martedì 9 dicembre 2008

Parla la moglie di Catelli, arrestato per l'omicidio in seguito a lite per un cane

Oggi registriamo l'intervento della signora Catelli, testimone e moglie dell'indagato per l'omicidio di Luca Ragusa, l'intervista è stata rilasciata a due inviati de La Stampa.it cronaca di Torino.
Qundo esistono è importante sentire la voce dei testimoni perchè permettono una visione più completa dell'evento anche se è necesario attendere una verifica degli organi inquirenti per considerarala attendibile a tutti gli effetti. Intanto è comunque utile conoscere questa ricostruzione dei fatti da parte della signora Catella.

Da LaStampa.it
9/12/2008 (14:38) - INTERVISTA
"Il mio Antonio ha sparato
perché era la cosa giusta"


La moglie: “Siamo disperati, ma ha difeso nostro figlio”
intervista a cura di NICCOLÒ ZANCAN

TORINO
La signora Carla Catelli si aggrappa ai mobili dell’ingresso per non crollare. Sesto piano di via Montanari 139: foto incorniciate, sorrisi, calore domestico. Tutta felicità in frantumi.
Da sabato notte non dorme più. Ha il cuore malato, il marito in carcere. Trentacinque anni di matrimonio stravolti per dieci minuti di ordinaria follia: «Domenica mattina mio marito mi ha salutato con un abbraccio. Ancora una volta è stato lui a cercare di farmi forza. Era qui che prendeva le sue cose: “Vado in carcere - mi ha detto - ma almeno ci resta nostro figlio”. Soffro ogni secondo per quello che è successo. Però Antonio è sempre stato un uomo scrupoloso, lo sanno tutti. È una persona estremamente equilibrata: non ha mai sparato un colpo in vita sua. Se l’ha fatto è perché era la cosa giusta. L’unica possibile».
Diventare un assassino. Uccidere Luca Ragusa e ferire gravemente Carlo La Tona. Dopo una furibonda lite nata ai giardinetti per colpa di un cane.

Ma quanto c’entra davvero il dogo argentino bianco al guinzaglio di La Tona?«Niente. Noi amiamo gli animali, in particolare i cani. Da sette anni a casa nostra vive un trovatello che si chiama Billy. Sabato sera ero scesa per fargli fare un giretto ai giardini».

Cosa è successo a suo figlio?«Mario stava festeggiando in strada con amici. Teneva per mano la sua bimba di due anni. Quel grosso cane bianco, giocando, l’ha fatta cadere. Mio figlio ha solo preteso delle scuse».

E invece?«Si sono messi a litigare. Peggio: l’hanno aggredito. Sono arrivati altri ragazzi, chiamati apposta: li hanno visti tutti. Avevano cinghie, catene, spranghe: lo stavano pestando. Una scena atroce. Ho avuto molta paura. Ho chiamato subito mio marito al lavoro: “Presto, corri a casa”».

Nel frattempo dove si è rifugiata? «Ho ricordi confusi. Credo di essermi chiusa nell’androne di casa con la mia nipotina. C’era molta gente in piazza, il clima era sempre più teso. Ma mio marito non ha sparato subito. Questo è importante».

Cosa vuol dire esattamente?«Quando verso le 23,40 è arrivato ai giardini, per prima cosa ha cercato di calmare gli animi. La signora Cinzia, su al settimo piano, lo ha sentito nitidamente. Gridava: “Calma, smettetela”. Urlava: “Mario, vieni via. Lasciatelo stare”. Ha provato in tutti i modi, ma nessuno gli dava retta. L’hanno persino colpito in testa con un bastone».

Lo ha visto sparare?«Ho sentito i colpi. All’inizio pensavo fossero petardi. Che tragedia... Pazzesco. Assurdo. C’era sangue ovunque. Antonio mi ha spiegato che ha visto l’altro impugnare la pistola. Ha dovuto sparare per salvare Mario».

In via Roccavione abita la moglie di Luca Ragusa. Dovrà accudire da sola un figlio di tre anni. È una donna distrutta: “Tutti accusano mio marito - dice - ma è lui la vittima. Non è giusto. Si alzava ogni mattina alle sei per andare a lavorare”. Cosa si sente di rispondere? «Mio figlio lo ha detto in televisione. È quello che penso anch’io: ha ragione, non doveva finire in questo modo. Siamo disperati. Quando penso a quel bimbo di tre anni senza papà mi sento morire».

Cosa sognava con suo marito?«Nulla di particolare, neanche per Natale. Stavamo bene così. E poi lui lavorava sempre. Orgoglioso del suo mestiere di autista, la Pininfarina era la sua seconda casa».

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