli.

Operaio ucciso in casa a Torino/2

Da IlCorrieredellasera.it del 19.12.08

INDAGANO I CARABINIERI

Torino, operaio trovato con il cranio fracassato nella cucina di casa
A dare l'allarme sono stati i vicini. L'uomo aveva 48 anni ed era incensurato
- Un violento colpo alla nuca, che gli ha fracassato il cranio. È morto così, Giuseppe Femia un operaio di 47 anni. Il suo corpo, supino sul pavimento della cucina, è stato ritrovato nella sua abitazione, a Gassino Torinese, da alcuni vicini di casa preoccupati perchè non lo vedevano da un paio di giorni.
UN PRECEDENTE IRRISOLTO - Ed è giallo sulle motivazioni dell'omicidio, commesso a quasi due anni da quello - ancora irrisolto - di Rocco Femia, 54 anni, trovato carbonizzato, sempre a Gassino, all'interno di un auto bruciata. Al momento, i carabinieri del Comando provinciale di Torino escludono che i due episodi di sangue siano collegati. Ma l'omonimia - secondo indiscrezioni non confermate sarebbero addirittura parenti alla lontana - e la comune terra d'origine, Marina di Gioiosa Jonica (Reggio Calabria), fanno scattare l'allarme criminalità organizzata.
NOME NOTO TRA I CLAN - Quello dei Femia, infatti, è un nome noto tra i clan della 'ndrangheta, che ha ramificazioni anche nel nord Italia e, in particolare, nel torinese. Per tutto il giorno, i militari dell'Arma hanno raccolto le testimonianze dei vicini di casa per ricostruire le ultime ore di vita di Giuseppe Femia. L'uomo, incensurato, si era trasferito nel torinese a maggio. Da dieci giorni non si presentava al lavoro perché in malattia. Le sue tracce si interrompono due giorni fa. Dai rilievi effettuati nella sua abitazione, i carabinieri non hanno riscontrato segni di infrazione e altri elementi che facciano pensare ad una rapina finita male. Un particolare che spalanca il ventaglio delle ipotesi investigative. E lascia aperto il mistero.

19 dicembre 2008(ultima modifica: 20 dicembre 2008)

Operaio ucciso in casa a Torino

Da llMessaggero.it del 19.12.08

Giallo a Torino: operaio trovato morto
in casa col cranio fracassato



TORINO (19 dicembre) - Giallo nel torinese, a Gassino, dove un operaio edile, Giuseppe Femia, incensurato di 47 anni è stato trovato morto in casa con il cranio fracassato all'altezza della nuca. I carabinieri sono stati allertati ieri sera da alcuni vicini di casa dell'uomo che, non vedendolo da alcuni giorni, sono andati a casa sua trovando la porta aperta e il corpo senza vita a terra sul pavimento della cucina.

Gli investigatori hanno posto sotto sequestro l'abitazione e l'auto della vittima che viveva da solo in località Val Pallera 49. I carabinieri del Comando provinciale di Torino hanno raccolto le testimonianze dei vicini di casa per cercare di ricostruire gli ultimi movimenti della vittima.

Femia era originario e residente a Gioiosa Jonica (Reggio Calabria) ma domiciliato a Gassino. Si era trasferito lo scorso maggio a Gassino Torinese, dove lavorava come operaio. Da una decina di giorni, però, era a casa in malattia. I vicini di casa non lo vedevano da due giorni.

Si tratta del secondo omicidio a Gassino in meno di due anni. Nella notte tre il 3 e il 4 febbraio del 2007 all'interno di un auto in fiamme venne trovato il cadavere carbonizzato di Rocco Femia, 54 anni, anche lui originario di Gioiosa Jonica. Secondo indiscrezioni non confermate i due sarebbero addirittura parenti alla lontana. L'omonimia e le stese origini fanno scattare l'allarme criminalità organizzata. Quello dei Femia, infatti, è un nome noto tra i clan della 'ndrangheta, che ha ramificazioni anche nel nord Italia e, in particolare, nel torinese.

Dai rilievi effettuati nella sua abitazione, i carabinieri non hanno riscontrato segni di infrazione e altri elementi che facciano pensare ad una rapina finita male. Un particolare che spalanca il ventaglio delle ipotesi investigative. E lascia aperto il mistero.

giovedì 18 dicembre 2008

I pareri dei lettori sulla separazione in carcere di Rosa e Olindo

I commenti dei lettori agli articoli riportati nei post precedenti sono leggibili sul sito delle testate giornalistiche immediatamente sotto l'articolo selezionato. La modalità di accesso ai commenti variano da testata a testata: alcuni richiedono la registrazione al forum e la sottoscrizione di regole di utilizzo, altri molto più semplicemente consentono di inserire commenti dopo aver compilito un form indicando i propri dati e il nome con cui desideriamo firmare il nostro commento. Dal punto di vista dell'usability, usabilità, il più efficace è il sito del quotidiano on line IlMessaggero.it, che mette a disposizioni ampi spazi di interattività con la redazione attraverso la sezione "dillo al Messaggero" e pubblica articoli dei lettori.
Dopo questa premessa possiamo far emergere la grande disparità quantitativa e qualitativa fra i lettori che, alla notizia della separazione in carceri diversi per Rosa e Olindo, si lanciano in invettive e rivendicazioni di tipo giustizialista, auspicando maggior severità e rigore per questo caso specifico, limitando o, addirittura annullando i diritti previsti per i dentenuti, e i pochi, pochissimi che considerano questa decisione dell'amministrazione penitenziaria se non soltanto dispendiosa per le casse dello Stato, almeno orientata nel senso di una vendetta che non dovrebbe esistere in uno Stato governato da leggi democratiche, ma sensibile ai processi "mediatici". I lettori "giustizialisti" attaccano senza risparmiare la verve polemica i lettori "prudenti" o "innocentisti" (sparuta minoranza) adducendo come motivazione fondamentale il fatto che non sarebbe possibile essere così prudenti o innocentisti se l'evento criminale fosse accaduta a congiunti dei lettori di parere opposto. Ugualmente polemici e a tratti derisori i commenti alle dichiarazione dell'avvocato difensore dei conuigi Romano. Inoltre si osserva anche un'estensione di condanna all'operato degli psicologi che hanno espresso parere contrario alla separazione.
Si mettono seriamente in dubbio nell'ordine:
1) la preparazione accademica che permette il conseguimento della laurea;
2) la loro utilità per curare i condannati ritenuti irrecuperabili;
3) la loro efficacia nel "consigliare" l'avvocato difensore e "convincere" il giudice;
4) la loro presenza in carcere considerata un privilegio per i condannati se addirittura eliminabile per conclamata incapacità a "risolvere i problemi degli altri".

In linea generale dopo aver elencato le varie posizioni dei lettori sullo stimolo articolo sulla separazione in carcere per Rosa e Olindo, possiamo interpretare la forza di queste espressioni di emozioni come dettata dalla paura: paura che possa accadere a noi, a qualcuno molto prossimo a noi.
Possiamo ipotizzare anche la proiezione (inconsapevole) dell'aggressività non agita, non percepita come propria, che consente la scarica di tensioni aggressive/sadiche latenti con un meccanismo simile alla catarsi delle antiche tragedie greche.
Ancora maggiore rispetto alla paura di divenire potenziali vittime di aggressività e violenza è la paura di comprendere le origini di tali istinti, da cui discende l'opposizione agli psicologi.
Se ,ad esempio, applico l'etichetta di "Mostro". di "Bestia" ad un condannato non posso ammettere che possa esistere una spiegazione scientifica alle azioni criminali di quella persona, forse conseguenza di patologie psichiche. Anzi, la malattia mentale è considerata una "scappatoia" per non scontare integralmente la pena. Se riflettiamo sul fatto che ci troviamo soltanto al primo grado di giudizio, i lettori hanno già emesso la loro sentenza che appare inappellabile: colpevoli, senza dubbi e senza discussione.
Questa posizione radicale dei lettori meriterebbe ulteriori indagini.