domenica 30 novembre 2008

Interesse per i criminali: una proposta di spiegazione

La curiosità per le persone che, pur appartenendo al consorzio umano, si macchiano di delitti contro i propri simili può essere legittima.

Ci assomigliano nella forma fisica, ma si distanziano dal nostro modo di essere per le azioni commesse, che rappresentano una violazione grave delle regole di convivenza, un attacco alla sopravvvivenza degli altri componenti della comunità.

Sono diversi nei comportamenti, trasgressivi e violenti, hanno superato il limite fra l'aggressività ammissimibile, perchè ancora sotto il controllo dei freni inibitori, e la violenza pericolosa per l'incolumità egli altri, consapevolmente esercitata.
Poichè l'aggressività rappresenta una componente ineludibile della personalità, ma necessariamente sottoposta a vincoli e limiti stabiliti dalle regole della comunità diventate leggi, una difesa contro l'emergere di questa forza che può sfuggire al controllo è la proiezione su elementi, componenti simboliche del carico di aggressività e violenza che ci appartiene e che non accettiamo di riconoscere tali, in forme sublimate, surrogate, esercitando una funzione catarchica simile alla funzione delle antiche tragedie greche dense di delitti efferati, tabù infranti, violenze estreme.

Proiettando al di fuori di noi ciò che non possiamo accettare come componente del nostro essere ci liberiamo di un peso, ci sentiamo migliori, addensando su altri nostri simili il nostro carico di timori di diventare "cattivi, violenti, quasi mostri", allontaniamo da noi il male, lo attribuiamo ad altri che conservano caratteristiche particolari, tali da diventare bersagli perfetti per le attribuzioni delle nostre paure.

L'importante è mantenere sempre un controllo anche nell'attribuzione, un equilibrio interiore che ci consenta di accettare una dose di aggressività come funzionale alla nostra sopravvivenza, respingendo gli eccessi come indice di disaddattamento che se non trattato potrebbe evolvere verso condotte criminali.

1 commento:

Professione Psicologo ha detto...

Da dieci anni svolgo il ruolo di educatore all'interno di un carcere minorile, le tue tematiche mi sembrano piuttosto convincenti. Proiettare le proprie tendenze aggressive, personificandole pare sia un meccanismo che consente di prendere le distanze dalla propria aggressività. Aggiungo che il lavoro all'interno di un contesto detentivo agevola il meccanismo dell'idinteficazione proiettiva per cui molto spesso difronte ai ragazzi devianti o violenti riesco a percepire la mia aggressività. Come in uno specchio mi confronto con la stessa e me ne riapproprio.
Grazie per la disponibilità a collaborare per risollevare le sorti degli psicologi e della psicologia. Oggi, sembra che la psicologia rappresenti una disciplina di second'ordine, mentre molti "professionisti" operanti in altri contesti (formatori, educatori, logopedisti, esperti di PNL ecc.)utilizzano selvaggiamente costrutti, tecniche e strumenti ideati all'interno delle scienze psicologiche. Credo sia arrivato il momento di unire le nostre coscienze e fare anche noi "gruppo" (i medici lo hanno fatto ed oggi godono di un altro status) considerando che oggi rappresentiamo una notevole forza dal punto di vista numerico, una forza in grado di inviare propri rappresentanti nelle stanze dei "Bottoni". Cordiali saluti