domenica 4 gennaio 2009

La ragazza violentata a Capodanno: quante inesattezze dai media

Il dramma di una violenza sessuale è difficile e lentissimo da elaborare come processo di recupero dell'integrità psichica.
Nella necessità di ricordare la dinamica dell'orrore per dare un volto agli aggressori il dolore deve essere parzializzato, nel significato che le emozioni evocate devono lasciare posto alla ricostruzione cognitiva dell'evento.
Come ci insegna la psicologia della testimonianza, non sarà mai una fedele fotografia del particolare caso in esame, ma sempre rielaborazione della realtà, meglio co-costruzione, che risente inevitabilmente di esperienze pregresse, stati emotivi attuali, informazioni disponibili, perchè rese accessibili alla coscienza, quindi comunicabili anche se con difficoltà comprensibile.
Il processo di ricostruzione del ricordo, già di per sè fonte di sofferenza, è reso ancora più pesante dalle notizie riportate dai media sulle condizioni della ragazza, tese a screditarla, a mettere in dubbio il fatto che fosse sotto l'effetto di stupefacenti, ed altri particolari che non possono certo agevolare il processo di guarigione ed il più ancora difficile recupero della fiducia nelle persone da parte della ragazza vittima di violenza.
Ora, il silenzio dei media e le terapie psicologiche possono rappresentare un valido sollievo.



Da LaRepubblica.it del 4.01.09
articolo di MARIA ELENA VINCENZI

La ragazza violentata alla festa del Comune racconta: mi sveglio urlando
Non ero drogata. Cercavo di liberarmi ma non ci riuscivo. Lui non era solo

"Nessun agente, e mi hanno aggredita
quella notte a Roma un delirio rave"


ROMA - "Ho cercato di liberarmi in tutti i modi, ma non ci riuscivo. Inciampavo, sbattevo, cadevo per terra. Lui non era solo, c'era qualcun altro ad aiutarlo. Sono riusciti a farmi tutto questo perché non c'era sicurezza: altro che festa patrocinata dal Comune di Roma, quello era un inferno". I ricordi sono confusi. E ripercorrere quegli istanti fa soffrire Gaia, la ragazza di 23 anni aggredita e violentata durante la notte di Capodanno ad "Amore 09", festival di musica elettronica alla Nuova Fiera di Roma. Sdraiata sul letto con addosso un pigiama da bambina, il viso leggermente truccato, due amiche accanto, una sotto le coperte con lei e una sulla poltrona. La rabbia per tutto "il casino che i giornali stanno facendo: ormai lo sanno tutti che sono io, non so con che faccia tornerò a casa". Si vedono ancora gli enormi lividi sul collo e le escoriazioni sul viso e sulla gamba. In una mano gli aghi della flebo, gli occhi spesso si alzano al cielo. Occhi tristi.

Gaia, fisicamente come si sente?
"Male: ho botte e lividi dappertutto. Ma il dolore più grande è quello interiore, per me, per i miei cari. Ci sono le notti in cui non riesco a dormire, mi sveglio urlando, mi sforzo di ricordare un particolare, un dettaglio. I giornali domani parleranno di altro, ma quello che è successo non passa, non per me".

Cosa l'ha ferita di quello che è stato pubblicato?
"Le tante bugie, a partire dal fatto che ero drogata. Avevo bevuto due gin tonic, come dicono i test dell'ospedale: nel mio sangue c'erano solo tracce di alcol. Ho letto che avevo assunto cocaina, ketamina... ma se io nemmeno so cos'è?".

Che altro?
"Hanno scritto che mia sorella era con me, come per far credere che lei avrebbe dovuto difendermi. Non c'erano né lei né il mio ragazzo, ero andata con altri amici. E nemmeno loro avrebbero potuto salvarmi perché in quel maledetto bagno c'ero andata da sola".


Gaia, che cosa ricorda di quegli attimi?
"Ero nel padiglione 1, suonava il dj Sven Vath. Mi sono allontanata per andare in bagno e mentre entravo mi hanno aggredita. Ho lottato con tutta la forza che avevo, ma invano. Mi sembrava di morire soffocata, con le mani quello mi teneva il collo e non mi lasciava respirare. Non so come, alla fine, sono riuscita a scappare. Se fossi stata drogata come dicono non ce l'avrei mai fatta".

Ma lei ricorda una persona sola?
"Non era solo. C'erano altri con lui, ma non erano sette come è stato scritto".

A che ora era arrivata alla Fiera?
"Intorno all'una, in macchina con quattro amici. Quella sera avevo lavorato fino alle 11, è per questo che siamo andati lì, a me quella musica piace. Se avessi avuto le ferie sarei andata in montagna con altri amici oppure avrei organizzato qualcosa nella mia "sala hobby"".

E invece?
"Sono finita in quell'inferno: 45 euro per un rave legalizzato. Quelli non autorizzati sono meglio, lì non hanno mai violentato nessuno. Era la festa del Comune di Roma, un delirio senza sicurezza. I vigili erano fuori a regolare il traffico e la security stava ai cancelli, mentre dentro ti chiedevano se volevi cocaina, speed e altre robacce. Posso chiedere una cosa io a lei: ma le telecamere non c'erano? Davvero non riescono a trovare il colpevole?".

È la prima cosa che vorrebbe?
"Questa, sì. Oltre ad essere lasciata in pace. E dimenticare".


da IlMessaggero.it del 4.01.09

Violentata alla festa di Capodanno:
«Ho rischiato di morire soffocata»


Articolo di Raffaella Troili
ROMA (4 gennaio) - La guardi con il pigiama da bambina, quello rosa con tanti pupazzi sulle gambe, i tatuaggi che spuntano ribelli dove finisce la stoffa e ti sembra che sia tutto tornato alla normalità, che Eleonora è stata più forte dell’orrore di una notte. Poi vedi la flebo, l’altra mano a proteggere il ventre, gli occhi lucidi, i graffi sul corpo, i lividi sul collo, e capti quel senso di vergogna immotivato e involontario che scatta bastardo in chi è stato vittima di un abuso. Se torni alla realtà, riesci a intuire in che mare di dolore e rabbia stia annaspando la giovane violentata a Capodanno durante Amore 09, il megaraduno musicale in programma alla nuova Fiera di Roma. Capisci anche perché la sua testa si rifiuti di replicare ancora quel film dell’orrore. E la domanda più scema, esce solo per rompere il ghiaccio.
Come stai? Lunedì dovresti essere dimessa
«Come vuoi che sto? Non sto meglio, mi fa male tutto. E non passa, non passa...».
Cominci a ricordare qualcosa?«Qualche flash mi torna in mente, però sono confusa. Da quando sono uscita dal padiglione, è come se avessi un vuoto. Forse è lo choc, forse sono io che non voglio ricordare. Ma tanto prima o poi lo troveremo, tanto me la paga».
Stringe gli occhi Eleonora, si sforza di mettere a fuoco immagini sbiadite di quella notte, le rincorre inutilmente. Scuote la testa arrabbiata, «ma non c’erano le telecamere?», chiede spesso. «E se m’avessero uccisa? Se m’avessero ammazzata? Io ho rischiato di morire soffocata».
Metti sotto accusa la scarsa vigilanza?«Dico che non c’erano gli addetti alla sicurezza. E i buttafuori dove stavano? C’era gente che entrava con le bottiglie, droga e ubriachi ovunque. Un rave autorizzato, questo è stata la mega festa super organizzata dal Comune di Roma. Se lo sapevo andavo a uno illegale, lì uno stupro non si è mai sentito».
Pensi che la sicurezza non sia stata garantita?«No, non c’era adeguata sicurezza, per 45 euro di biglietto. La polizia, i carabinieri, le ambulanze erano tutti fuori ai cancelli. Dopo essere stata violentata, con le calze strappate, gli indumenti spariti, sono stata io ad andare a cercare un vigilantes, a rifugiarmi in un gabbiotto all’entrata, a centinaia di metri».
Come avevi trascorso le ore precedenti?«Ho lavorato fino alle 22,30-23 altrimenti sarei andata in montagna oppure avrei organizzato una festa nella sala hobby dei miei nonni. Sono andata a casa a cambiarmi, poi insieme a quattro amici - altri erano già andati per conto loro - verso l’una siamo arrivati alla festa, mi piace quella musica».
Poi sei andata ai bagni chimici«Era buio, uno mi ha afferrato per la gola, stavo soffocando, sono scivolata, ho lottato fino all’ultimo, guarda i graffi, i lividi sulle gambe. Se ero drogata non mi difendevo, sarei morta. Ma non erano sette, più di uno sì».
E dove è avvenuta la violenza?«Lì, nel bagno, mi sembra, altri tenevano la porta. Italiani, non so dire se del nord o del sud, una parlata strana».
C’era qualcuno che poteva aiutarti e invece ha coperto?«Lui non era solo, altri erano presenti, alla porta, mi potevano aiutare. I vigilanti, no, erano lontani».
Tu avevi bevuto molto?«Solo due consumazioni, gin tonic. Ma non ero drogata, manco so che cos’è la chetamina. Che scrivete queste falsità, un cuore ce l’avete? Mia nonna mi muore. Voi non potete vedere i miei esami tossicologici, ma vi dico che non c’è traccia di droga, solo di alcol».
Pensi di esser stata sprovveduta? Di non aver pensato al pericolo che può correre una donna?
«Quando vedi la tv, pensi che quelle cose sono inventate, invece è tutto vero. Allora dico alle altre: non allontanatevi mai dal gruppo, perché quando meno te lo aspetti... di bastardi in giro ce ne sono tanti».
Basta ora, Eleonora, non ha più voglia di parlare, tantomeno di scavare in quei pochi, confusi ricordi che ha, si affaccia solo in corridoio per ringraziare i suoi primi soccorritori che sono andati a trovarla (la ditta Sea gestiva l’assistenza sanitaria alla manifestazione). Il dottor Guido Damiani che la segue confida di dimetterla già domani; lei, sono tre giorni che forse pure per il nervoso ha una gran fame e le amiche esaudiscono ogni desiderio («ti prendo qualcosa da Mc Donald’s se non ti piace questo cibo, tu stai viziata qua...»). La notte, niente da fare, nemmeno le gocce riescono a farle chiudere un poco gli occhi. Quello è il momento peggiore della giornata, quando gli amici che la coccolano e la fanno sorridere se ne vanno e il buio sembra più buio. «Lasciatemi in pace», taglia corto, quasi implorando. Poi, però ha la forza di dire gentile: «Grazie, dei fiori».

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