martedì 4 ottobre 2011

Meredith: in ombra la vittima, sotto i riflettori e contesi gli imputati assolti con formula piena

Il processo di secondo grado per l'omicidio di Meredith Kercher si è concluso ieri sera con la lettura della sentenza di assoluzione con formula piena dei due imputati, in carcere da quattro anni, Amanda Knox e Raffaele Sollecito.
Le prove che nel processo di primo grado sembravano schiaccianti, tanto da condannarli ad una lunga detenzione, si sono sgretolate nel processo d'appello, con una perizia scientifica disposta dal giudice che ha ribaltato i risultati che avevano determinato la condanna dei due imputati.
Senza entrare nel merito dei meccanismi processuali che non mi competono, intendo soffermarmi sulla valenza degli aspetti comunicativi di tutta questa straziante storia criminale. I fronti da approfondire sono diversi: dal più generale al particolare; il potere di una campagna mediatica costruita dal padre di Amanda per capovolgere la prima impressione di ambiguità suscitata da Foxy Amanda: dall'immagine di una giovane crocifissa dai media che la descrivevano come ammaliatrice e manipolatrice, a quella della ragazza della porta accanto, acqua e sapone con i sogni dei ragazzi di ventanni.
La notorietà acquisita da Amanda ha fatto da volano anche a Sollecito, assistito da una famiglia granitica, dal più quotato avvocato d'Italia, Giulia Buongiorno. La faccia da bravo ragazzo, studioso e rispettoso non si addice ad un assassino, non può essere vero, nella mente dei giurati.
I loro volti sorridenti, la libertà riacquistata, i loro avvocati trionfanti, stridono orribilmente con la compostezza, il rispetto dei familiari di Meredith, vittima messa in ombra, a volte dimenticata, ai quali questa sentenza è giunta come un pugno nello stomaco, con tutte le domande senza risposte, con un' aspettativa di giustizia tradita. La dichiarazione della sorella di Meredith è esemplare: "Non volevamo che fossero condannate persone che non avevano commesso il delitto, ma allora chi ha ucciso Meredith, bisogna trovare queste persone." Il fratello dichiara "Siamo punto e a capo".Questa famiglia inglese ci insegna con grande dignità come un dolore enorme, come la perdita di una figlia in circostanze così terribili, non si accompagni ad esternazioni di emozioni dettate da risentimento se non di peggio. "Solo" una specie di attonimento, di stordimento, il ricadere in un incubo senza verità, e la richiesta molto garbata, ma non per questo meno ferma, di accertamento del reale svolgimento dei fatti e di individuare i responsabili del delitto.
Le parole della madre di Meredith devono far riflettere: " Meredith è stata uccisa nella sua camera da letto in posto ritenuto sicuro , il più sicuro. Potrebbe capitare a chiunque, nessuno può sentirsi più al sicuro."
Ora contratti milionari attendono Amanda, forse addirittura HollYwood, Raffaele troverà la sua strada per il futuro, forse con meno clamore della sua amica: come vi sentite al pensiero che persone coinvolte in un omicidio ora assolte guadagnino denaro sulla morte violenta di una studentessa inglese che aveva scelto di studiare in Italia, che nel nostro Paese ha trovato la fine dei suoi sogni.
Ritengo spettacolo osceno quello di avvoltoi che su questa povera ragazza si arricchiranno, con interviste, articoli, trasmissioni tv, talk show, secondo me è osceno, ma realistico. Non sentiremo spesso parlare di Meredith, ma su Amanda scorreranno fiumi di inchiostro e saranno pieni i palinsesti di trasmissioni in cui lei sarà protagonista.
Meredith aspetta giustizia, la sua famiglia ha il diritto di conoscere la verità.
Molte famiglie sono nella stessa situazione, una per esempio,la famiglia di Chiara Poggi.
La sete di giustizia ci appartiene in quanto appartenenti al consorzio umano. Se rimane insoddisfatta per troppe volte rischia di far vacillare la fiducia nel sistema giustizia.
E' un rischio che non possiamo correre.