giovedì 11 dicembre 2008

Relazione tecnica del prof. Boccardo sul delitto di Garlasco

Ancora aggiornamenti sul delitto di Garlasco in attesa dell'udienza davanti al Gup di Vigevano per omicidio volontario.
L'attenzione per questo caso deve essere periodicamente richiamata per consentire ai giornalisti di continuare a scrivere su un evento di sicuro appeal e ai lettori che ancora non si sono schierati fra innocentisti e colpevolisti e desiderano ancora costruirsi un'opinione indipendente dalle intenzioni dei giornalisti.
Qual'è la vostra visione del caso?

Da LaStampa.it del 11.12.08 ore 7.16 sezione Retroscena
articolo di Claudio Bressani


"Alberto ha mentito
fin dal primo giorno"

Garlasco, in 130 pagine gli scienziati
smontano la difesa dell’imputato


GARLASCO (PAVIA)
Centomila «camminate virtuali» e zero possibilità di non sporcarsi le scarpe di sangue: «Non c’è una sola prova che non intercetti tracce ematiche». Gli inquirenti l’avevano intuito fin da subito, di fronte ad un corridoio cosparso di macchie e ad un paio di scarpe senza la più microscopica traccia sotto le suole. Ora un ingegnere del Politecnico di Torino l’ha dimostrato scientificamente. E le 129 pagine (più un centinaio di allegati) della relazione tecnica depositata in Procura a Vigevano il 4 febbraio scorso da Piero Boccardo, 44 anni, professore associato di Telerilevamento al dipartimento di Ingegneria del Territorio, Ambiente e Geotecnologie, già perito del caso di Cogne, potrebbe avere un peso determinante sulla sorte processuale del 25enne laureato alla Bocconi, che il 24 febbraio dovrà comparire davanti al gup di Vigevano con l’accusa di omicidio volontario.

Insieme a cinque collaboratori del Siti, l’Istituto Superiore sui Sistemi Territoriali per l’Innovazione, il professor Boccardo, nominato consulente dal pm di Vigevano Rosa Muscio, ha applicato una tecnica che non ha precedenti in Italia in un’indagine penale. Hanno rilevato con un laser scanner le scarpe Lacoste color bronzo sequestrate ad Alberto in caserma e ne hanno generato al computer un «modello solido», tridimensionale. Poi, per undici ore, il 20 dicembre 2007, hanno eseguito sofisticatissimi rilievi sulla scena del crimine, nel corridoio della villetta di Garlasco. Hanno ripreso i locali con tecniche fotogrammetriche digitali, poi hanno effettuato rilievi topografici e quindi rilievi tridimensionali mediante laser scanner terrestre, un’apparecchiatura che di solito si usa per il territorio e che qui è stata impiegata all’interno di un’abitazione.

I dati acquisiti sono stati elaborati fino ad ottenere un «modello fotogrammetrico orientato» del corridoio. Quindi hanno preso le centinaia di foto delle macchie di sangue scattate sulla scena del crimine dagli inquirenti e le hanno acquisite dopo una procedura di «raddrizzamento» per correggere le distorsioni prodotte dagli obiettivi fotografici. E infine, con i due modelli a disposizione, quello delle scarpe e quello del corridoio, utilizzando un software appositamente sviluppato, hanno dato il via alle simulazioni al computer. Il punto di partenza sono state le dichiarazioni rese a più riprese dall’imputato, che ha descritto i suoi spostamenti all’interno della casa prima e dopo aver scoperto il corpo di Chiara sottolineando di essersi mosso «con passo celere» e «senza fare attenzione a dove ponevo i piedi».

Per questo, afferma il consulente, «l’evento relativo allo spostamento sulla scena del crimine è un evento casuale e come tale modellizzabile statisticamente». Sono stati presi in considerazione solo i tre tragitti principali: dall’ingresso alla stanzetta sul fondo, da quest’ultima alla porta d’accesso al vano scale della cantina (dove giaceva il cadavere) e infine da qui all’uscita. In totale i percorsi simulati sono stati 809.186, di cui più di 100 mila relativi al percorso totale, ipotizzando varie andature e falcate e tutte le possibili traiettorie. Risultato: Alberto Stasi ha fatto mediamente 19,4 passi e più della metà (10,7) toccano il sangue. Ma soprattutto non c’è stata una sola simulazione in cui ciò non sia avvenuto.

In alcuni test è stato considerato un numero estremamente più ridotto di tracce ematiche, escludendo tutte quelle (circa i due terzi) più piccole, di superficie inferiore ai 4 millimetri quadrati, assumendo l’ipotesi particolarmente favorevole per Alberto che si fossero già coagulate (benché i testimoni abbiano detto che non era così e comunque il Combur test rileva anche il sangue coagulato). Il risultato non è stato molto diverso: il numero di passi che hanno pestato sangue è diminuito, ma non c’è stata una sola prova «immune da calpestio di tracce ematiche». La risposta al quesito formulato dal pm è dunque netta: «Vista la probabilità nulla calcolata, si può affermare come tale evenienza sia impossibile». C’era anche un secondo quesito, relativo alla possibilità di aprire la porta a soffietto del vano scale senza pestare il sangue.

In questo caso, su 227.493 camminate simulate, sono solo lo 0,6% quelle in cui ciò non avviene entro 75 centimetri dal battente. E tra l’altro, per farlo, bisogna assumere una posizione estremamente innaturale, con le punte delle scarpe quasi a contatto e i talloni molto divaricati. Questo risultato fa concludere che «tale eventualità è statisticamente assolutamente improbabile». L’ingegner Boccardo nella sua relazione sottolinea che in molte occasioni «a cautela dell’indagato sono state considerate una serie di ipotesi a lui favorevoli». Ad esempio per le scarpe è stata utilizzata «la proiezione ortogonale invece che quella secondo la superficie di rullaggio delle suole», più ampia; «non sono state prese in considerazione eventuali macchie presenti in corrispondenza delle fughe delle piastrelle»; soprattutto, non sono stati analizzati una serie di ulteriori spostamenti, come quelli «che l’indagato dichiara di avere effettuato in prossimità delle porte di accesso al bagno, alla saletta tv e al garage», nonché i gradini, uno o due, fortemente imbrattati, che dice di aver sceso dopo aver aperto la porta a soffietto per vedere il corpo di Chiara.

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