giovedì 12 marzo 2009

I video della Polizia sugli interrogatori: è giusto renderli pubblici?

Esistono situazioni in cui l'esibizione di prove video registrate può risultare non utile ai fini dell'accertamento del reale svolgimento dei fatti, il più possibile vicino alla ricerca della verità su un reato odioso come lo stupro. La prudenza e il rispetto delle norme processuali appaiono sempre più disattesi in nome di una visibiltà mediatica che soddisfa un bisogno di morbosa curiosità piuttosto che corretta informazione.
Indispensabile diventa l'esigenza di un'etica dell'informazione che sia effettivamente al servizio dei cittadini e non suddita dell'audience.


Da LaStampa.it
12/3/2009 (7:9) - RETROSCENA
"L'interrogatorio del biondino in tv,
è stato solo l'ultimo dei passi falsi"


Il video è stato trasmesso dalla trasmissione "Porta a Porta"

Critiche bipartisan sul video della polizia

Articolo di FRANCESCO GRIGNETTI

ROMA
Sembra un caso da manuale. Perfetto esempio per ragionare sull’infernale tema della giustizia spettacolarizzata. E’ giusto che la videoregistrazione dell’interrogatorio al biondino romeno, Alexandru Loyos, ripreso a sua insaputa mentre parla al magistrato in una stanza della questura di Roma, finisca sui siti Internet? E’ normale che sia trasmesso da Bruno Vespa in una ottima puntata di «Porta a Porta» e che si anticipi il processo stesso a Loyos, che ormai deve rispondere solo di una presunta calunnia ai danni del suo amico Karol? Si badi che il video sarà il cuore del futuro processo. Uno di quei documenti che dovrebbe essere a conoscenza delle parti, cioè il sostituto procuratore che conduce l’inchiesta e gli avvocati. Loro e soltanto loro, almeno in questa fase. Ma due giorni fa a divulgarlo ci ha pensato la polizia, punta sul vivo dall’accusa di avere picchiato i due fermati. E in un momento in cui, per di più, si studiano norme restrittive sulla pubblicazione di documenti processuali.

Evidente il senso della mossa. Dice agli italiani: guardatelo quanto è calmo, quanto è lucido, come risponde tranquillo a un magistrato, altro che botte. Epperò i legali dei due romeni ci sono rimasti male. Quel video, loro, non l’avevano nemmeno prelevato. Accortezza inutile. Da due giorni è già su tutti i monitor. «Sono assolutamente contrario - insorge il senatore Carlo Vizzini, Pdl, presidente della commissione Affari costituzionali - che si violino le norme su materie così delicate. Penso alla giustizia anglosassone, che non permette l’ingresso delle telecamere nelle aule di giustizia, tanto che i giornali tradizionalmente ricorrono ai disegnatori... Figurarsi atti d’indagine. Atti che assolutamente non devono circolare. Per me è un fatto di civiltà e di garanzie». «Quest’inchiesta - dice a sua volta Luca Palamara, presidente dell’associazione nazionale magistrati - insegna una sola cosa: quanto sia difficile la valutazione della prova. A noi sembra un monito arrivato al momento giusto. Ci dice di fare attenzione a squilibrare il rapporto tra polizia e magistratura... A prescindere dalla singola inchiesta, penso che la polizia stessa abbia tutto l’interesse ad avere al fianco la magistratura fin dal primo passaggio delle indagini». E dell’inquirente virtuale Vespa, l’inquirente vero Palamara che pensa? «Una volta di più, in televisione si svolge un processo in parallelo a quello reale».

Storce il naso anche un magistrato illustre prestato alla politica come Felice Casson, senatore Pd. «Quel video in tv secondo me è un fatto grave. Ma devo dire che a margine di quest’inchiesta si continuano a verificare comportamenti poco piacevoli da parte degli investigatori. Non c’è nessun rispetto per le persone. Già mi sembrava sbagliata la conferenza stampa dell’arresto: forte l’ispirazione politica, fortissima la necessità di sbattere il mostro in prima pagina. Non mi era piaciuta la sottolineatura che li avevano arrestati senza bisogno di intercettazioni telefoniche... E invece ne avessero fatte! Forse non si sarebbe giunti a questo punto». Magistrati e politici, si sa, litigano quasi su tutto. Destra e sinistra, poi, non vanno mai d’accordo. Questa volta, invece, sembrano tutti d’accordo che la polizia, nella foga di discolparsi, l’ha fatta grossa. E’ molto ferma la reazione di Enrico Costa, deputato di Forza Italia, avvocato. Sta conducendo per conto del suo partito la battaglia per ridimensionare l’uso delle intercettazioni e ridurre la cronaca giudiziaria. «Anche questo episodio, che non mi è piaciuto per nulla - dice - rientra nel grande tema della spettacolarizzazione della giustizia. Proprio ciò che intendiamo impedire perché si vanno immancabilmente a ledere i diritti delle persone indagate. Diciamola tutta: i processi in tv sono sommari. È per questo che gli atti devono restare nell’ambito delle aule di giustizia. Un conto è il diritto di cronaca, altro è l’estrapolazione da parte dei media. Sono sempre più convinto che i documenti processuali non devono uscire dalle aule».

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