sabato 20 dicembre 2008

Omicidio di Gassino, forse l'ombra della 'ndrangheta

Da LaStampa.it del 20.12 .2008 sezione cronaca Torino
Ucciso in casa a Gassino, torna l'ombra della 'ndrangheta

Giuseppe Femia, incensurato, si era
trasferito dalla Calabria. Era parente
della omonima famiglia mafiosa

articolo di ANGELO CONTI

GASSINO (TORINO)
Gli hanno fracassato la testa, mercoledì all’imbrunire. Non erano ladri colti sul fatto (tutto è risultato in ordine) e nemmeno rapinatori spietati (la vittima aveva ancora il portafogli in tasca). Chi ha ucciso voleva uccidere, soltanto uccidere. Per i carabinieri, guidati dal colonnello Nicola Fozzi, una brutta gatta da pelare, anche se non mancano affatto gli elementi su cui lavorare. Anzi, in queste prime ore gli elementi sono persino troppi.

Lui, Giuseppe Femia, nato nell’ottobre del ‘61 a Gioiosa Jonica, lì ancora residente, ha la fedina penale immacolata. Risulta essere arrivato a Gassino lo scorso maggio dalla Calabria, dove ha lasciato la moglie ed una figlia adolescente. A Gioiosa viveva in via Ligonia Drusì 9, zona interna, lontana dal mare, nota per un torrente che riesce a trovare acqua anche in estate e soprattutto per i campi di liquirizia. Artigiano, poi contadino, poi operaio, avrebbe deciso improvvisamente di trasferirsi in Piemonte, scegliendo Gassino, dov’è forte la presenza di immigrati calabresi ma dove è considerata forte la cosca Mazzaferro-Femia, una delle più temibili dell’intera area jonica calabrese. Una volta in Piemonte ha subito trovato lavoro nell’impresa edile Cirillo di Chivasso. E lì stava lavorando, anche se da qualche giorno era in mutua, per un malanno di stagione.

Il delitto va collocato fra le 17,05 e le 21 di mercoledì 17. In questo aiuterebbe il cellulare della vittima: alle 17,05 Giuseppe Femia ha risposto ad una chiamata, dalle 21 il suo telefonino ha invece sempre suonato a vuoto. Chi ha ucciso l’avrebbe colpito con un oggetto contundente, spaccandogli la testa. Poi quel corpo, supino, è stato coperto da due giubbotti. Nessuno si sarebbe accorto di nulla, sino a giovedì sera alle 22, quando i coinquilini, insospettiti dalle luci spente nelle casa di Femia e dalla sua auto, una Punto blu, sempre parcheggiata in cortile, hanno dato l’allarme ai carabinieri. Sulla dinamica dell’omicidio ha lavorato la Sezioni Rilievi del Reparto Operativo. Oggi toccherà al medico legale Roberto Testi certificare le cause di morte. E’ stato davvero colpito con un bastone, con un ascia o con una mazza? Sembra quasi scontato, anche se la casistica della medicina legale ricorda che spesso i colpi a bruciapelo di pistole di grosso calibro (come la 357 Magnum) possono essere scambiati come lesioni da corpo contundente.

Le piste sono al momento due. C’è quella del delitto di mafia, ricordando anche che due anni fa qui, proprio a Gassino, fu ucciso Rocco Femia, anche lui rifugiatosi in Piemonte dopo aver lasciato Gioiosa Jonica. C’è qualche collegamento fra questi due fatti? Sono entrambi inseriti in una faida fra clan? Domande legittime che però si scontrano con la ricostruzione dell’ultimo omicidio, almeno secondo gli elementi sinora evidenziati. Difficile che la ‘ndrangheta uccida a colpi di mazza, difficile che lo faccia in un alloggio di una cascina abitata anche da altri, difficile ancora che i killer abbiano al delicatezza di coprire la vittima con dei giubbotti. Così i carabinieri dicono di seguire anche una pista passionale, al momento imbastita sulle poche frequentazioni femminili del carpentiere. A meno che le indagini non sollevino il sipario su altre attività di questo calabrese incensurato che potrebbe avere pestato i piedi a chi non doveva. Ma questa, al momento, è solo un’ipotesi, senza concreti appigli.

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