domenica 30 novembre 2008

Interesse per i criminali: una proposta di spiegazione

La curiosità per le persone che, pur appartenendo al consorzio umano, si macchiano di delitti contro i propri simili può essere legittima.

Ci assomigliano nella forma fisica, ma si distanziano dal nostro modo di essere per le azioni commesse, che rappresentano una violazione grave delle regole di convivenza, un attacco alla sopravvvivenza degli altri componenti della comunità.

Sono diversi nei comportamenti, trasgressivi e violenti, hanno superato il limite fra l'aggressività ammissimibile, perchè ancora sotto il controllo dei freni inibitori, e la violenza pericolosa per l'incolumità egli altri, consapevolmente esercitata.
Poichè l'aggressività rappresenta una componente ineludibile della personalità, ma necessariamente sottoposta a vincoli e limiti stabiliti dalle regole della comunità diventate leggi, una difesa contro l'emergere di questa forza che può sfuggire al controllo è la proiezione su elementi, componenti simboliche del carico di aggressività e violenza che ci appartiene e che non accettiamo di riconoscere tali, in forme sublimate, surrogate, esercitando una funzione catarchica simile alla funzione delle antiche tragedie greche dense di delitti efferati, tabù infranti, violenze estreme.

Proiettando al di fuori di noi ciò che non possiamo accettare come componente del nostro essere ci liberiamo di un peso, ci sentiamo migliori, addensando su altri nostri simili il nostro carico di timori di diventare "cattivi, violenti, quasi mostri", allontaniamo da noi il male, lo attribuiamo ad altri che conservano caratteristiche particolari, tali da diventare bersagli perfetti per le attribuzioni delle nostre paure.

L'importante è mantenere sempre un controllo anche nell'attribuzione, un equilibrio interiore che ci consenta di accettare una dose di aggressività come funzionale alla nostra sopravvivenza, respingendo gli eccessi come indice di disaddattamento che se non trattato potrebbe evolvere verso condotte criminali.

sabato 29 novembre 2008

Video sentenza strage di Erba

Su youtube.com risulta molto cliccato il video della sentenza letta dal giudice Alessandro Bianchi. Perché ancora tanta morbosa curiosità? Perché il silenzio della riflessione non ha ancora preso posizione?
Guardiamo il video e commentiamo

<

Non si spegne l'interesse per la strage di Erba

Non si spegne l’interesse per la sentenza della strage di Erba.
Su quotidiani online continuano i commenti e le notizie sulla sentenza divenuta ormai famosa.

Da il quotidiano.net
STRAGE DI ERBA
I ‘mostri’ Olindo e Rosa
spopolano su YouTube

Nei video c’è lei che mima come sgozzò Youssef. Il più cliccato è quello del presidente Alessandro Bianchi mentre legge la sentenza che condanna i coniugi Romano
Home Cronaca
prec succ
Como, 29 novembre 2008 - SPOPOLANO su YouTube. Danno da cliccare e da discutere al popolo invisibile ma sterminato di internet. Su di loro si fanno blog. Olindo Romano e Rosa Bazzi sono i nuovi protagonisti del web. Il video più cliccato è quello del presidente Alessandro Bianchi mentre legge la sentenza che condanna i coniugi Romano all’ergastolo e a tre anni di isolamento diurno per la strage di Erba.
In rete ci sono anche quelli con Olindo che racconta ai giudici dell’Assise come sarebbe stato indotto a confessare, Rosa che zittisce il marito tappandogli la bocca con una mano, l’agghiacciante confessione della donna che racconta, mimando la scena, come accoltellò il piccolo Youssef fino alle dichiarazioni del netturbino nell’udienza del 19 novembre: "Sono confuso, mi capita di avere dei vuoti di memoria". E le note di Only you fanno da sottofondo al video "Olindo e Rosa in love".

L'articolo è firmato da g. mor

giovedì 27 novembre 2008

Analisi articoli sulla sentenza della strage di Erba

Le fonti giornalistiche prese in esame presentano molti elementi in comune, proviamo ad evidenziarne alcuni:
1) le dichiarazioni del pubblico ministero Astori:
2) le dichiarazioni dei difensori dei coniugi Romano:
3) le dichiarazioni dei familiari delle vittime;
4) il presunto colpo di scena dei dubbi espressi da Marzouk ad una guardia durante il tragitto verso il tribunale, riguardanti presunti dubbi sulla colpevolezza dei Romano e subito ridimensionati e ritrattati.

Elementi discordanti solo nella voce controcorrente dell'intervista al gionalista de IlGiornale.it Felice Manti, riportata da Crimeblog:
1) dubbi sulla ricostruzione della dinamica della strage considerando la relazione dei Ris;
2) dubbi sulla causa e dinamica del decesso della vittima moglie di Frigerio, secondo la perizia del Prof.Torre e dell'anatomopatologo che ha eseguito l'autopsia

Se tentiamo di tirare le fila di queste opposte posizione sullo stesso argomento "Ergastolo, giustizia è stata fatta", "..E se fossero innocenti.." diventa subito evidente quanto non sia possibile operare una mediazione o si è colpevolisti, l'assoluta maggioranza dei pareri, o innocentisti, una sparuta minoranza.
Di fronte ad eventi mediatici di questa portata con il coinvolgimento delle emozioni "viscerali" delle persone anche non direttamente colpite, ma interessate ai fatti, documentate anche dai commenti dei lettori alle notizie delle varie testate gioranlistiche, occorre operare un ragionevole distacco per interpretare gli eventi limitando l'influenza dei condizionamenti mediatici e formarsi un'opinione personale, frutto di ragionamento e non solo di emozioni "a caldo".

In primo luogo dovremmo domandarci il motivo per cui soltanto ora si sollevano dubbi molto deboli, ma comunque esistenti sulla colpevolezza degli imputati, a sentenza resa pubblica.
In secondo luogo, come mai la sentenza di ergastolo non è stata appresa con lo stesso sentimento di vittoria, o con sfumature diverse, di giustizia raggiunta, o di angoscia dalle parti coinvolte, dalla pubblica accusa alle parti civili.

Da cosa può essere dettata questa differenza di visione, presente anche nei commenti dei lettori?

Per spiegare occorre estraniarsi dal contesto e parlare in termini generali, secondo la psicologia che indaga sulle modalità di costruzione dei giudizi nelle persone.

Ognuno di noi giudica gli eventi secondo una modalità che è dettata dall'insieme dei fattori di personalità, cultura, nel senso di strumenti culturali, scolarizzazione, istruzione, apppartenenza a classe sociale, ruolo rivestito nel proprio contesto di vita, esperienze pregresse, modelli e schemi di comportamento: queste caratteristiche sono ritenute abbastanza stabili se confrontate con il ruolo delle emozioni che acquistano un peso maggiore, ma più labilità quando si ha a che fare con situazioni di pericolo di vita per sè o per altri.

In sintesi, ognuno di noi giudica secondo il proprio personalissimo "mix" di conoscenze ed emozioni che si situa su un continuum dinamico che può oscillare da un polo, massima razionalità e discernimento, verso il polo opposto, le emozioni più primitive non mediate.
E' importante sottolineare che persone con struttura di personalità meno solida. o con scarsa disponibilità di strumenti di conoscenza sono facilmente condizionabili dall'opinione dominante.

mercoledì 26 novembre 2008

Una voce controcorrente nella sentenza strage di Erba

Da crimeblog.it
Intervista: Felice Manti sulla Strage di Erba "E se fossero innocenti?"
pubblicato: mercoledì 26 novembre 2008 da gabriele ferraresi in: Strage di Erba


Oggi verrà emessa la sentenza di primo grado per la Strage di Erba: abbiamo intervistato Felice Manti, firma de Il Giornale, che insieme ad Edoardo Montolli aveva pubblicato, per i tipi di Aliberti Editore, “Il grande abbaglio”, un volume in cui si sosteneva, carte alla mano, la tesi innocentista. In sintesi: potrebbero non essere stati Olindo e Rosa. A dopo, con altri aggiornamenti.
A breve verrà emessa la sentenza di primo grado sulla Strage di Erba: Andrea Frigerio, figlio di Mario il sopravvissuto, si è dichiarato “Certo della colpevolezza” di Olindo Romano e Rosa Bazzi. Che idea ti sei fatto del dibattimento? Secondo te in che maniera è stato condotto, almeno in questa sua prima fase?

A fasi alterne. A volte la Corte sembrava prevenuta, altre volte molto disponibile. Ma molti testi della difesa sono stati “tagliati” per “palese suprefluità”, e questo è stato un errore perché alcune deposizioni sarebbero state molto importanti.

Tu ed Edoardo Montolli avete scritto, carte alla mano, un libro: il Grande Abbaglio, edito da Aliberti. Nel volume sostenete una tesi “innocentista” riguardo alla strage: una tesi che però sembra smentita, più che dalle sentenze dei giudici, da una specie di giuria mediatico-popolare, che ha già deciso, come in un televoto, la colpevolezza di Olindo e Rosa. Che idea ti sei fatto dell’atteggiamento dei mass media nei confronti della strage di Erba?

Li hanno sbattuti in prima pagina come dei mostri sin da subito. Stesso errore fatto per Azouz, e ultimamente per Lumumba, l’immigrato tirato in causa da Amanda Knox nell’omicidio Meredith. Il vizio d’origine del giornalismo post Tangentopoli, abituato a fare da casella postale dei magistrati e ormai sempre meno abituato al giornalismo d’inchiesta. Quello che abbiamo fatto noi, documentandoci senza alcun pregiudizio e senza avere sentenze in tasca.
Olindo e Rosa, come Annamaria Franzoni, il delitto di Perugia, o Chiara Poggi: secondo te, nella tua esperienza, come mai queste vicende appassionano tanto sia i lettori che chi i giornali li dirige, e decide di puntare su certi argomenti? Chi influenza chi? Sono i lettori a bramare questo genere di storie, o i giornali - e i mass media - a dettare l’agenda e tenere desta l’attenzione, facendo appassionare la gente a quelli che diventano in pochi mesi dei feuilleton di “nera”?
Sesso, sangue, soldi. E ci aggiungo merda. La gente questo vuole. Vuole l’orrore per potersi sentire meglio di quel che è, per prendere le distanze da un mondo sempre più violento. Vuole capire fino a che punto un uomo può spingersi, e per soddisfare questa bramosia non bastano ahimé i vari reality esplosi in tutta la loro banalità nelle nostre tv. Che non a caso sono seguitissimi. Oltre a essere tutti politici, arbitri, calciatori e medici siamo anche tutti giudici e giornalisti. Costa poco e rende tanto…
Sempre Andrea Frigerio, ha dichiarato al Corriere di Como:”O (Olindo e Rosa, ndr) sono innocenti, o sono pazzi. Tutte e due le cose, nella stessa arringa, non ci stanno”: anche nei commenti che ho letto in un articolo pubblicato sul IlGiornale.it ho notato che la teoria secondo cui non sarebbero necessariamente i coniugi Romano gli autori della strage, inizia a farsi strada. Puoi spiegarci brevemente la dinamica dei fatti che avete ricostruito ne Il Grande Abbaglio?
Innocenza e perizia psichiatrica sono sullo stesso piano. Hanno confessato perché indotti da una indole fragile, per paura di perdere l’affetto reciproco. Non a caso, in più circostanze, i due hanno detto: non importa se e come ci condannano, l’importante è stare insieme. In quella famosa richiesta delirante di cella matrimoniale c’è un universo di psiche che va esplorato. E che forse è alla base di tutto.
La colpevolezza di Olindo e Rosa è tutta da dimostrare, perché secondo il principio cardine del nostro sistema giuridico i due imputati sono innocenti fino all’ultimo grado di giudizio. Le prove (e dunque non la mostruosa montagna di indizi, come li ha definiti il pm Astori in aula, che non servono a nulla e non bastano a condannare due persone), le prove dicevo sono tre. macchia di sangue sull’auto, confessioni e riconoscimento. La gente ha capito che queste prove non reggono (forse anche grazie a noi…) e spiego perché.
La macchia di sangue è stata trovata 15 giorni dopo la mattanza dai carabinieri di Como. La macchia era talmente piccola che non si è riusciti nemmeno a fotografarla, ma talmente perfetta da contenere il Dna di Mario Frigerio (il superteste) e della moglie Valeria Cherubini. Nonostante la macchina fosse stata esposta, per due settimane, a tutti quegli agenti atmosferici che ne avrebbero dovuto deteriorarne la qualità. Su quella macchia “pesa” un verbale dei carabinieri di Erba. Quello del 12 dicembre, relativo alla prima perquisizione dell’auto dei Romano effettuata dai militari dell’Arma la notte stessa della strage. Il verbale è firmato, tra gli altri, da un agente che noi sappiamo essere stato sui luoghi del massacro poche ore prima, senza aver avuto la possibilità di cambiarsi scarpe o abiti.
Abbiamo ritenuto dunque ragionevole l’ipotesi della contaminazione involontaria delle prove. A questa osservazione sollevata dalla difesa di Olindo e Rosa, in aula, il maresciallo Gallorini (responsabile del comando di Erba) ha così risposto il 18 febbraio scorso, più o meno così: nessuna delle persone che ha firmato il verbale (compreso l’agente in questione, ndr) ha effettuato la perquisizione, che è stata fatta da una persona che non risulta». L’agente in questione si chiama Rochira. La domanda viene posta più volte, e alla fine Gallorini conferma che quel verbale è carta straccia.
Dice testualmente: «Certo. Confermo, se è un atto così e così. A questo proposito, ma è superfluo dirlo, è chiaro che noi non dovevamo farla (la perquisizione, ndr) perché io ero stato nell’appartamento e quindi era stata mia cura anche al Rochira di non fargliela fare, questo è ovvio». Ma Rochira ha firmato, e questo a nostro avviso invalida tutto.
Le confessioni, sebbene siano state fatte rientrare dalla finestra tramite i cavalli di Troia rappresentati dal video di Picozzi o l’intervista a Tavaroli (fatta guardacaso all’allora innocentista Giornale, ma non a me, e agli atti…), sono state ritrattate. Formalmente non valgono. In realtà, è stata la stessa difesa a pretendere che i giurati sentissero e leggessero quelle dichiarazioni di colpevolezza. Perché fanno acqua da tutte le parti (i legali hanno contato, in quella di Olindo, un “non so, non ricordo” ogni 30 secondi…) e non collimano con la perizia dei Ris, illustrata dal pm durante l’udienza preliminare dell’ottobre 2007. Qualche minuto dopo che i due imputati si fossero dichiarati innocenti. Senza dunque conoscerne l’esito.
Perizia che di fatto, vista la totale assenza di macchie di sangue o Dna delle vittime a casa dei coniugi Romano, esclude categoricamente in sé la dinamica post strage descritta dai due. Ovvero il cambio d’abito e la fuga con armi e vestiti sporchi di sangue in auto. È stata questa la molla che ha fatto scattare la nostra curiosità. Soprattutto visto che non c’erano nemmeno tracce di sangue sui vestiti usati DOPO la strage, coi quali si sarebbero addirittura (stando alle confessioni…) presentati dai Carabinieri la notte stessa della strage per le famose “sommarie informazioni”.
Impossibile che la dinamica della strage sia quella riferita dai due. Per diversi motivi. Basati non su illazioni, ragionamenti o idee ma su prove scientifiche. Quelle dei Ris, appunto, che in altri processi sono state decisive per inchiodare i responsabili e che invece stavolta varrebbero meno di due confessioni strampalate. Dove, ad esempio, non si parla nemmeno dell’accelerante usato per appiccare l’incendio.
Sul riconoscimento è stato scritto anche troppo. Sappiamo dalle carte (e l’abbiamo scritto più di un anno fa, in assoluta e totale solitudine…) che Frigerio, appena sveglio dal coma, il 15 dicembre 2006 descrisse un uomo “mai visto prima, di carnagione olivastra, non di qui, più alto di 20 cm, occhi neri, tanti capelli neri corti sulla fronte”. Un’altra persona. Tanto che il pm che allora raccolse la sua disperata testimonianza fece partire la richiesta di un identikit per risalire all’aggressore.
Non disse MAI il nome Olindo, sebbene l’ascolto di un frammento dell’audio in aula abbia dato a molti questa suggestione. La frase “è stato Olindo, al 100%” che uno dei giurati dice di aver sentito nell’Ipod in realtà secondo i periti di accusa, difesa e tribunale (che hanno analizzato l’audio con apparecchiature decisamente più sofisticate) era “per me stavano uscendo, al 100%”. Frase peraltro decisamente più compatibile del riconoscimento di Olindo rispetto al resto della narrazione.
Riconoscimento di cui nel verbale dell’interrogatorio non c’è traccia. Così come non ce n’è traccia nel fax che il giorno dopo l’interrogatorio al pm l’avvocato di Frigerio Manuel Gabrielli manderà ai pm dicendo che il “suo assistito comincia a ricordarsi il volto”. Solo il 20, dopo diverse domande del maresciallo dei carabinieri sull’eventuale coinvolgimento di Olindo nella strage, Frigerio dirà di avere dei dubbi. E ancora il 26 dicembre Frigerio dirà Ottolino, non Olindo. Il riconoscimento vero e proprio avviene solo il 2 gennaio, dopo il ritrovamento della macchia di sangue sull’auto dei Romano (trovata il 26 ma verbalizzata il 28).
A questi elementi va aggiunto che alcune ipotesi alternative a nostro avviso sono state troppo frettolosamente scartate. Non da ultima quella che secondo i Ris è la dinamica della morte di Valeria Cherubini, l’ultima vittima della strage, ancora viva all’arrivo dei soccorritori. Secondo quanto ha affermato in aula il colonnello dei Ris Luciano Garofano alcune macchie sulla tenda davanti alla finestra dell’appartamento Frigerio-Cherubini, dove la donna è stata trovata morta, in posizione supina con le mani quasi a protezione del capo, sono da schizzo. Teoria confermata dal professor Torre (che diverse volte ha lavorato con successo per le principali Procure d’Italia e che a Erba è stato definito dal pm Astori un prestigiatore…) e dalla primissima relazione (poi modificata dopo le confessioni) del dottor Scola, l’anatomopatologo al quale i pm affidarono le autopsie, che stabilì come causa del decesso il trauma cranico. Circostanza irrobustita dalle diverse ferite al capo (8-9 delle quali 5 o 6 inferte con linee parallele da un corpo contundente - secondo Torre incompatibile con la stanghetta rotonda descritta da Olindo - e dunque a persona immobile…) che la vittima ha subito, insieme a diverse coltellate. In tutto, tra ferite da taglio e da spranga, 42 colpi
Secondo il pm, invece, la donna sarebbe stata colpita sulle scale (come dicono Olindo e Rosa) e si sarebbe alzata nonostante i colpi al capo, avrebbe raggiunto casa sua senza lasciare se non poche gocce di sangue sulle scale e sarebbe morta contemporaneamente di asfissia, dissanguamento e trauma cranico (dice Scola). Senza però inghiottire nemmeno una gocca del suo sangue. Non regge.
Anche perché lunedì è emerso che la donna poteva essere ancora viva alle 20.16, pochi minuti prima delle 20.20, orario ultimo fissato dal pm come momento del decesso. A dirlo sarebbe un testimone oculare anonimo, un avvocato che il 16 dicembre 2006 si sarebbe rammaricato con un altrettanto anonimo giornalista della Provincia di Como di “non essersi fermato più a lungo a parlare con la donna”.
Ebbene, se così fosse, l’impianto accusatorio cadrebbe inesorabilmente. Perché Olindo e Rosa non diranno MAI di essere saliti al piano di sopra per finire la Cherubini. Perché questo limiterebbe la finestra temporale a disposizione dei due per tornare a casa, cambiarsi senza lasciare traccia e uscire dal portoncino senza essere visti dai soccorritori, che già alle 20.23 erano dentro la palazzina.
Perché siccome la vittima era ancora viva in quei primissimi minuti dopo le 20.20, come sostengono in aula le due persone entrate per prime nella palazzina, gli aggressori sarebbero dovuti essere ancora dentro la palazzina all’arrivo dei soccorritori.
Se così fosse, da dove sarebbero dovuti uscire? Noi abbiamo ipotizzato un’uscita da una finestra che da su via Diaz, lontano dal cortile già pieno di curiosi, carabinieri e vigili del fuoco, mentre la difesa punta sul balconcino di casa Castagna, dove è stato trovato del sangue il cui Dna non apparterrebbe né alle vittime né ai presunti aggressori e dove ci sono tracce di sangue calpestato.
Un’ipotesi rinforzata da alcune tracce da spruzzo di sangue della Cherubini trovate dai Ris dentro casa Castagna, a 20 cm da terra, che gli aggressori potrebbero aver lasciato strisciando via dopo aver ucciso la donna protetti dalla coltre di fumo che ha impedito agli aggressori di soccorrere la Cherubini. Da un’impronta di scarpa sporca di sangue trovata a casa sua. Da una ciocca di capelli trovata vicino al cadavere.
E confermata, se non bastasse, da due deposizioni ai carabinieri, dove si riferisce di un gruppo di tre persone (due extracomunitari e un italiano) visti in quei paraggi all’ora del delitto. E sui quali, come sai, non si è indagato a sufficienza.
Gli aggressori, peraltro, stando alla testimonianza di un vicino di casa (che va verificata con un esperimento - chiesto dalla difesa e sul quale si pronuncierà la corte, forse mercoledì…), potevano essere già in casa prima dell’inizio della strage, iniziata alle 8. Il vicino di casa siriano riferisce infatti di aver sentito dei passi “furtivi e rapidi” a casa Castagna già alle 18.30. Orario compatibile con una circostanza bizzarra. La luce a casa Castagna è stata staccata, secondo l’Enel, alle 17.40-17.45. Più di due ore prima la strage. Olindo e Rosa, nelle famose confessioni, si rimpalleranno la paternità del black out fissandolo prima nei minuti immediatamente precedenti la strage, poi nell’orario indicato loro dai pm. Tra un “non saprei”, un “non ricordo” e un “metta ciò che vuole”. Tu chiamale, se vuoi, confessioni.
Ultima domanda: i tempi della giustizia. Per arrivare al primo grado, la Strage di Erba ha impiegato in pratica un paio d’anni, visto che risale al 1° dicembre 2006: ti sembra un arco temporale giusto per un primo grado? Normalmente i tempi in cui si arriva al primo grado di giudizio, per delitti analoghi, sono simili?

È più importante una sentenza giusta di una sentenza frettolosa. Se Olindo e Rosa non avessero cambiato avvocato, probabilmente il loro destino era segnato: rito abbreviato, condanna a 30 anni e addio. Oggi, anche grazie al lavoro dei nuovi legali, hanno concrete possibilità che la loro estraneità ai fatti venga ampiamente dimostrata, se non subito certamente in appello. Ci voglia il tempo che serve. In Italia, purtroppo, ci dobbiamo accontentare.

Sentenza strage di Erba/5

Dall’agenza Ansa.it del 26novembre 2008 ore 20.00

STRAGE ERBA, ERGASTOLO PER I CONIUGI ROMANO
COMO - Ergastolo e isolamento diurno per complessivi tre anni. E' questa la pena inflitta dalla Corte d'Assise di Como a Olindo Romano e Rosa Bazzi, dopo quasi sette ore di camera di consiglio.

E' stata accolta con alcuni secondi di silenzio e poi con qualche applauso la sentenza al processo per la strage di Erba. I parenti delle vittime hanno ascoltato la lettura a testa china. I figli di Valeria Cherubini, la vicina di casa massacrata nell'eccidio, hanno ascoltato tenendosi abbracciati.

ANDREA FRIGERIO, LA PACE E' ANCORA LONTANA
"E' stata fatta giustizia, ma la pace è ancora lontana". Così Andrea Frigerio, figlio di Mario, l'unico sopravvissuto alla strage di Erba, e che nell'eccidio perse la madre Valeria Cherubini, ha commentato la sentenza dei giudici della Corte d'Assise di Como che hanno condannato all'ergastolo Olindo Romano e Rosa Bazzi.

AVV. PACIA, TUTTO SECONDO COPIONE
"Tutto secondo copione, tutto previsto e calcolato". E' stato il primo commento dell'avv. Enzo Pacia, capo del pool difensivo dei coniugi Romano dopo la lettura della sentenza.

"A Como, lo sapevo, non poteva che finire così: sono stati dipinti come dei mostri e mostri dovevano essere". Così ha aggiunto l'avv.Pacia annunciando che la difesa ricorrerà in Appello. "Ci sono tre gradi di giudizio - ha aggiunto - e nella mia carriera ho visto un sacco di volte sentenze di ergastolo completamente capovolte". L'avv.Pacia ha poi aggiunto che è stato lui a consigliare ai suoi assistiti di non essere presenti alla sentenza. "Prevedevo quello che sarebbe successo e ho voluto risparmiare loro questo momento - ha detto -, soprattutto per Rosa che è una persona molto sensibile".

Il processo per la strage di Erba, conclusosi con la condanna all'ergastolo di Olindo Romano e Rosa Bazzi è stato, ad avviso di uno dei loro difensori, Fabio Schembri, un "processo monco in cui i diritti difensivi sono stati compressi". Schembri ha parlato di "sentenza già scritta questa estate". Perché i suoi assistiti non erano presenti? "Perché sapevano di prendere l'ergastolo".




Dall’agenzia Adnkronos/Ign 26 novembre 2008 ore 19.41

Nel dicembre 2006 il massacro di 4 persone in via Diaz
Strage Erba, ergastolo ai coniugi Romano

Per Olindo e Rosa Bazzi previsto anche l'isolamento diurno per tre anni. Il pm: ''L'unica sentenza possibile''. La difesa: ''Era già scritta, ricorreremo in Appello''. Le motivazioni il 24 febbraio prossimo. L'imputato in aula: ''Dispiaciuti per le vittime''

ultimo aggiornamento: 26 novembre, ore 19:41
Como, 26 nov. (Adnkronos/Ign) - Dopo oltre sette ore di camera di consiglio i giudici della Corte d'Assise di Como, presieduta da Alessandro Bianchi, hanno condannato all'ergastolo i coniugi Romano, Olindo e Rosa Bazzi, per la strage di Erba avvenuta l'11 dicembre 2006 con il massacro di quattro persone.

Quel giorno nella corte di via Diaz morirono Raffaella Castagna, suo figlio Youssef di soli due anni, la nonna del piccolo Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Il marito, Mario Frigerio, si salvò solo perché creduto morto.

Ora a distanza di quasi due anni arriva la sentenza per i Romano: il massimo della pena prevista dal nostro ordinamento e anche l'isolamento diurno per tre anni, Una condanna che soddisfa in pieno le richieste dell'accusa. "L'ergastolo era l'unica sentenza possibile" ha commentato a caldo il pm Massimo Astori. "Non ha vinto nessuno se non la giustizia" sono state le parole del procuratore capo di Como, Alessandro Lodolini.

Il pubblico presente nell'aula del Tribunale di Como ha accolto il verdetto con un forte applauso. ''Finalmente i miei cari possono riposare in pace" ha dichiarato Azouz Marzouk. ''Veramente soddisfatto del lavoro del pm e di quanto deciso da giudici" è Carlo Castagna che non vuole parlare di ergastolo: ''E' una parola che mi angoscia''. Preferisce invece parlare di perdono e di fede cristiana: ''E' in quella che ho trovato la forza per me e per i miei figli di sostenerci a vicenda''.

In aula non era presente Mario Frigerio, l'unico sopravvissuto alla strage, ma il suo commento è arrivato dal suo legale Manuel Gabrielli: "E' giusta la condanna all'ergastolo, ora, però, separateli. E speriamo che non escano mai più". Il testimone chiave dell'accusa ha pianto dopo aver saputo della sentenza e si è detto soddisfatto ma avanza un'ultima richiesta, quella di far scontare l'ergastolo alla coppia ''in due carceri separate". Frigerio, che nella strage ha perso la moglie Valeria Cherubini, non se l'è sentita di affrontare dal vivo l'udienza, in aula però c'erano i suoi figli Elena e Andrea. "E' stata fatta giustizia. Ma la pace, per noi, è ancora molto lontana" ha dichiarato il figlio di Frigerio.

La difesa dei Romano, che aveva chiesto l'assoluzione e, in subordine, la perizia psichiatrica, parla però di ''sentenza già scritta'' ed ha annunciato il ricorso in Appello.

Per conoscere le motivazioni bisognerà attendere il 24 febbraio prossimo. Il presidente della Corte Bianchi ha inoltre stabilito le provvisionali per le parti civili: 60.000 euro per Azouz Marzouk, che nella strage ha perso la moglie e il figlio di due anni, 300.000 euro per Mario Frigerio e 100.000 euro ciascuno per i suoi figli, Elena e Andrea. I coniugi Romano dovranno pagare anche le spese legali. I risarcimenti completi saranno invece stabiliti in sede civile.

Oggi in aula Olindo ha ribadito l'innocenza sua e della moglie Rosa esprimendo il loro ''più sincero dispiacere per le persone che sono morte, per i familiari e per le persone che gli vogliono bene''.

Olindo è tornato con la mente al giorno delle confessioni 'estorte'. Era il 10 gennaio 2007 quando ''indotti nella disperazione, confusi, smarriti, soli, ci siamo fidati a vicenda, sbagliando ma ci siamo fidati''. Poi, ha ricordato l'amore per la moglie: ''Io e Rosa ci amiamo come il primo giorno, come il giorno del nostro matrimonio. Io farei qualsiasi cosa per lei e lei lo farebbe per me. Non siamo come ci hanno descritto, siamo esseri umani''. Olindo ha parlato di una ''vita di solitudine e di sofferenza. Come noi soffriamo noi comprendiamo il vostro dolore e la vostra sofferenza'' ha detto rivolgendosi ai familiari delle vittime presenti in aula. La famiglia Castagna, però, non si è trattenuta e insieme al pubblico presente ha urlato 'assassini'.

L'ultima udienza del processo di primo grado si è aperta con un colpo di scena. Un fax dal quale emergono i dubbi di Azouz Marzouk circa le responsabilità degli imputati. Chiamato in aula a spiegare il senso di alcune sue affermazioni, l'uomo però ha chiarito: ''Non ho nessun dubbio che sono stati loro. Sono solo preoccupato per i miei genitori''.

Il fax è stato inviato da un uomo che ha raccolto le dichiarazioni del tunisino durante il tragitto di ritorno, dopo l'ultima udienza, verso il carcere di Vigevano dove è detenuto per spaccio di droga. Marzouk ha riferito che una persona sconosciuta si sarebbe fatta viva con i suoi familiari che vivono in Tunisia sollevando delle perplessità sulla colpevolezza dei Romano. Dubbi anche sulla ricostruzione della strage.

Marzouk ricostruisce la vicenda e chiarisce: ''Sono solo preoccupato per la mia famiglia. Loro non sono innocenti''. Il tunisino ha parlato con i familiari, che vivono in Tunisia nei giorni scorsi. ''Una persona che non conosciamo - gli ha raccontato la madre - dice che quelli non sono i responsabili. Datemi il numero di Azouz che lo contatto io''. Quindi a casa dei suoi si è presentato un tunisino, che non è però del loro paese. L'uomo non avrebbe fornito piste alternative per spiegare la strage, chiedendo il numero di Marzouk senza lasciare il suo. ''Se ho bisogno mi ripresento da solo'', ha affermato lo sconosciuto. L'uomo, però, non si è più fatto vivo.

In aula, il presidente Bianchi, oltre al fax datato 24 novembre, ha letto una relazione compilata ieri da un vicecommissario in cui si sottolinea che ''i dubbi sulla ricostruzione dei fatti e sulla colpevolezza degli imputati si è rafforzata in Azouz nelle ultime settimane e soprattutto dopo la telefonata con i genitori''. Ma il tunisino nega incertezze circa la colpevolezza degli imputati: ''Ho paura solo per i miei genitori, ma gli imputati sono colpevoli. Non ho dubbi''.

La difesa dei coniugi ha definito la notizia 'sconcertante' e di ''capitale importanza''. Da qui la richiesta di ulteriori approfondimenti. Istanza respinta dai giudici. Quello sconosciuto, descritto semplicemente come ''un tunisino'', non è identificabile, spiega il presidente Bianchi. Per il giudice, i dubbi di Azouz sono ''evanescenti e privi di reali spunti investigativi''. Il presidente sottolinea quindi che sono ''impossibili eventuali riscontri istruttori''. Dubbi ''non motivati'' che non hanno reso necessari ulteriori accertamenti.

Il pm Astori, da parte sua, spiega le novità emerse come un tentativo da parte di Marzouk di ''rubare la scena in vista di momenti più plateali e ritardare l'espulsione (prevista per il prossimo 1 gennaio, ndr) che non ha mai digerito''

Sentenza strage di Erba/4

Da Il messaggero.it del 26 novembre 2008
Strage di Erba, ergastolo a Olindo e Rosa
Isolamento diurno per tre anni

COMO (26 novembre) - Ergastolo e isolamento diurno per tre anni. Questa la condanna decisa dai giudici della Corte d'Assise di Como, dopo oltre sei ore di camera di consiglio, per Olindo Romano e Rosa Bazzi, ritenuti responsabili della strage di Erba. Per i coniugi il massimo della pena prevista dal nostro ordinamento, e una condanna che soddisfa appieno le richeste dell'accusa. «L'ergastolo era l'unica stentenza possibile», ha commentato il pubblico ministero. Per la difesa si è trattato invece di una sentenza già scritta: «Ora ricorreremo in appello», fanno sapere.

La difesa aveva chiesto l'assoluzione o una perizia psichiatrica. La Procura aveva chiesto invece l'ergastolo, ritenendo i Romano gli autori dell'uccisione, l'11 dicembre 2006, di Raffaella Castagna e di suo figlio Youssef di 2 anni, della madre della donna Paola Galli, e di una vicina di casa, Valeria Cherubini, nonché del ferimento del marito di quest'ultima, Mario Frigerio, l'unico sopravvissuto alla strage. Proprio la sua testimonianza è stata uno dei punti centrali dell'accusa.

La rivelazione di Azouz. La giornata di oggi è stata caratterizzata dalla rivelazione di Azouz Marzouk: uno sconosciuto avrebbe contattato i suoi genitori raccontandogli che Olindo e Rosa non erano gli assassini. In un fax lo stesso Marzouk avrebbe espresso delle incertezze. In aula Azouz (padre, marito e genero di tre delle quattro vittime della strage), ha però spiegato che il fax era legato alla «preoccupazione» per i suoi genitori per la visita di una persona sconosciuta, e di «non avere dubbi» sul fatto che fossero stati Olindo e Rosa i responsabili del delitto.

Poi aveva di nuovo parlato Olindo, che ancora una volta si è professato innocente con la moglie. «Ribadisco la nostra innocenza. Esprimo il nostro più sincero dispiacere per le persone che sono morte, per i familiari e le persone che gli vogliono bene», ha detto, mentre dalla famiglia Castagna e dal pubblico presente in aula si è levato alto il grido “assassini”.

«Io e Rosa ci amiamo». Olindo ha parlato della sua Rosa: «Io e la Rosa ci amiamo come il primo giorno. Io farei qualsiasi cosa per lei come lei lo farebbe per me. Non siamo come ci hanno descritto, siamo esseri umani». Poi il ricordo della sera della strage, quando «la vita di tante persone è cambiata e anche la nostra». Parla di una vita «di solitudine e sofferenza. Come noi soffriamo, noi comprendiamo il vostro dolore e la vostra sofferenza». Alla fine Olindo torna a parlare di confessioni «estorte dai carabinieri. Eravamo confusi, smarriti, soli, ci siamo fidati a vicenda».

Sentenza strage di Erba/3

Da LaRepubblica.it del 26 novembre 2008

Oltre sei ore di camera di consaiglio, poi la lettura del dispositivo
I legali della coppia: "Era scritto, ma ricorreremo in Appello"
Erba, ergastolo per i Romano
"L'unica sentenza possibile"
Olindo e Rosa non erano presenti in aula. L'avvocato: "Sono provati e sensibili"


COMO - Ergastolo, e tre anni di isolamento diurno. Olindo Romano e Rosa Bazzi sono stati ritenuti colpevoli di aver ucciso, l'11 dicembre del 2006, la vicine di casa Raffaela Castagna e Valeria Cherubini, il piccolo Youssuf, la nonna Paola Galli, di aver attentato alla vita dell'unico superstite di quella che è nota come la strage di Erba, Mario Frigerio. Lo ha deciso la Corte d'Assise di Como dopo oltre sei ore di camera di consiglio e di fronte alla commozione dei parenti delle vittime. I Romano non erano presenti in aula al momento della lettura della sentenza. Che ha accolto le richieste del pm.

Si è concluso così il processo di primo grado alla coppia di coniugi. L'impianto accusatorio messo in piedi dai pm Mariano Fadda e Massimo Astori, una lunga lista di testimoni (157 per la difesa, 53 per l'accusa, 30 per le parti civili), le intercettazioni ambientali e il racconto del superstite sono stati gli strumenti con i quali, dal 29 gennaio scorso, i giudici hanno ricostruito la tragedia. "Era l'unica sentenza possibile", ha commentato il pm.

I legali della coppia non nascondono la rabbia. "Era una sentenza già scritta - commenta l'avvocato Enzo Pacia - Como non era la sede giudiziaria migliore per questo processo, non poteva che finire così: sono stati dipinti come dei mostri e mostri dovevano essere". E annuncia il ricorso in Appello: "Ci sono tre gradi di giudizio, nella mia carriera ho visto un sacco di volte sentenze di ergastolo completamente capovolte".


La sentenza fissa anche le provvisionali di risarcimento alle parti civili. Quella più consistente a Mario Frigerio, l'unico scampato alla strage e supertestimone contro i due coniugi. Per lui 300 mila euro, 20 mila in meno rispetto a quanto chiesto dall'avvocato Manuel Gabrielli. Sessantamila euro, invece, ad Azouz Marzouk, e 10 mila euro a testa per i suoi genitori. Diecimila euro ciascuno ai figli di Frigerio, Elena e Andrea. Fissati anche i risarcimenti delle spese legali sostenute dalle parti civili: 11 mila euro per Azouz, 10 mila per i suoi genitori, 40 mila per la famiglia Frigerio, 25 mila per la famiglia Castagna.

La giornata si era aperta con un colpo di scena. Azouz Marzouk aveva rivelato che uno sconosciuto avrebbe confidato ai suoi genitori che Olindo e Rosa non sono gli assassini. Una rivelazione alla quale, tuttavia, i giudici non hanno dato troppo peso. La difesa avrebbe voluto approfondire la testimonianza, ma dopo una breve camera di consiglio la richiesta è stata respinto la richiesta. Poi, aveva di nuovo parlato Olindo. Che aveva espresso "il nostro più sincero dolore per le persone che sono morte", ribadendo: "Ma noi non siamo colpevoli". E ancora una volta le sue parole accolte dal pubblico in aula nello stesso modo: "Vergogna", "Assassini".

(26 novembre 2008)

Sentenza strage di Erba /2

DA CORRIERE DELLA SERA.IT DEL 26 NOVEMBRE 2008

AZOUZ: «ORA I MIEI CARI POSSONO RIPOSARE IN PACE». LA DIEFESA: RICORREREMO IN APPELLO
Erba, ergastolo per Rosa e Olindo
La sentenza della Corte d'Assise di Como sulla strage del 2006: carcere a vita e isolamento diurno per 3 anni

COMO - Rosa Bazzi e Olindo Romano sono stati condannati all'ergastolo e all'isolamento diurno per tre anni. Dopo 23 udienze, 100 testimoni e sette ore di Camera di consiglio, i giudici della Corte d'Assise di Como hanno riconosciuto i coniugi di Erba colpevoli della strage dell’11 dicembre del 2006. Secondo il collegio giudicante, presieduto da Alessandro Bianchi, Rosa Bazzi e Olindo Romano sono dunque responsabili dell’omicidio di Raffella Castagna, di suo figlio Youssef Marzouk, di sua madre Paola Galli Castagna e della vicina di casa, Valeria Cherubini, nonchè del tentato omicidio di Mario Frigerio.

«ORA I MIEI CARI POSSONO RIPOSARE IN PACE» - La sentenza di primo grado al processo per la strage di Erba (sentenza che soddisfa in pieno le richeste dell'accusa) è stata accolta con alcuni secondi di silenzio e poi con qualche applauso in aula. Gli imputati erano assenti, i parenti delle vittime hanno ascoltato la lettura a testa china. «Era l'unica sentenza possibile, se questo processo si fosse anche svolto di fronte ad altre, diverse cento Corti d'Assise il risultato sarebbe stato lo stesso» ha detto il pm Massimo Astori. «Finalmente i miei cari possono riposare in pace» è stato il primo commento di Azouz Marzouk, che a stento ha trattenuto le lacrime. E non ha nascosto il suo profondo dolore Andrea Frigerio, figlio di Mario, l'unico sopravvissuto alla strage di Erba, e che nell'eccidio perse la madre Valeria Cherubini: «È stata fatta giustizia - ha detto - ma la pace è ancora lontana».
«VOLEVAMO GIUSTIZIA, NON VENDETTA» - «Volevamo una pena giusta commisurata a quello che hanno fatto, non abbiamo mai cercato vendetta» ha detto Carlo Castagna, che nella strage dell'11 dicembre del 2006 ha perso la moglie, la figlia e il nipotino. «La parola ergastolo mi angoscia ma giustizia è fatta. Penso che due anni fa in questo periodo - ha aggiunto - stavamo preparando la festa di Natale, poi il nostro mondo è completamente crollato». Castagna ha aggiunto che durante questi lunghi mesi di udienza, i momenti più brutti sono stati il sentire e risentire il racconto delle drammatiche fasi degli omicidi, dalle testimonianze di chi era intervenuto ai particolari anatomici. «Ma l'aspetto forse più difficile da sopportare - ha aggiunto - è stato vedere l'atteggiamento di Rosa e Olindo che si sono sempre comportati come se fossero lì per caso e alla fine hanno provato anche a parlare di condoglianze».
«TUTTO SECONDO COPIONE» - La difesa dei coniugi Romano ha parlato di «diritti difensivi compressi», annunciando che ricorrerà in appello contro la sentenza. «Tutto secondo copione, tutto previsto e calcolato» è stato il primo commento dell'avvocato Enzo Pacia, capo del pool difensivo di Rosa e Olindo. «A Como, lo sapevo, non poteva che finire così: sono stati dipinti come dei mostri e mostri dovevano essere»ì ha aggiunto. «Ci sono tre gradi di giudizio - ha poi spiegato il legale - e nella mia carriera ho visto un sacco di volte sentenze di ergastolo completamente capovolte». Proprio Pacia ha consigliato ai Romano di non assistere alla lettura della sentenza. «Prevedevo quello che sarebbe successo e ho voluto risparmiare loro questo momento - ha detto -, soprattutto per Rosa che è una persona molto sensibile».
SUBITO 500MILA EURO AI FRIGERIO - La Corte d’Assise di Como, oltre a condannarli all'ergastolo, ha previsto che i coniugi risarciscano, a titolo provvisorio, 300mila euro a Mario Frigerio, unico sopravvissuto alla mattanza, e 100mila euro a testa ai figli Elena e Andrea come provvisionale. I giudici hanno stabilito anche un risarcimento immediato, sempre a titolo provvisionale, di 60mila euro a Azouz Marzouk e di 10mila euro ciascuno ai suoi genitori, residenti in Tunisia.

Azouz Marzouk (LaPresse)
IL FAX - L'ultima udienza si era aperta con un colpo di scena. Il pubblico ministero, Massimo Astori, ha riferito di un fax proveniente dalla Casa circondariale di Vigevano, dove è detenuto Azouz Marzouk. Il documento rende noto un colloquio della parte lesa con la Polizia penitenziaria nel quale Marzouk avrebbe espresso la volontà di manifestare i propri «dubbi» sulla ricostruzione dei fatti. La circostanza è frutto, secondo il fax, della visita di uno sconosciuto ai familiari di Marzouk in Tunisia durante la quale questa persona avrebbe detto che i responsabili non sono gli attuali imputati.



IN AULA - Chiamato in aula, Marzouk ha precisato di non avere dubbi sulla colpevolezza di Olindo Romano e Rosa Bazzi, ma ha confermato la visita dello sconosciuto alla sua famiglia. «Sono solo preoccupato per i miei genitori - ha detto il tunisino. - Ho chiesto al mio avvocato di andare da loro per tranquillizzarli. Mia mamma mi ha detto al telefono di avere paura».
«AZOUZ VUOLE RITARDARE L'ESPULSIONE» - Il sospetto del pm, però, è che Azouz voglia «ritardare l'espulsione»». È stato proprio Astori ad arrestare Azouz per spaccio di droga. Un'accusa che gli costa 13 mesi di carcere e l'espulsione, prevista il primo gennaio prossimo. Le dichiarazioni del tunisino non cambiano le carte in tavola, secondo l'accusa. La persona che avrebbe parlato con i suoi genitori «non è identificato né identificabile - ha spiegato Astori - Le sue parole non portano nessun contributo probatorio, insinua i dubbi ma non fornisce una versione alternativa».
OLINDO - Poi, in aula, ha parlato Olindo Romano. «Ribadisco la nostra innocenza, e vorrei esprimere con Rosa il nostro sincero dispiacere per le persone che sono morte e per i loro familiari» ha dichiarato. A quel punto, Carlo Castagna, padre, marito e nonno di tre delle vittime, ha urlato: «Vergogna, assassini». I suoi due figli hanno aggiunto: «Basta!».

Sentenza strage di Erba: come la notizia è stata divulgata dalle principali testate giornalistiche online

La notizia del giorno è quella relativa alla sentenza per la strage di Erba a carico dei due imputati Olindo Romano e Rosa Bazzi.
Intendo condividere gli articoli pubblicati online dalle principali testate giornalistiche ed agenzia di stampa, aggiungendo una voce controcorrente un'intervista riportata su Crimeblog.it, successivamente analizzeremo gli articoli per trarne strumenti di informazione utili a costruire un'opinione personale, attenuando il condizionamento mediatico.


Da La stampa.it
26/11/2008 (18:11) - IL PROCESSO
Strage Erba: ergastolo e isolamento per Olindo e Rosa


Lo sfogo di Azouz: «Ora i miei
cari possono riposare in pace»
Castagna: giustizia è stata fatta
COMO
Ergastolo e isolamento diurno per complessivi tre anni. È questa la pena inflitta dalla Corte d’Assise di Como a Olindo Romano e Rosa Bazzi, dopo quasi sette ore di camera di consiglio.

«Tutto secondo copione, tutto previsto e calcolato» è stato il primo commento dell’avv. Enzo Pacia, capo del pool difensivo dei coniugi Romano dopo la lettura della sentenza.

«È stato coronato il lavoro di una equipe di ottimi magistrati che ha lavorato giorno e notte a queste indagini» è il commento del procuratore di Como, Alessandro Maria Lodolini, alla sentenza con la quale i giudici della Corte d’Assise di Como hanno condannato all’ergastolo e a 3 anni di isolamento diurno Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba. «I giudici ci hanno dato ragione - ha concluso Lodolino -: credo non abbia vinto nessuno se non la giustizia».

La Corte d’Assise di Como ha accolto integralmente le richieste del pm Massimo Astori. Al momento della sentenza, Olindo Romano e Rosa Bazzi non erano presenti nella gabbia dalla quale avevano assistito a tutte le udienze, fino a stamani.

Il processo di primo grado per la strage di Erba si è concluso dopo oltre sette ore di Camera di consiglio che si è tenuta al termine dell’ultima delle 23 udienza. Il procedimento è iniziato il 29 gennaio 2007 con l’ascolto di oltre 100 testimoni tra i quali l’unico sopravvissuto alla mattanza, Mario Frigerio.

L’uomo, davanti ai giudici, ha riconosciuto in Olindo il suo aggressore. Altri punti di forza della difesa sono stati probabilmente la macchia di sangue sull’auto degli imputati e la loro doppia confessione, poi ritrattata, che i difensori hanno cercato inutilmente di screditare.

Allo stesso modo gli imputati, nel corso di diverse dichiarazioni spontanee, hanno detto di essere estranei ai fatti e di essere stati indotti a confessare dalle pressioni degli inquirenti anche se la parola «innocenti» Olindo l’ha pronunciata solo stamane prima che la corte si ritirasse per decidere.

Carlo Castagna, padre, marito e nonno di tre delle quattro vittime della strage di Erba, ha accolto la condanna all’ergastolo di Olindo Romano e Rosa Bazzi dicendo: «Con molta fatica siamo riusciti ad ottenere la giustizia che aspettavamo». «C’è molta commozione - ha continuato - ci aspettavamo che la relazione del pubblico ministero fosse accolta in toto dai giudizi. Sono veramente soddisfatto dal lavoro svolto».

Azouz Marzouk, marito e padre di due delle vittime, ha invece commentato così la sentenza: «Sono commosso. Finalmente i miei cari possono riposare in pace».

Intanto però, Fabio Schembri, uno dei legali di Olindo e Rosa Bazzi annuncia l’intenzione di presentare appello contro la sentenza dei giudici d’Assise di Como. «Prima di dare un ergastolo - dice l’avvocato - bisognava approfondire la tematica introdotta stamattina da Marzouk; ho massimo rispetto per questa sentenza, come per tutte le sentenze, ma ritengo ci sia ancora spazio per una difesa. Continueremo a sostenere l’innocenza di Olindo e Rosa».

domenica 23 novembre 2008

30 stragi in famiglia all'anno in Italia, 10 milioni le armi legali nel Paese

L'EURISPES: 10 MILIONI LE ARMI LEGALI PRESENTI IN ITALIA
In Italia 30 stragi in famiglia all'anno

Il criminologo: «Sempre presenti tre componenti: bassa tolleranza allo stress, stato depressivo intenso e narcisismo»
ROMA - Si chiamano «family mass murder» assassini di massa familiari, come li definiscono i profiler dell'Fbi e in Italia agiscono in una trentina di casi ogni anno. La statistica è del professor Vincenzo Mastronardi, criminologo dell'università di Roma «La Sapienza» in riferimento alla strage di Verona.
LE CARATTERISTICHE - «Hanno alcune determinate caratteristiche che li identificano - spiega all'Agi Mastronardi - se sono adulti si suicidano sempre, se sono invece adolescenti (vedi Erika e Omar) non si suicidano. E sempre presente una miscela esplosiva di tre componenti: bassa tolleranza allo stress, stato depressivo intenso e narcisismo particolarmente accentuato, del tipo «a me non la si fa, muoia Sansone con tutti i Filistei». «Dal 1900 ad oggi ne abbiamo contati una trentina l'anno senza alcun aumento - sottolinea il criminologo - l'identikit è generico senza attinenze con le condizioni culturali. «Le motivazioni scatenanti - dice Mastronardi - sono economiche e quelle relative al dissesto affettivo, come ad esempio i figli, dilaniati tra un affetto e l'altro. Il possesso dell'arma da fuoco comunque è una tentazione, quindi meno armi in circolazione ci sono meno si offrono gli strumenti in quanto altri tipi di arma non permettono queste stragi».

ITALIANI SEMPRE PIU' ARMATI - Al di là delle stragi all'interno delle famiglie, un dato che emerge è che, dietro alla percezione di "insicurezza", diffusa e quasi incontrollabile, in questi anni ha fatto lievitare anche il numero di italiani che posseggono almeno un’arma corta per l’autodifesa personale. Dai dati recenti di Eurispes, riferiti al 2008, in Italia c’è un vero e proprio arsenale bellico "parallelo": sono infatti circa 10 milioni le armi legali presenti in Italia, con almeno quattro milioni di famiglie "armate", cioè in possesso di almeno una pistola. Sono 34mila i privati che posseggono un porto d’armi, ai quali si sommano le oltre 50mila guardie giurate, i circa 800mila cacciatori con licenza per abilitazione all’esercizio venatorio e i 178mila permessi per uso sportivo (tiro a volo o tiro a segno). Altri 3 milioni di italiani hanno denunciato, invece, la presenza di armi in casa, ereditate o inservibili.

LA PRODUZIONE DI ARMI - Sempre secondo le stime Eurispes ogni anno in Italia si producono 629.152 armi, con una proporzione di detenzione di un’arma ogni dieci persone. Un giro d’affari con cifre che sfiorano i 2 miliardi di euro tra produzione e indotto (abbigliamento, oggettistica, accessori). Una fabbricazione che raggiunge percentuali significative: le armi lunghe prodotte coprono il 70% dell’offerta europea, per le armi corte la percentuale scende al 20%; un business, dunque, quello italiano tra tradizione e tecnologia, con un considerevole epicentro a Brescia, dove l’incidenza percentuale di produzione nazionale in quest’area - che raccoglie 143 imprese del settore armieristico - sfiora addirittura il 90%. Sono cifre, quelle sopra esposte, dalle quali si evince soprattutto la percezione del senso di insicurezza collettiva che dilaga nel nostro Paese. È forse proprio a causa del generale clima di insicurezza (percepita) che i cittadini avvertono l’esigenza di munirsi di un’arma propria, da tenere in casa, un’arma che rappresenti una tutela.

Dal Corriere della Sera.it
21 novembre 2008

Uccide la moglie e i tre figli, poi si spara

LA DONNA HA CERCATO DI PROTEGGERSI CON UN BRACCIO MA UN COLPO L'HA RAGGIUNTA ALLA TESTA
Uccide la moglie e i tre figli, poi si spara
L'uomo è un commercialista, la donna avvocato. I bambini erano in pigiama, uno giocava con i soldatini


VERONA - Un uomo di 43 anni ha ucciso la moglie (coetanea), i tre figli (di 9, 6 e 3 anni) e poi si è suicidato. È accaduto giovedì sera a Verona, nella zona di San Felice Extra. L'uomo era un noto commercialista della città, la moglie era avvocato. «La scientifica è sul posto per compiere tutti i rilievi e accertare la dinamica dei fatti. E verificare se è stato lui a compiere la strage» ha detto un addetto stampa della questura veronese. Le vittime sono Alessandro Mariacci, la moglie Maria Riccarda Carrara Bottagisio, e i loro tre figli maschi di 3, 6 e 9 anni. La famiglia da poco si era trasferita a San Felice Extra: viveva in una porzione di una casa colonica, ristrutturata, con una corte privata. Nella casa non è stato trovato finora alcun biglietto che possa aiutare a comprendere le ragioni della strage. I vicini ricordano i cinque come una famiglia modello.
LA RICOSTRUZIONE - Una delle ipotesi della polizia di Verona, che segue le indagini sul caso, è che la strage sia da collocarsi presumibilmente tra le 22.30 e le 23 di giovedì sera. Qualche vicino di casa avrebbe riferito agli investigatori di aver sentito intorno a quell'ora dei colpi secchi, ma non di averci fatto particolarmente caso. Le vittime erano vestite con abiti usati solitamente quando si sta in casa. I bambini, secondo quanto si è appreso, erano in pigiama. Filippo (9 anni) e Nicolò (6) sarebbero stati uccisi dal padre mentre dormivano nella loro cameretta. Alessandro Mariacci avrebbe dapprima ucciso la moglie Maria Riccarda Carrara Bottagisio e il figlio più piccolo, Jacopo (di soli 3 anni), probabilmente intento a giocare con dei soldatini trovati vicino al suo corpo nella taverna di casa, accanto a quello della mamma. Tutte le vittime presentano un colpo alla fronte, la donna anche un colpo a un braccio. Elemento questo da cui gli inquirenti deducono che la donna ha probabilmente tentato una difesa disperata: il suo cadavere è stato infatti trovato sul divano della taverna con il braccio alzato. Dopo aver ucciso la moglie e i figli, l'uomo si sarebbe infine sparato un colpo alla tempia nella camera da letto matrimoniale.
IL RITROVAMENTO - A trovare i corpi è stata la donna delle pulizie entrando in casa. Dopo aver aperto la porta dell'abitazione con le chiavi di cui è in possesso, ha trovato in taverna la donna e un bambino riversi sul pavimento. Sul letto, accanto al cadavere dell'uomo, sono state trovate due pistole semiautomatiche, una delle quali con il cane alzato. Non è escluso che l'omicida-suicida le abbia usate entrambe.

«QUALCOSA PUO' AVERLO SCONVOLTO»
- Un collega di Mariacci lo descrive come un uomo «di grande equilibrio, solare». «Nessuno - aggiunge il collega, che vuole mantenere l'anonimato - si sarebbe mai potuto immaginare, conoscendolo, una cosa del genere». Il collega formula un'ipotesi: cioè che «qualcosa possa aver sconvolto Mariacci e che per questo lui abbia temuto per la sua famiglia». Secondo gli investigatori, il professionista non avrebbe avuto problemi evidenti di salute, né fisici né psichici. Sembra esclusa, per ora, l'ipotesi passionale. Dai colleghi del commercialista gli investigatori stanno cercando di capire se le ragioni della strage possano essere riconducibili a un eventuale dissesto finanziario.

Dal Corrieredella sera.it

21 novembre 2008(ultima modifica: 23 novembre 2008)

Delitti in famiglia, un omicidio su tre avviene tra le mura domestiche :Rapporto Eures

Esploriamo la statistica dei delitti cosiddetti di prossimità, cioè quelli che avvengono al'interno delle mura domestiche o fra persone che hanno legami di parentela o conoscenza

IL RAPPORTO EURES

Nel Sud Italia primo posto agli omicidi compiuti dalla criminalità

Fenomeno in aumento soprattutto
nel Nord Italia: primato in Lombardia
ROMA
La tragedia di Verona, dove un uomo ha ucciso la moglie e i tre figli e poi si è tolto la vita, conferma il primato dei delitti in famiglia nelle statistiche degli omicidi volontari compiuti in Italia.
Secondo il rapporto Eures 2007, presentato a gennaio 2008 a Roma e relativo all’anno 2006, i delitti compiuti tra le mura domestiche e all’interno dello stesso nucleo familiare sono infatti al primo posto con il 31,7% del totale nazionale, con 195 casi registrati su un totale di 621 nel 2006.
Il fenomeno è in netto aumento (+12,1% "solo" 174 casi nel 2005) e continua a caratterizzare principalmente il Nord (94 vittime, pari al 48,2%), seguito dal Sud (62 vittime, 31,8%) e dal Centro (39 vittime, 20%).

Nel Sud al primo posto ci sono gli omicidi compiuti dalla criminalità organizzata (44,6%), mentre i delitti in famiglia si attestano al 19,2% (62 casi nel 2006).
La Lombardia conserva anche per il 2006 il triste primato dei delitti in famiglia , pur registrando un leggero calo rispetto al 2005 (da 34 a 30), seguita da Veneto (22) e Campania (18). Nella graduatoria provinciale Milano si piazza al primo posto con 15 vittime, seguita da Roma (10), Siracusa (7), Napoli e Verona (6).
Le vittime più frequenti sono le donne (134 nel 2006, +36,7% rispetto alle 98 del 2005), pari al 68,7% delle vittime degli omicidi familiari.
Gli uomini, con 61 vittime rappresentano il 31,3%. Molto consistente si conferma il numero di vittime in famiglia ultrasessantenni (38 casi nel 2006, pari al 19,5% del totale), la cui dinamica prevalente è quella dell’omicidio interno alla coppia, spesso seguito dal suicidio dell’autore.

La "coppia affettiva" mantiene anche nel 2006 il primato nei delitti compiuti in famiglia, con 103 vittime complessive, pari al 52,8%. Tra questi è nel rapporto coniugale che si conta la percentuale più elevata (70 casi, pari al 35,9% degli omicidi familiari), seguito dai delitti in cui le vittime sono ex coniugi o ex conviventi dell’autore (26, pari al 13,3%) e dagli omicidi maturati all’interno di relazioni non formalizzate (7 vittime).
Il secondo ’gruppò di omicidi familiari riguarda la relazione genitori/figli (23,6%) con 21 genitori uccisi dai figli e 23 figlicidi.
Il terzo gruppo riguarda le altre relazioni di parentela (35 vittime nel 2006, pari al 18%), tra le quali il dato di maggior interesse riguarda i fratricidi (10 vittime, pari al 5,1% degli omicidi in famiglia).
L’analisi dei moventi dei delitti familiari rileva una prevalenza degli omicidi derivanti da liti e dissapori (24,6%). Al secondo posto l’omicidio passionale che, anche nel 2006, si caratterizza come un fenomeno diffuso prevalentemente al Nord (28,7% dei casi, seguito dal Sud con il 19,4% e dal Centro con il 7,7%). Sul fronte opposto gli omicidi per motivi di interesse/denaro continuano a essere prevalenti al Sud (16,1%, a fronte del 5,3% del Nord e il 2,6% del Centro).

Da La stampa.it del 21/11/2008

Percezione criminalità in Italia: rapporto Demos

Da La Repubblica.it del 22/11/2008 un' interessante ed aggiornata visione della percezione della criminalità nel nostro Paese.
l'articolo è firmato da Vladimiro Polchi


Rapporto Demos: trascorse le elezioni, ecco le nuove angosce
I più insicuri? Le donne del Sud teledipendenti. Meno timori legati all'immigrazione


Criminalità, l'Italia cambia idea
dopo un anno non fa più paura


ROMA - La grande paura? Archiviata: oggi l'Italia sembra risvegliarsi da un incubo e sentirsi più sicura. Il nemico numero uno? Non più il criminale comune, bensì la crisi economica. Cambiano, infatti, le paure: più della malavita oggi si teme la disoccupazione. Non solo. Rispetto a un anno fa, cala la diffidenza verso gli immigrati. Cresce però la sicurezza fai da te: il 7% degli italiani ha già acquistato un'arma. Insomma, "se prima eravamo terrorizzati ? spiega il sociologo Ilvo Diamanti ? oggi siamo solo impauriti". Il merito? Della tv.

Dopo aver fomentato l'allarme criminalità tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008, oggi i tg nazionali hanno ridotto spazio ed enfasi sull'emergenza sicurezza.
A fotografare le nostre angosce è il secondo rapporto Demos, curato da Diamanti per la Fondazione Unipolis, in collaborazione con l'Osservatorio di Pavia. Cosa emerge? Un Paese sostanzialmente cambiato.

Nel 2008 diminuisce il numero di italiani che ritiene cresciuta la criminalità: è l'81,6%, contro l'88% del 2007. Ci si sente dunque un po' più sicuri, soprattutto, a casa propria. Meno del 40% degli intervistati percepisce infatti un aumento dei reati nella propria zona di residenza (un anno fa era più della metà e, a maggio scorso, oltre il 53%). Il timore più diffuso? Resta quello di subire un furto in casa (20,7% degli intervistati), seguito dalla paura di incappare in una truffa del bancomat o carta di credito (19%).

Crolla invece il timore di un'aggressione o rapina (13,4% nel novembre 2008, rispetto al 18,7% di un anno fa). Non solo. Sempre meno sono gli italiani che ritengono gli immigrati un pericolo (calati del 14% in un anno).

Ma chi ha più paura per la propria incolumità fisica? Le donne (43%), con un livello d'istruzione medio-basso (38%), residenti nel Mezzogiorno (41%) e teledipendenti (stanno davanti alla tv più di quattro ore al giorno). A essere più allarmati, poi, sono gli elettori del centrodestra, Udc e Italia dei Valori, meno quelli del Pd e della Sinistra Arcobaleno. Pur sentendosi più sicuri, otto italiani su dieci chiedono comunque più polizia per le strade. Resta poi la tentazione di difendersi da soli: il 7% ha già comprato un'arma, il 44% si è blindato in casa, il 35% ha stipulato un'assicurazione sulla vita.


La paura non solo diminuisce, ma cambia anche direzione. "La crisi economica - sostiene Diamanti - è stata in gran parte assorbita nel 2007, eppure ora la paura è pronta a ripartire su alcuni fronti". La disoccupazione, innanzitutto: oggi allarma il 34.4% degli italiani (erano il 29,6% un anno fa). La crisi delle borse e delle banche è invece una vera "new entry": preoccupa quasi il 39% del campione. In testa poi restano le "paure globali": distruzione dell'ambiente (58,5%), futuro dei figli (46,5%), sicurezza dei cibi (43%).

L'indagine Demos esplora anche altre paure-tipo. E così, il rischio di incorrere in un infortunio sul lavoro preoccupa "frequentemente" il 10,4% della popolazione (oltre il 20% degli operai). Aumenta poi il numero di quanti credono che la sicurezza in fabbrica sia diminuita (il 47%). E ancora: la paura di essere vittima di un incidente sulla strada accomuna tre intervistati su dieci. I più spavaldi? Proprio i soggetti più a rischio: giovani tra i 15 e i 24 anni.

sabato 22 novembre 2008

Analisi comparata dei Dna database in U.S.A e in U.K. con l'Italia

Gli articoli dai giornali online americani e i documenti ufficiali dell'Home Office del Regno Unito e dei Servizi di laboratorio dell'Fbi tracciano una situzione molto dettagliata e promettente di sviluppi nel futuro, anche nella direzione di Dna database continentali, ad esempio dell'Unione Europea, con comunicazione delle banche dati nazionali con un sistema centrale europeo, per combattere il crimine sempre caratterizzato da transnazionalità soprattutto se pensiamo ai reati di terrorismo.
In Gran Bretagna, Regno unito, la popolazione di cui si possiede il profilo genetico ammonta al 5.2% degli abitanti di tutta la nazione, il Dna database inglese conteneva nel 2005 oltre 3,4 milioni di profili genetici, diventando la più vasta esistente, contro lo 0,5% della popolazione degli Usa di cui si possiede un profilo.
Si moltiplicano le applicazioni del Dna database: non soltanto per individuare gli autori di reati, ma anche per riconoscere cadaveri o resti umani di sconosciuti, oppure per indentificare le vittime di catastrofi naturali come uragani, terremoti o incidenti aerei o navali. E' utillizzato anche per cercare persone scomparse.

In Italia era prevista l'istituzione della banca dati del Dna all'interno del pacchetto sicurezza varato dal governo, ma per resistenze è stato stralciata e per il momento congelata.
L'esperienza degli altri Paesi dovrebbe far riflettere: se intendiamo combattere il crimine con sempre più forza ed efficienza occorre fornire gli strumenti, anche scientifici, adeguati. In caso contrario affronteremo la lotta all'illegalità e al crimine con armi "spuntate".

CODIS: il Dna database dell'Fbi, U.S Department of Justice

Il documento ufficiale in formato testo del Codis il Dna database utilizzato nei laboratori dell'Fbi.


U.S. Department of Justice
Federal Bureau of Investigation

CODIS Combined DNA Index System

The FBI Laboratory’s Combined DNA Index System (CODIS) blends forensic science and computer technology into an effective tool for solving crime.

CODIS
The FBI Laboratory’s Combined DNA Index System (CODIS) began as a pilot software project in 1990 serving 14 state and local laboratories. The DNA Identification Act of 1994 formalized the FBI’s authority to establish a National DNA Index System (NDIS) for law enforcement purposes. Today, over 170 public law enforcement laboratories participate in NDIS across the United States. Internationally, more than 40 law enforcement laboratories in over 25 countries use the CODIS software for their own database initiatives.

Crime
CODIS generates investigative leads in cases where biological evidence is recovered from the crime scene. Matches made among profiles in the Forensic Index can link crime scenes together; possibly identifying serial offenders. Based upon a match, police from multiple jurisdictions can coordinate their respective investigations and share the leads they developed independently. Matches made between the Forensic and Offender Indexes provide investigators with the identity of a suspect perpetrator(s). Since names and other personally identifiable information are not stored at NDIS, qualified DNA analysts in the laboratories sharing matching profiles contact each other to confirm the candidate match.

Several Indexes Categorize the Profiles Entered into CODIS

Convicted Offender
contains profiles of individuals convicted of a crime

Forensic
contains DNA profiles developed from crime scene evidence such as semen stain or blood.

Arrestees
contains profiles of arrested persons (if state law permits the collection of arrestee samples).

Missing Persons
contains DNA reference profiles from missing persons.

Unidentified Human Remains
contains DNA profiles developed from unidentified human remains.

Biological Relatives of Missing Persons
contains DNA profiles voluntarily contributed from relatives of missing persons.

Nuclear DNA
Nuclear DNA is found in the nucleus of the cell. It is inherited from both the mother and the father. Nuclear DNA analysis targets areas of the nuclear DNA called Short Tandem Repeats (STRs) for entry into CODIS. Nuclear DNA can be found in samples from blood, semen, bones, cigarette butts, shirt collars, hats, weapons, bottles and envelopes, etc. CODIS allows for the entry of 13 core STR loci into the indexes based on specimen categories.

mtDNA
Mitochondrial DNA (mtDNA) is found in the mitochondria of the cell. It is inherited only from the mother. Mitochondrial DNA is generally extracted from biological items of evidence such as hair, bones and teeth. Typically, these samples contain low concentrations of degraded DNA, often making them unsuitable for nuclear DNA examinations. The aspect of maternal inheritance is useful in missing persons cases where direct DNA reference samples are often not available, but since multiple individuals can have the same mtDNA type, unique identifications are not possible using only mtDNA analyses. CODIS allows for the entry of mtDNA only in the Missing Persons related indexes.

Missing Persons

In 2000, the FBI Laboratory began developing the National Missing Person DNA Database (NMPDD) program for the identification of missing and unidentified persons.

Both mtDNA and STR profiles can be entered into the missing persons indexes of CODIS. Efforts to enhance kinship analysis for missing persons data is a top priority of the CODIS Program. Once fully implemented, the enhancements will provide investigators with a powerful tool in the identification of mission and unidentified persons on a national level.
NMPDD uses 3 Indexes in NDIS to enter DNA profiles that can be searched against each other

Unidentified Human Remains
Missing Persons
Biological Relatives of Missing Persons

The Future
Through the combination of increased Federal funding and expanded database laws, such as the DNA Fingerprint Act of 2005, the number of profiles in NDIS has and will continue to dramatically increase resulting in a need to re-architect the CODIS software. A considerable focus during this time will be to enhance kinship analysis software for use in the identification of missing persons. The next generation of CODIS will utilize STR and mtDNA information as well as the meta data (such as sex, date of last sighting, age etc.) to help in the identification of missing persons. The re-architecture will also enable CODIS to include additional DNA technologies such a Y Short Tandem Repeat (Y-STR) and mini-Short Tandem Repeat (miniSTR).

The FBI Laboratory is committed to the support of the CODIS program. With the continued cooperation and collaboration of legislative bodies and all components of the criminal justice community – law enforcement, crime laboratories, victims, prosecutors and the judiciary – the future of DNA, CODIS and NDIS holds even greater promise to solve crime and identify missing persons.


CODIS Architecture

NDIS (National DNA Index System) is the highest level in the CODIS hierarchy, and enables the laboratories participating in the program to exchange and compare DNA profiles on the national level.

SDIS (State DNA Index System) allows laboratories within states to exchange DNA profiles.

LDIS (Local DNA Index System) AllDNA profiles originate at the LDIS, and then flow to SDIS and NDIS.

fonte:
www.fbi.gov/lab/

venerdì 21 novembre 2008

Come la scienza combatte il crimine nel Regno Unito


Using science to fight crime


Science and technology are vital tools in the fight against crime. Our policies are directly influenced by advances in science and technology.
Forensic science (or forensics) is the use of scientific knowledge to investigate, either to solve a crime, or for some other legal reason. Forensics may be used by pathologists to determine cause of death, for example, or by police to match a crime to a criminal.

Forensic science often involves using DNA. DNA is the genetic code found in every cell in our bodies. Each person’s DNA is unique and it can therefore be used to help identify people.

The national DNA database
DNA derived from samples taken from crime scenes or from individuals held in police custody can be searched against the records held in the national DNA database (new window) . This use of DNA technology has made a significant contribution in detecting serious crime, a DNA match on the database can:
• suggest the possible identity of an offender
• help solve ‘cold cases’ – unsolved crimes which occurred years ago
• help catch serious offenders when they are picked up for a minor offence and their DNA is matched to samples already held on the database
• eliminate individuals from suspicion when their DNA does not match with that found at a crime scene

Working together
Technological advances made by the Home Office Scientific Development Branch (new window) have contributed to the development of:
• more effective methods for detecting fingerprints at crime scenes
• specialist equipment to assist the police in covert surveillance operations
• improved systems to scan for drugs, weapons and explosives
• lighter body armour to protect police officers
The expansion and development of the national DNA database (new window) has made a significant contribution in detecting serious crime.

Forensic science and the Home Office
We liaise with the Forensic Science Service, Research Councils, and the forensic science and pathology communities. The Forensic pathology unit in the Home Office oversees the provision of forensic pathology services in England and Wales . We publish documents for Forensic pathologists and are currently developing national competencies and standards for pathologists to adhere to.

fonte:
www.homeoffice.gov.uk/science-research/using-science/dna-database/ click su link a sinistra:using science to fight crime

Regno Unito: il più vasto Dna database esistente

The national DNA database


The national DNA database is a key police intelligence tool that helps to:
• quickly identify offenders
• make earlier arrests
• secure more convictions
• provide critical investigative leads for police investigations
DNA samples obtained for analysis from the collection of DNA at crime scenes and from samples taken from individuals in police custody can be held in the national DNA database.

The UK’s database is the largest of any country: 5.2% of the UK population is on the database compared with 0.5% in the USA.
The database has expanded significantly over the last five years. By the end of 2005 over 3.4 million DNA profiles were held on the database – the profiles of the majority of the known active offender population.

This expansion and investment is being closely followed by Europe and America who are keen to emulate the crime-solving successes of the database.

Maintaining and developing the database is one of the government’s top priorities, with government and police investment of over £300million over the last five years. However, there are no plans to introduce a universal compulsory or voluntary, DNA database.

Oversight of the database
A Home Office unit is responsible for regulating the database. This work is overseen by a board composed of the Home Office, the Association of Chief Police Officers and the Association of Police Authorities. The Human Genetics Commission are also represented on the board, and there are plans to establish an ethics group to contribute and offer advice.

The government retained control of the database from the Forensic Science Service in December 2005, when the Forensic Science Service became a GovCo.

Read the National DNA Database Annual Report for 2005-06
Read the National DNA Database Annual Report for 2004-5
Read the National DNA Database Annual Report for 2003-4
Read the National DNA Database Annual Report for 2002-3

More documents and information about the database

Why are people who have not been convicted on the database?
Before 2001, the police could take DNA samples during investigations but had to destroy the samples and the records derived from them on the Database if the people concerned were acquitted or charges were not proceeded with.
The law was changed in 2001 to remove this requirement, and changed again in 2004 so that DNA samples could be taken from anyone arrested for a recordable offence and detained in a police station.

Does this pose any privacy problems?
Any intrusion on personal privacy is proportionate to the benefits that are gained.
By the end of 2005, about 200,000 samples had been retained that would have been destroyed before the 2001 change in legislation. 8,000 of these samples matched with DNA taken from crime scenes, involving nearly 14,000 offences, including murders and rapes.
In 2005-06 45,000 crimes were matched against records on the DNA Database; including 422 homicides (murders and manslaughters) and 645 rapes.

Are under 18’s disproportionately represented?
No. Under 18s make up 23% of all arrests, and so a comparative proportion of profiles is to be expected. There are no legal powers to take a DNA sample from anyone under ten without the consent of a parent or legal guardian.

Fonte:
www.homeoffice.gov.uk/science-research/using-science/dna-database/

Usatoday: l' Fbi incrementa l'utilizzo del suo Dna database

FBI adds uses for its DNA database


By Richard Willing, USA TODAY 30/05/2006

The FBI plans to use its national DNA database system to help identify not only criminals, but also missing persons and tens of thousands of unidentified bodies held by local coroners and medical examiners.
A new computer program planned for this fall will compare genetic profiles taken from unidentified bodies or body parts with DNA submitted by family members of missing persons. The plan takes advantage of the fact that biological relatives sometimes have similar, though not identical, DNA profiles. The FBI will look for near-matches.
The FBI's initiative comes as other branches of the Justice Department are launching programs to identify thousands of murder, accident and other victims identified only as John or Jane Doe.
The International Homicide Investigators Association, a group based in Fredericksburg, Va., that works to raise public awareness of the issue, estimates there are more than 40,000 unidentified dead nationally.
The DNA computer search plan was disclosed by the FBI earlier this month in Boston during a conference of the American Society of Law, Medicine and Ethics. FBI laboratory officials later elaborated on it.
"We need to broaden our capability," said Thomas Callaghan, director of the FBI's national DNA database program. He said the FBI is in "a very good position" to identify remains through family members because of the agency's small but growing database of missing persons and unidentified remains, plus its experience in using computers to match DNA.
Since 1990, local, state and federal governments have collected DNA from convicted criminals and some people when they are arrested. The FBI's DNA database solves crimes by comparing those DNA profiles, which contain an individual's unique genetic code, to DNA extracted from blood, skin, semen and other tissue at crime scenes.
The national DNA system has about 3 million offender profiles and about 135,000 from the scenes of unsolved crimes. By contrast, the system holds fewer than 2,000 DNA samples from missing persons, their relatives and unidentified remains.
The FBI's ability to compare samples has been limited without a specialized computer search engine. To date, the FBI's system has scored only a handful of matches for missing persons and unidentified remains, Callaghan said.
The number of unidentified remains that can be searched by their DNA profiles should grow significantly as the FBI increases missing-persons testing at four recently opened regional labs.
The Bureau of Justice Statistics expects to soon complete its first comprehensive national count of unidentified dead. Last fall, the National Institute of Justice began paying the University of North Texas to perform DNA testing of unidentified remains for localities that lacked resources. Among the first: towns in Mississippi seeking to identify the bodies of Hurricane Katrina victims.
William Hagmaier of the homicide investigators group said coroners, medical examiners and sheriffs need to be encouraged to test unidentified bodies for DNA and to submit the profiles to the FBI.

Posted 5/30/2006 11:31 PM ET
Fonte:
www.usatoday.com/news/nation/2006-05-30/dnadatabase-xtm

Dna database negli U.S.A.

Oggi ci documentiamo sulle modalità in uso negli altri Paesi per combattere il crimine utilizzando il database del Dna (CODIS). Iniziamo con gli U.S.A con due articoli, il,primo dal NewYork Times del 2007, successivamente dall'Usatoday del 2006. Proseguiremo con le comunicazioni ufficiali dell'Home Office del Regno Unito per quanto riguarda il suo dna database. In calce troverete i link di riferimento per leggere nel sito originale le ulteriori informazioni disponibili. Seguirà un'analisi di queste informazioni comparate con la situazione italiana.


U.S. Set to Begin a Vast Expansion of DNA Sampling
By JULIA PRESTON
Published: February 5, 2007
The Justice Department is completing rules to allow the collection of DNA from most people arrested or detained by federal authorities, a vast expansion of DNA gathering that will include hundreds of thousands of illegal immigrants, by far the largest group affected.
The new forensic DNA sampling was authorized by Congress in a little-noticed amendment to a January 2006 renewal of the Violence Against Women Act, which provides protections and assistance for victims of sexual crimes. The amendment permits DNA collecting from anyone under criminal arrest by federal authorities, and also from illegal immigrants detained by federal agents.
Over the last year, the Justice Department has been conducting an internal review and consulting with other agencies to prepare regulations to carry out the law.
The goal, justice officials said, is to make the practice of DNA sampling as routine as fingerprinting for anyone detained by federal agents, including illegal immigrants. Until now, federal authorities have taken DNA samples only from convicted felons.
The law has strong support from crime victims’ organizations and some women’s groups, who say it will help law enforcement identify sexual predators and also detect dangerous criminals among illegal immigrants.
“Obviously, the bigger the DNA database, the better,” said Lynn Parrish, the spokeswoman for the Rape, Abuse and Incest National Network, based in Washington. “If this had been implemented years ago, it could have prevented many crimes. Rapists are generalists. They don’t just rape, they also murder.”
Peter Neufeld, a lawyer who is a co-director of the Innocence Project, which has exonerated dozens of prison inmates using DNA evidence, said the government was overreaching by seeking to apply DNA sampling as universally as fingerprinting.
“Whereas fingerprints merely identify the person who left them,” Mr. Neufeld said, “DNA profiles have the potential to reveal our physical diseases and mental disorders. It becomes intrusive when the government begins to mine our most intimate matters.”
Immigration lawyers said they did not learn of the measure when it passed last year and were dismayed by its sweeping scope.
“This has taken us by storm,” said Deborah Notkin, a lawyer who was president of the American Immigration Lawyers Association last year. “It’s so broad, it’s scary. It is a terrible thing to do because people are sometimes detained erroneously in the immigration system.”
Immigration lawyers noted that most immigration violations, including those committed when people enter the country illegally, are civil, not criminal, offenses. They warned that the new law would make it difficult for immigrants to remove their DNA profiles from the federal database, even if they were never found to have committed any serious violation or crime.
Under the new law, DNA samples would be taken from any illegal immigrants who are detained and would normally be fingerprinted, justice officials said. Last year federal customs, Border Patrol and immigration agents detained more than 1.2 million immigrants, the majority of them at the border with Mexico. About 238,000 of those immigrants were detained in immigration enforcement investigations. A great majority of all immigration detainees were fingerprinted, immigration officials said. About 102,000 people were arrested on federal charges not related to immigration in 2005.
While the proposed rules have not been finished, justice officials said they were certain to bring a huge new workload for the F.B.I. laboratory that logs, analyzes and stores federal DNA samples. Federal Bureau of Investigation officials said they anticipated an increase ranging from 250,000 to as many as 1 million samples a year.
The laboratory currently receives about 96,000 samples a year, said Robert Fram, chief of the agency’s Scientific Analysis Section.
DNA would not be taken from legal immigrants who are stopped briefly by the authorities, justice officials said, or from legal residents who are detained on noncriminal immigration violations.
“What this does is move the DNA collection to the arrest stage,” said Erik Ablin, a Justice Department spokesman. “The general approach,” he said, “is to bring the collection of DNA samples into alignment with current federal fingerprint collection practices.” He said the department was “moving forward aggressively” to issue proposed regulations.
The 2006 amendment was sponsored by two border state Republicans, Senator Jon Kyl of Arizona and Senator John Cornyn of Texas. In an interview, Mr. Kyl said the measure was broadly drawn to encompass illegal immigrants as well as Americans arrested for federal crimes. He said that 13 percent of illegal immigrants detained in Arizona last year had criminal records.
“Some of these are very bad people,” Mr. Kyl said. “The number of sexual assaults committed by illegal immigrants is astonishing. Right now there is a fingerprint system in use, but it is not as thorough as it could be.”
Ms. Parrish, of the rape victims’ organization, pointed to the case of Angel Resendiz, a Mexican immigrant who was known as the Railroad Killer. Starting in 1997, Mr. Resendiz committed at least 15 murders and numerous rapes in the United States. Over the years of his rampage, Mr. Resendiz was deported 17 times. He was executed in Texas in June.
“That was 17 missed opportunities to collect his DNA,” Ms. Parrish said. “If he had been identified as the perpetrator of the first rapes, it would have prevented later ones.”
Immigration lawyers said the DNA sampling could tar illegal immigrants with a criminal stigma, even though most of them have never committed any criminal offense.
“To equate somebody with a possible immigration violation in the same category as a suspected sex offender is an outrage,” said David Leopold, an immigration lawyer who practices in Cleveland.
Forensic DNA is culled either from a tiny blood sample taken from a fingertip (the F.B.I.’s preferred method) or from a swab of the inside of the mouth. Federal samples are logged into the F.B.I.’s laboratory, analyzed and transformed into profiles that can be read by computer. The profiles are loaded into a database called the National DNA Index System.
The F.B.I. also loads DNA profiles from local and state police into the federal database and runs searches. Only seven states now collect DNA from suspects when they are arrested; of those, only two states are authorized by their laws to send those samples to the federal database.
Mr. Neufeld, of the Innocence Project, said his group supported broad DNA collection from convicted criminals. But, he said, “There is no demonstrable nexus between being detained for an immigration matter and the likelihood you are going to commit some serious violent crime.”
The DNA amendment has divided women’s groups that are usually unified supporters of the Violence Against Women Act, which was adopted in 1994.
“We were stunned by the extraordinary, broad sweep of this amendment,” said Lisalyn Jacobs, vice president for government relations at Legal Momentum, a law group founded by the National Organization for Women. Ms. Jacobs recalled that the amendment had been adopted by a voice vote with little debate. She said many lawmakers eager to renew the act, which enjoys solid bipartisan support, appeared unaware of the scope of the DNA amendment.
“The pervasive problems of profiling in the United States will only be exacerbated by such a system,” Ms. Jacobs said, because Latino and other immigrants will be greatly over-represented in the database. She noted that the law required a court order to remove a profile from the system.
Many groups warned that the measure would compound already severe backlogs in the F.B.I.’s DNA processing. Mr. Fram of the F.B.I. said there had been an enormous increase in the samples coming to the databank since it started to operate in 1998, but no new resources for the bureau’s laboratory. Currently about 150,000 DNA samples from convicted criminals are waiting to be processed and loaded into the national database, Mr. Fram said.
He said the laboratory had added robot technology to speed the processing. But in the “worst case scenario,” where the laboratory receives one million new samples a year, Mr. Fram said, “there is going to be a bottleneck.”

Fonte:
www.nytimes.com/2007/02/05/washington/05dna.html

giovedì 20 novembre 2008

Test del Dna e Banca Dati del Dna

Il test del Dna ha enorme valore scientifico, con un margine d’errore probabilisticamente inconsistente, permette l’identificazione di un colpevole attraverso il confronto con il suo profilo genetico e quelli rinvenuti sul luogo del delitto, inoltre se si riscontra la presenza di profili misti, sangue o altro materiale biologico dell’assassino e della vittima insieme, si ha la certezza della presenza sul luogo e di un contatto fra vittima e aggressore.
Se avessimo a disposizione una Banca dati del Dna della popolazione, sarebbe possibile, in primo luogo escludere gli innocenti e in secondo luogo identificare i colpevoli di reati.
Nel Nostro Paese siamo notevolmente arretrati in questo contesto poiché l’istituzione di una Banca dati Dna incontra molte resistenze in nome delle tutela della privacy dei cittadini.

Occorre ribadire con forza e chiarezza che le sequenze di Dna utilizzate per costruire un profilo genetico non contengono in alcun modo dati sensibili, che possano ricondurre per esempio alla conoscenza di malattie nel soggetto analizzato o altre informazioni: le sequenze sono scelte, per spiegare in maniera semplice, ma non esauriente dal punta di vista tecnico, fra quelle cosiddette ipervariabili che permettono soltanto di distinguere un individuo da un altro.

Secondo aspetto da considerare: alcuni reati, come le violenze sessuali o le rapine sono caratterizzati da serialità, ovvero chi commette il crimine è probabile che lo ripeta infinite volte, almeno finchè non sarà fermato e identificato.

A questo punto, che peso ha sulla nostra sicurezza la privacy contro uno strumento fondamentale per le attività di polizia giudiziaria come una Banca dati del Dna?
Se pensiamo che il crimine ha caratteristiche ormai transnazionali e che altri Paesi ci inviano profili genetici da comparare per individuare, ad esempio, persone sospettate di terrorismo o criminalità organizzata, come può rispondere il Nostro Paese?
Perché, con le punte di eccellenza nell’investigazione scientifica che pur ci appartengono, non vogliamo dotarci di questo strumento indispensabile per tutelare i cittadini? In nome di quale libertà? Quella dei colpevoli di reati?

Nei Paesi dagli Usa ,alla Gran Bretagna, dove è in vigore la banca dati del Dna, gli autori di crimini seriali sono stati individuati e assicurati alla giustizia con un incremento esponenziale.
Quanto vogliamo ancora aspettare, quante donne e bambini dovranno ancora subire violenza in nome della garanzia della Privacy?

Duplice omicidio di Enego/2

Duplice delitto di Enego del 2005: risultati negative dall’analisi del Dna

Dopo tre anni dall'omicidio, ad Enego si è effettuata la mappatura più vasta della popolazione avvenuta in Italia, tutti i cittadini maschi residenti, compresi gli stranieri presenti all’epoca dei fatti nel paesino, rigorosamente in ordine alfabetico, si erano recati al comando dei Carabinieri locali per depositare le impronte digitali e un campione di Dna dalla saliva.
I campioni raccolti dai Carabinieri del paesino erano stati inviati al Ris di Parma per le analisi incrociate con le impronte e le tracce di sangue rinvenute nelle scena del crimine.
Il risultato degli esperti del Ris: nessun campione del Dna raccolto fra i cittadini risulta compatibile con le tracce sulle vittime e sulla scena del crimine. A questo punto è probabile l’archiviazione a meno che nuovi elementi non inducano a proseguire le indagini.

Duplice omicidio di Enego del 2005 e test del Dna

Recentemente, il 16 novembre, il Gattezzino.it testata online della provincia veneta, ha pubblicato la notizia sugli esiti dei test del dna eseguiti per individuare i colpevoli. La questione che solleva, una schedatura di tutta la popolaziona maschile del piccolo paese è di notevole interesse e merita approfondimenti.
Iniziamo con il considerare l'articolo originale di Luca Pozza, seguiranno altre analisi e riflessioni.

Dal Gazzettino.it del 16/11/2008
Enego:
A tre anni dalla morte ...


Enego

A tre anni dalla morte continua a restare un mistero la tragica fine dei coniugi Domenico Miola, 83 anni, e della moglie Angela Valle, 79 anni, assassinati a bastonate, nel tardo pomeriggio del 17 novembre 2005, nella loro casa di Enego. I risultati della quasi totalità dei test del Dna, avviati nella scorsa primavera, hanno dato esito negativo: si tratta dell'ennesima delusione per chi sperava - a cominciare dai cinque figli della coppia, che vivono in pianura, ma anche per il migliaio di residenti del piccolo comune dell'Altopiano di Asiago - in qualche indizio che potesse finalmente far luce su uno dei più efferati delitti degli ultimi anni nel Vicentino.
L'ennesimo tentativo (forse l'ultimo, anche se il "caso" rimane per il momento aperto) era stato fatto nel maggio scorso, quando i carabinieri del Nucleo investigativo di Vicenza, avevano deciso di sottoporre ad uno screening (in rigoroso ordine alfabetico) tutti i maschi maggiorenni residenti ad Enego, che si era concluso a fine mese. Proprio con l'obiettivo di non lasciare nulla al caso ad inizio giugno erano state raccolte le impronte anche degli stranieri (una trentina in totale), che all'epoca dei fatti, tre anni per l'appunto, si trovavano ad Enego per lavoro. A due muratori romeni, che nel frattempo erano tornati in patria, era stato spedito un invito a presentarsi in Altopiano.
La decisione di "schedare" tutti gli abitanti eneghesi aveva avuto anche strascichi polemici, soprattutto quando era circolata voce (poi seccamente smentita) che al test si sarebbero dovuti sottoporre anche le donne residenti in paese. Dello screening collettivo si era occupata, lunedì 12 maggio, anche la trasmissione di Rai3 "Chi l'ha visto": in quella occasione decine di residenti erano scesi nella centralissima piazza San Marco, esprimendo a più riprese lo stesso concetto: «L'assassino non è di queste parti». Poi la decisione di allargare la schedatura agli stranieri, ma come detto i test eseguiti e le impronte digitali raccolte dagli inquirenti (e trasmessi per le analisi ai Ris di Parma) hanno dato esito negativo.
L'impressione è che la vicenda dell'uccisione dei coniugi Miola possa andare verso l'archiviazione. Infatti, a questo punto, l'unica possibilità di trovare l'assassino, oltre a quella di una confessione, riguardano la possibilità che lo stesso possa lasciare tracce biologiche che un domani siano confrontate con quelle attualmente in mano agli investigatori. Un'ipotesi improbabile, anche se va ricordato che sul delitto di Enego i Ris di Parma sono in possesso di migliaia di informazioni che potranno sempre essere riprese in qualsiasi momento per dare spiegazione a uno dei più atroci e incredibili misteri della storia giudiziaria altopianese. Una storia che sembra destinata a restare nel cuore degli eneghesi, che difficilmente dimenticheranno una coppia benvoluta da tutti (lui ex sindaco e lei maestra in pensione che aveva fatto scuola a generazioni di compaesani) che qualche mese prima del novembre 2005 avevano festeggiato le nozze d'oro.
Sulla vicenda il sindaco del paese, Igor Rodeghiero, si limita a rilasciare solo poche battute. «Per rispetto della famiglia - spiega il primo cittadino - preferirei non commentare nulla. Dall'esterno posso solamente dire che gli inquirenti hanno fatto un grandissimo lavoro, ma anche da parte dei miei cittadini c'è stata la collaborazione massima. A noi tutti rimarrà un ricordo affezionato dei coniugi Miola».
Luca Pozza

mercoledì 19 novembre 2008

Analisi e riflessioni sul delitto di Pogliano

I due articoli, dalla notizia non commentata dell'agenzia Ansa, all'articolo del Ilgiornale.it ,oltre a descrivere i fatti, il primo in forma sommaria, il secondo con più dettagli, lasciano quasi subito trasparire un sentimento di tragedia familiare maturata nelle solitudine di una donna distrutta dall'accudimento prolungato per la madre malata e successivamente anche del fratello.
Una donna schiacciata dal peso fisico, ma soprattutto psicologico di una responsabilità di cura che non avrebbe dovuto essere lasciato tutto sulle sue spalle.
E' vero è stato omicidio,ha soppresso sua madre, ma dietro questo gesto quanta disperazione, quanto abbandono, solitudine.
I servizi sociali erano a conoscenza della situazione, a rischio esplosione?
I vicini conoscevano il dramma che si stava consumando?
Domande alle quali non ho attualmente risposte da dare perchè non ho queste informazioni.
Posso soltanto immaginare lo strazio di questa figlia, che in un estremo e terribile atto d'amore decide di portare alla morte tutta la sua famiglia, essendo ormai incapace di far fronte alle loro esigenze di cura. Ma la vita, lo spirito di soppravivenza è ancora forte, non ha il coraggio di portare a termine il suo folle piano, folle per le menti razionali, non così folle per un'anima dolente, disperata, consunta da tante amorevole cure fino all'esaurimento e alla resa.
Ancora una domanda, se ci fosse stato il concreto sostegno della rete di assistenza sociale, questo omicidio sarebbe avvenuto ugualmente?
A voi il commnento

Omicidio di Pogliano: altre fonti

Da ilgiornale.it del 19/11/2008ore 7.00

Soffoca nel sonno la madre paralitica
Articolo di Michele Perla

Nelle intenzioni di Mariangela G. 57enne pensionata di Pogliano Milanese, arrestata per omicidio volontario e premeditato, di morti ce ne sarebbero dovuti essere tre. La donna infatti aveva pensato di porre fine alla propria esasperazione sterminando l’intera famiglia, della quale facevano parte l’anziana mamma e il fratello sessantenne, chiudendo il macabro cerchio col proprio suicidio. Per fortuna il tragico progetto è riuscito solo in parte: dopo aver soffocato la madre invalida, ha mancato il risultato col fratello. Ed alla fine non ha trovato il coraggio per lanciarsi nel vuoto dall’ultimo piano di un palazzo, raggiunto dopo l’omicidio. A questo punto, resasi conto della drammatica realtà è scesa in strada ed ha telefonato ai carabinieri. Spiegando: «Venite, ho ucciso mia madre, l’ho soffocata con un sacchetto di plastica. Non ce la facevo più ad accudirla». È successo l’altra sera nel piccolo comune alle porte di Rho, dove i carabinieri si sono imbattuti in un dramma familiare inimmaginabile. Nella casa a pian terreno di via Monsignor Paleari 13, in pieno centro, c’è il corpo senza vita di Virginia S., 83 anni, in un’altra camera da letto, impossibilitato a muoversi per una malattia alle gambe e disperato, il figlio Marco 60 anni scampato per un soffio alla morte. Sull’uscio ad attenderli, Mariangela, calma, serena, quasi sollevata, che rimarca agli investigatori il perché del folle gesto. Il quadro che emerge è straziante: la signora Virginia era oramai costretta a letto da tempo, paralizzata agli arti a seguito di un ictus. La figlia Mariangela nubile, da 6 anni la accudiva con amore, tanto da lasciare perfino il proprio lavoro in una ditta di abbigliamento della zona. Ma recentemente, alla serenità con cui accettava la malattia della madre era subentrata angoscia e frustrazione. Anche perché in famiglia, ad ammalarsi era stato pure il fratello. Troppo il peso da reggere sulle spalle di una donna sola. La soluzione? La morte, la cancellazione di tutte le sofferenze per gli ammalati e per chi sta loro vicino. Dopo cena Marco va a letto e si addormenta; Mariangela rimane sola con la madre e decide di mette in atto il suo piano. Le infila la testa in un sacchetto di plastica e la soffoca, senza far rumore. Poi, forse vorrebbe fare altrettanto con il fratello che fatica a muoversi, cogliendolo nel sonno. Ma l’uomo si sveglia per tempo e lei, spiegatogli quanto aveva già fatto, cerca di portarlo con sé in un duplice suicidio. Marco non ci sta, così Mariangela corre in via Oberdan, dove hanno un alloggio al terzo piano di un palazzo popolare, off limits per i suoi familiari a causa delle scale; apre la finestra del ballatoio, sale su uno sgabello per il volo finale, ma l’istinto di conservazione alla fine ha la meglio. Non trova il coraggio di uccidersi e quindi, tornata sul luogo del delitto chiama i carabinieri per consegnarsi nei panni dell’assassina. Un delitto, che ha più il sapore di eutanasia, al quale fa da contorno la malattia, la solitudine. Un amore filiale come pochi, minato improvvisamente dal crollo del fratello, un’altra pesante croce, troppo pesante da portare unicamente sulle sue spalle fragili.