giovedì 18 dicembre 2008

I pareri dei lettori sulla separazione in carcere di Rosa e Olindo

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Dopo questa premessa possiamo far emergere la grande disparità quantitativa e qualitativa fra i lettori che, alla notizia della separazione in carceri diversi per Rosa e Olindo, si lanciano in invettive e rivendicazioni di tipo giustizialista, auspicando maggior severità e rigore per questo caso specifico, limitando o, addirittura annullando i diritti previsti per i dentenuti, e i pochi, pochissimi che considerano questa decisione dell'amministrazione penitenziaria se non soltanto dispendiosa per le casse dello Stato, almeno orientata nel senso di una vendetta che non dovrebbe esistere in uno Stato governato da leggi democratiche, ma sensibile ai processi "mediatici". I lettori "giustizialisti" attaccano senza risparmiare la verve polemica i lettori "prudenti" o "innocentisti" (sparuta minoranza) adducendo come motivazione fondamentale il fatto che non sarebbe possibile essere così prudenti o innocentisti se l'evento criminale fosse accaduta a congiunti dei lettori di parere opposto. Ugualmente polemici e a tratti derisori i commenti alle dichiarazione dell'avvocato difensore dei conuigi Romano. Inoltre si osserva anche un'estensione di condanna all'operato degli psicologi che hanno espresso parere contrario alla separazione.
Si mettono seriamente in dubbio nell'ordine:
1) la preparazione accademica che permette il conseguimento della laurea;
2) la loro utilità per curare i condannati ritenuti irrecuperabili;
3) la loro efficacia nel "consigliare" l'avvocato difensore e "convincere" il giudice;
4) la loro presenza in carcere considerata un privilegio per i condannati se addirittura eliminabile per conclamata incapacità a "risolvere i problemi degli altri".

In linea generale dopo aver elencato le varie posizioni dei lettori sullo stimolo articolo sulla separazione in carcere per Rosa e Olindo, possiamo interpretare la forza di queste espressioni di emozioni come dettata dalla paura: paura che possa accadere a noi, a qualcuno molto prossimo a noi.
Possiamo ipotizzare anche la proiezione (inconsapevole) dell'aggressività non agita, non percepita come propria, che consente la scarica di tensioni aggressive/sadiche latenti con un meccanismo simile alla catarsi delle antiche tragedie greche.
Ancora maggiore rispetto alla paura di divenire potenziali vittime di aggressività e violenza è la paura di comprendere le origini di tali istinti, da cui discende l'opposizione agli psicologi.
Se ,ad esempio, applico l'etichetta di "Mostro". di "Bestia" ad un condannato non posso ammettere che possa esistere una spiegazione scientifica alle azioni criminali di quella persona, forse conseguenza di patologie psichiche. Anzi, la malattia mentale è considerata una "scappatoia" per non scontare integralmente la pena. Se riflettiamo sul fatto che ci troviamo soltanto al primo grado di giudizio, i lettori hanno già emesso la loro sentenza che appare inappellabile: colpevoli, senza dubbi e senza discussione.
Questa posizione radicale dei lettori meriterebbe ulteriori indagini.

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